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Memoria corta: bandiera ucraina alla Benedicta, nonostante che allora fra i nazisti ci fossero battaglioni di ucraini

Bosio (a.g.) – Nella zona monumentale di Capanne di Marcarolo, al confine con la provincia di Genova, è stato ricordato l’Eccidio della Benedicta dell’aprile 1944 quando, nella settimana di Pasqua, 150 partigiani, con base nella cascina omonima poi fatta saltare, furono catturati e uccisi dai nazisti o deportati nei campi di concentramento di Mauthausen e Gusen. Sono state esposte le bandiere dell’Italia e dell’Ucraina e quella con il simbolo della pace. Durante la celebrazione della messa e la distribuzione dell’ulivo nella Domenica delle Palme, don Stefano Tessaglia, ha fatto riferimento anche alla guerra in Ucraina: “I Caduti della Benedicta – ha detto – hanno sacrificato le loro vite per avere un mondo migliore. A distanza di anni, quando mai si sarebbe pensato di trovarsi a riflettere sul sangue che ancora sporca le guerre, il pensiero va inevitabilmente alle vittime militari e civili dell’Ucraina”.
Gli organizzatori hanno dimostrato che, o sono in spudorata malafede, o sono ignoranti, perché quella bandiera ucraina, è vero, c’entra eccome per l’eccidio del ’44, ma per il fatto che è stato perpetrato anche da un battaglione ucraino inquadrato nelle SS. agli ordini della 5ª Divisione Alpina della Wehrmacht.
A questo proposito citiamo un brano di B. Berruti del libro sulla resistenza pubblicato dall’Istituto per la storia della Resistenza e della Società Contemporanea in provincia di Alessandria “Carlo Gilardenghi” per conto della Regione Piemonte (pagina 29 – anno 2015), dove si legge: “In provincia di Torino subito dopo l’8 settembre le popolazioni locali nascosero i soldati alleati in fuga dai campi di internamento che si trovavano sul territorio, in particolare nel Canavese. Qui essi furono accolti e ospitati a lungo, ma nel tardo autunno del 1944 la presenza dei tedeschi della 5ª Divisione Alpina della Wehrmacht, con al seguito battaglioni speciali composti da soldati ucraini e mongoli particolarmente crudeli anche contro le popolazioni civili, e l’aumento costante della taglia per chi segnalava e favoriva la cattura di un prigioniero alleato resero necessario l’allontanamento degli inglesi da quelle zone. Inoltre, a seguito dello sbarco in Provenza dell’agosto del 1944, la Francia era ormai libera e una delle basi alleate era a Grenoble. Prese quindi corpo il piano finale dell’IS9 per evacuare i prigionieri di guerra presenti nella zona canavesana. In questo contesto Gino Viano “Bellandy”, comandante della 6ª Divisione GL, ordinò ad alcuni partigiani della sua formazione di accompagnare in Francia una trentina di ex prigionieri alleati che si trovavano nel Canavese. In cambio la formazione avrebbe ottenuto armi e vettovagliamenti dagli Alleati di stanza a Grenoble. Per svallare utilizzarono un percorso molto praticato durante la guerra e ben noto a contrabbandieri, commercianti, guide alpine. Ma le sfavorevoli condizioni climatiche fecero drammaticamente fallire l’impresa. Il 9 novembre 1944 il gruppo composto da 25 fuggitivi ed evasi britannici e 15 partigiani italiani, sferzato da tempo inclemente e bufera, si smarrì nella neve della Gorges de Malpasset. Sopravvissero solo 1 inglese e 2 italiani. Gli altri erano morti a pochi metri di distanza dal rifugio montano che stavano cercando di raggiungere. Questo fu l’ultimo tentativo degli agenti alleati di organizzare un’evacuazione di massa di ex prigionieri di guerra dal Piemonte”.
La commemorazione alla Benedicta è tornata quest’anno dopo due anni di stop per il Covid. “Ricominciare in presenza e in tanti è stato un bel modo, anche se con la morte nel cuore per il popolo ucraino che sta soffrendo. Ora e sempre resistenza”, ha detto Daniele Borioli, presidente Associazione Memoria della Benedicta.
Ricominciamo male Borioli, molto male.
Una ripassatina di storia no eh?

 

 

 

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