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Genova blue, green e smart per una logistica dei grandi gruppi gestita da Alessandria

Genova (Alberto Quarati de Il Secolo XIX) – Genova Sono stati sei anni di mandato densi quelli di Alessandro Pitto, leader della Spediporto, l’associazione degli spedizionieri genovesi, la più grande in Italia. Iniziati gestendo le ricadute del fallimento di Hanjin e terminati con la crisi della catena logistica mondiale. In mezzo, il crollo del Ponte Morandi, la pandemia.

Solo emergenze
“Tante emergenze, che però non ci hanno fatto trascurare le politiche che ci eravamo prefissati: crescita nei sistemi informatici portuali con la nostra società Hub Telematica, nuovi servizi per gli associati – in gran parte pmi -, assistenza delle aziende nella trasformazione del business”.

Esempi?
“Il ruolo della nostra controllata Hub Telematica nei processi di evoluzione di E-Port, che è il sistema informatico portuale, la riorganizzazione del Varco di San Benigno, il debutto sui social media, la progettazione del varco portuale remoto, la realizzazione del Consorzio Vgm per la pesatura delle merci, del Goas per sviluppare il cargo aereo e avio-camionato, del Pqs per la fumigazione dei container, dello SpediForm per la formazione. E poi l’impegno per affermare il ruolo della categoria nelle dinamiche del territorio”.

Sempre difficile per un’associazione di categoria
“Il titolo che abbiamo dato all’assemblea riassume tutto: Genova: blue, green, smart:

  • Blue, perché crediamo che a fronte degli investimenti miliardari sul nostro territorio – 2,2 miliardi sul solo porto – non bisogna guardare solo a uno sviluppo in ottica armatoriale. È giusto investire per potenziare le infrastrutture portuali, ma ricordiamoci che gli armatori hanno le eliche, e basta poco per far cambiare loro rotta. Il fallimento dei porti di transhipment è lì a ricordarcelo. Genova va rafforzata sotto il profilo logistico. Servono le infrastrutture: per questo chiederemo un’accelerazione del quadruplicamento oltre il Terzo valico, atteso troppo in là nel tempo rispetto alla realizzazione delle gallerie, e naturalmente la Gronda. Il ministro Giovannini ha detto che terminate le analisi di conformità del progetto alla normativa attuale, si partirà con la progettazione esecutiva da luglio. Ecco, spero che finisca il tempo in cui ci si nasconde dietro i formalismi, e si inizi l’opera”.
  • Green: non vogliamo la Valpolcevera come una zona di servitù portuale. Tutt’altro. L’idea è collocare in un’area circoscritta e organizzata attività logistiche ad alto valore aggiunto, sul modello di Barcellona, come confezionamento, assemblaggio, distribuzione, svuotamento, stoccaggio delle merci. A Barcellona quest’area occupa 35.000 persone. Vogliamo portare qui la logistica dei grandi gruppi: la loro presenza rende più facile il mantenimento a Genova nelle rotte delle grandi compagnie di navigazione. Se poi questa fosse Zona logistica semplificata, gestita in provincia di Alessandria, avremmo anche il vantaggio di un abbattimento delle formalità doganali. Se invece continuiamo come ora, con attività logistiche che spuntano un po’ qua e un po’ là, senza organizzazione, senza accessi alla ferrovia, lasciando – come è stato fatto in passato – i grandi spazi ai centri commerciali, allora non potremo mai sviluppare un’attività logistica sistemica. Vede, siamo in un periodo in cui tutto più è grande, più è bello. Invece credo che le piccole e medie imprese possano esprimere molto, e che non debba esserci per forza un solo grande soggetto sotto al quale non cresce niente. Per questo devono esserci gli spazi per organizzarsi, consorziarsi, creare sviluppo. A Barcellona la zona logistica era nata di 100.000 metri quadrati. Oggi sono 900.000”.
  • Smart: lo Sportello unico è stato istituito con la legge 350 del 2003. Cosa vuole, se nascerà, sarà più che maggiorenne… Per Genova, la nostra richiesta è quella di riportare qui la gestione del Port Community System, il sistema operativo del porto. Genova infatti fu, con Ravenna e Ancona, l’unico scalo che aderì al progetto di Piattaforma logistica nazionale, poi fallito e ora in attesa di rilancio. Un progetto che però è superato dai tempi, e che oggi implica un’ulteriore stratificazione di complessità per noi operatori. Ogni porto è diverso e deve avere il suo sistema operativo, gestito in loco. Meno costoso e più al passo coi tempi sarebbe invece far sì che tutti questi sistemi comunichino l’uno con l’altro, come succede nel resto del mondo”.

Chi sarà il nuovo presidente?
“C’è un doppio passaggio: domani si elegge il nuovo consiglio direttivo, di 15 membri. E poi il Consiglio, alla prima riunione, esprimerà il presidente”.

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