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Sulla guerra le Tv e i giornali ci raccontano un altro film, la verità è che il Rublo non è mai stato così forte e l’Euro così debole

Milano – La verità è che le sanzioni alla Russia non servono in quanto l’euro è sempre più debole mentre il rublo continua a rafforzarsi: +17% il cambio con il dollaro che è ai minimi. Questo è il vero film, altro che quello pieno di falsità che vuole Putin malato mentre a ben guardare ci sembra che non goda di ottima salute il traballante Biden; falsità come quella della Russia in difficoltà mentre è vero che gli uomini dello Zar vanno avanti come dei panzer e controllano il Mar Nero; falsità come quella del battaglione Azov che è sempre sul pezzo e tiene botta, mentre la verità è che il battagione si è sciolto come neve al sole e il presunto comandante Denis Prokopenko è nascosto come un topo insieme a circa 260 dei suoi “irriducibili” nei sotterranei dell’acciaieria Azovstal. Tutto ciò mentre non conosce freni la corsa del rublo. In questa prima fase del 2022 la divisa russa è stata la migliore tra le 31 valute principali monitorate da Bloomberg. Il tutto nonostante le sanzioni introdotte dai Paesi Nato nei confronti della Federazione Russa. A inizio anno occorrevano 75 rubli per acquistare un dollaro. Ma ora, a quasi tre mesi dall’invasione in Ucraina, ne bastano 62. L’apprezzamento è stato di poco superiore al 17%. E mentre l’esito delle sanzioni è ancora in divenire, c’è già una conseguenza precisa: nel breve periodo, la forza del rublo sul mercato valutario è stata notevole. Tutto il contrario dell’euro, che dopo lo scoppio del conflitto fra Mosca e Kiev è sceso ai minimi dal 2017 contro la moneta a stelle e strisce. A incidere sul rafforzamento della moneta russa, ci sono prima di tutto le reti di protezioni adottate dal Cremlino e dalla Banca di Russia guidata da Elvira Nabiullina. Vale a dire, il raddoppio dei tassi d’interesse a quota 20% (ora però sono ridiscesi al 14%), obbligo per le aziende esportatrici di convertire l’80% della valuta estera in rubli e introduzione di una serie di controlli sui capitali. A questo scenario s’è aggiunta la pressione per costringere le aziende europee a pagare il gas in rubli e non in valute come euro o dollari.

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