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Il flop dei referendum leghisti raffreddano la passione di Zaia per la “giustizia giusta”

Roma (Eleonora Martini) – “La parola chiave, l’hashtag è: repressione. Dobbiamo essere consapevoli che l’educazione è importante, le politiche sociali pure, ma una certa soglia non può essere superata. Punto”. La colpa – secondo il presidente della Regione Veneto Luca Zaia che così parla in un’intervista al Corriere della Sera a proposito dei “molestatori sul treno” per Milano e non solo – è delle “leggi che sono da cambiare”. Per esempio? Ci vorrebbe “una notte in carcere subito” per chi fa “roba del genere”. “Che poi diventa una settimana e via aggravando”.
Ora, il 54enne governatore leghista del Veneto sicuramente ha ancora abbastanza memoria per ricordare, non tanto di aver firmato il 4 luglio 2021 a Conegliano “i 6 referendum chiesti dalla Lega per una Giustizia equa ed efficiente”, come annunciò social et orbi a suon di fanfare; e neppure che appena tre mesi dopo proprio il Consiglio della sua Regione fu tra quei nove che presentarono la richiesta dei referendum in Cassazione per conto di Matteo Salvini.
Ma almeno qualcuno avrebbe dovuto avvisarlo che presto gli italiani sarebbero stati chiamati dal suo partito a votare, tra i cinque referendum ammessi, uno in particolare che chiede di abolire – avete letto bene – ogni misura cautelare, compresa la custodia, in caso il reo o supposto tale sia considerato a rischio di reiterazione del reato. Proposta che, in teoria, vorrebbe evitare il deplorevole fenomeno tutto italiano di un detenuto su tre in carcere senza condanna definitiva.
Ebbene, che la Lega non abbia mai creduto davvero ad una “giustizia giusta” lo sapevamo. Ma Zaia, se proprio non riesce a liberarsi dall’ansia propagandistica, almeno per un po’ provi a concentrarsi su quel poco che ha imparato a memoria riguardo al carcere come extrema ratio.

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