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Quasi il 90% dei medici alessandrini si rifiuta di praticare l’aborto

Alessandria (Max Corradi) – Quasi il 90% dei ginecologi alessandrini – ma il dato è abbastanza diffuso in tutt’Italia – è contro l’aborto e in pratica la legge 194 è fallita. Sono i numeri a pronunciare la sentenza. Per la precisione la percentuale dei ginecologi alessandrini che non praticano più l’aborto è dell’87,5%, a Casale e Novi siamo all’80%, in provincia di Novara supera il 90%. Una caporetto per gli abortisti e per le femministe oltranziste che non si danno pace. Sui social se ne leggono di tutti i colori, ma stanno spuntando molte donne che hanno cambiato idea e sono d’accordo sul fatto che l’interruzione della gravidanza sia comunque un trauma e un fatto molto grave dal punto di vista morale. “Ho abortito due volte – ci ha detto Maria (nome inventato per garantire la riservatezza) di Casale Monferrato – ma mi sono pentita e poi ho fatto due figli. Io e il mio compagno non siamo ricchi – ha spiegato ancora Maria – ma un figlio è un figlio e si fanno volentieri dei sacrifici per tirarlo su, è una cosa meravigliosa”. Il problema esiste ed è esploso all’improvviso dopo aver covato molto tempo sotto la cenere. Prima molte donne temevano di confessare il disagio che provavano per aver abortito, ma ora le cose sono cambiate e molte donne non hanno paura di denunciare ciò che per loro è sempre stato un crimine. C’è anche da dire che, nonostante l’aborto sia previsto dalla legge italiana, le donne continuano ad avere di fronte sostanziali difficoltà nell’ottenere l’accesso ai servizi medico-sanitari abortivi proprio a causa dell’alto numero di obiettori di coscienza negli ospedali. Questo comporta il rischio che le donne si affidino ancora alla pratica dell’aborto clandestino. Ciò non toglie tuttavia che l’obiezione di coscienza dei ginecologi è un diritto inalienabile anche perché i medici devono sempre ricordare il loro ruolo di servitori della vita e non della morte. Tuttavia ogni donna ha il diritto di decidere della propria esistenza, e di ciò deve assumersi la responsabilità tenendo conto che il diritto alla vita è un diritto fondamentale e primario rispetto al diritto di scelta della madre. Dal momento in cui l’ovulo è fecondato, si inaugura una vita che non è quella del padre o della madre, ma di un nuovo essere umano che si sviluppa per proprio conto e del quale nessuno può disporre liberamente anche se l’embrione va considerato vita umana nel momento in cui inizia a formarsi il sistema nervoso, intorno al terzo mese di gravidanza. Dunque, nei primi 3 mesi non si può parlare di persona umana. A questo proposito però la Chiesa Cattolica ha sempre sostenuto che la vita umana deve essere protetta fin dal momento del concepimento per cui l’aborto rappresenta una grave offesa dei diritti primari dell’uomo e del comandamento del “non uccidere”. Per questo sarebbe meglio che le scienze biologiche non vantino il diritto di esprimersi su questioni filosofiche e morali, come quella dell’aborto.

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