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Chiuse le indagini sullo scandalo Miur: una stangata milionaria targata PD e M5S per cui Giovanna Boda avrebbe confessato ma che paghiamo noi

Roma (Lorenzo Mancini) – Secondo le indagini siamo a un colossale “magna-magna” all’italiana. Giovanna Boda, l’ex Capo Dipartimento del Ministero della Pubblica Istruzione (Miur), nonché figlia dell’ex sindaca di Casale Monferrato Titti Palazzetti, sotto processo per una storia di tangenti, ha ammesso tutto: in cambio di appalti pilotati avrebbe ricevuto tangenti attraverso il noleggio della Mercedes, lo stipendio dell’autista, l’affitto in un appartamento di lusso nel centro della Capitale e altro per finire perfino alla fornitura gratuita di biscotti Krumiri. Ieri i Pm romani hanno chiuso le indagini con 15 persone incastrate grazie proprio alle rivelazioni della Boda che ha deciso di collaborare coi Pm ammettendo tutto. Siamo curiosi, noi che siamo “brutti, sporchi e cattivi”, di sapere cosa avranno da dire i vari Matteo Renzi ed Elena Boschi (nelle foto a destra), accorati sponsor della Boda, che avevano sbraitato contro la “gogna mediatica” contro la figlia dell’ex sindaca di Casale Monferrato (nella foto a sinistra). Dalle indagini emerge che sarebbero stati pagati circa 3 milioni di mazzette, mentre Giovanna Boda, è stata licenziata due volte con due diversi provvedimenti disciplinari, e accusata di corruzione dalla Procura di Roma. Ma, messa alle strette, dopo la sua guarigione dopo il tentativo di suicidio buttandosi dalla finestra al secondo piano, avrebbe ammesso alcune responsabilità. Addirittura, grazie alle sue parole, gli inquirenti avrebbero contestato due nuove accuse all’amico editore Federico Bianchi di Castelbianco per gli appalti al ministero delle Pari Opportunità, quando il dipartimento era guidato da Maria Elena Boschi e la Boda era il suo braccio destro. Una nuova ipotesi di reato sarebbe scaturita nei confronti dell’imprenditore Massimo Mancori sospettato di aver incassato illecitamente 164.500 euro per attività di comunicazione. Nell’inchiesta, in cui sono finiti 15 indagati, compaiono cinque nuovi nomi. Quattro di loro hanno chiesto di patteggiare, ma in Procura ci si aspetta di definire la richiesta di rinvio a giudizio per altre due o tre posizioni. Per la Boda, anche se gli inquirenti sarebbero propensi ad accettare un’istanza di patteggiamento, la strada dell’accordo è in salita, poiché dovrebbe prima restituire i soldi frutto di ipotetiche tangenti che avrebbe ottenuto in cambio dei 23 milioni di appalti concessi dal ministero a Bianchi di Castelbianco. Per mesi gli investigatori della Guardia di finanza e il pm Carlo Villani coordinato dall’aggiunto Paolo Ielo hanno lavorato sotto traccia svolgendo accertamenti certosini dentro al Miur come si fa per le verifiche fiscali. Alla fine i quattro probabili patteggiamenti e quelli che potrebbero seguire puntellano l’indagine e quasi la blindano. Tra i 5 nuovi indagati c’è Lucrezia Stellacci, ex direttore generale in pensione del ministero che, nella sua qualità di presidente nelle commissioni di valutazione dei progetti presentati dalle scuole per l’assegnazione di fondi, avrebbe ricevuto da Federico Bianchi di Castelbianco (nella foto a destra) stecche a vario titolo per un importo complessivo di 40.293 euro. Nello specifico, la Stellacci, oltre ad avere ricevuto bonifici per 2.500 euro sul conto personale sarebbe stata ospite in alberghi romani come il Trilussa Palace e il Ripa, in occasione dello svolgimento dell’attività da presidente nelle commissioni di valutazione dei progetti presentati dalle scuole per l’assegnazione di fondi. I pernottamenti sarebbero costati 27.323 euro. Cospicue anche le spese per i mezzi di trasporto usati per raggiungere la Capitale e assegnare i progetti oggetto di corruzione: ammonterebbero a 10.470 euro. Altra nuova indagata è Maria Beatrice Mirel Morano, componente delle commissioni di valutazione dei progetti che , però, avrebbe ricevuto da Bianchi solo 2.000 euro. Sotto inchiesta anche Edoardo Burdi, legale rappresentante di una delle società di Castelbianco, l’imprenditore Mancori e la moglie Rina Mariani. Avrebbero chiesto di patteggiare due collaboratrici della Boda, Valentina Franco e Sara Panatta, la funzionaria del ministero Evelina Roselli e la dipendente di Castelbianco Lucia Porcelli.
Stando all’ipotesi accusatoria la Boda, insieme alla Franco, all’autista Fabio Condoleo, ai collaboratori Panatta e Vincenzo Persi e poi a Nicola Cirillo e Mancori, per la Procura tutti consapevoli dell’accordo corruttivo, avrebbe ricevuto indebitamente somme di denaro per complessivi 3,2 milioni di euro da Bianchi di Castelbianco.
Nel suo verbale del 6 luglio la Boda ha svelato altri due episodi di corruzione entrambi risalenti al gennaio 2018, Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, Ministro Miur Valeria Fedeli (nella foto a sinistra) quando era capo dipartimento per le Pari opportunità presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. La dirigente aveva stipulato con l’Istituto di ortofonologia di Castelbianco un contratto per la realizzazione di una campagna informativa di prevenzione e di sensibilizzazione sul fenomeno del cyberbullismo per un ammontare di 39.000 euro e alla Com.e Srl aveva assegnato un appalto per materiali stampa e comunicazione, da 38.500 euro.
Se la posizione della Boda è migliorata grazie alla fattiva collaborazione con gli inquirenti, resta molto più delicata la situazione del principale indagato, l’editore Castelbianco, già finito in carcere e poi ai domiciliari.
Lo schema era semplice.
Da un lato Boda, secondo il sostituto procuratore Carlo Villani, favoriva in tutti i modi l’imprenditore Bianchi nell’assegnazione degli appalti, principalmente corsi nelle scuole. Dall’altro Bianchi ripagava il capo dipartimento con tangenti. Secondo la Guardia di Finanza, Boda e alcuni componenti del suo staff, hanno incassato tra denaro contante e omaggi vari una cifra che supera i 3 milioni di euro. Mentre Bianchi di Castelbianco ha visto le sue società (o comunque a lui riconducibili) come l’Istituto di Orfanologia, la Com.e – Comunicazione & Editoria, Edizioni scientifiche Ma.gi. e la fondazione Mite, vincere bandi per 23 milioni di euro nel triennio tra il 2018 e il 2021 (governi Gentiloni, Conte 1 e 2; nelle foto a lato).

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