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Domande e risposte alla crisi del prezzo del gas

Milano (Michelangelo Colombo) – Conversazione di Startmag con Guido Bortoni (nella foto), già capo Dipartimento Energia al Mise, ex presidente dell’Autorità per l’Energia, ora presidente di Cesi (Centro Elettrotecnico Sperimentale Italiano), su price cap al gas, mercato ttf e non solo.

Il Consiglio Ue per l’energia non ha trovato un accordo sul tetto al prezzo del gas. Ai no di Olanda e Danimarca si è accodata la Germania; dunque Italia e Francia sono state isolate. Lei pensa che il tetto sia fattibile, oltre che auspicabile?
Per diverso tempo la discussione in Europa si è snodata attorno al concetto di “tetto al prezzo del gas naturale”, senza chiarire sino in fondo cosa si intendesse con ciò. E si sa: quanto più un dibattito difetta delle regole minime di ingaggio – qual è ad esempio un lessico comune sui fondamentali – tanto più questo sfocia in una Babele di posizioni apparentemente consonanti oppure controverse o addirittura entrambe.
Nello specifico, al riparo di questa Babele, albergano gli interessi divergenti dei singoli Stati Membri (legittimi, si intenda!) che alimentano una ridda di ricette ciascuna delle quali è concepita per risolvere efficacemente, una volta per tutte e nel (sedicente) interesse di tutti la drammatica crisi del gas. Non solo. Le ricette portentose puntano anche a dissipare quella sorta di “tempesta perfetta” che ha aggiunto drammaticità elettrica alla già pesante crisi del gas.

A cosa si riferisce?
Mi riferisco alle cause di tensione che hanno origine sui mercati elettrici europei al di là del problema del gas quali, ad esempio, l’estrema siccità estiva che ha fiaccato la producibilità idroelettrica e ridotto di molto le capacità di raffreddamento delle centrali termoelettriche, la scarsa ventosità nei Paesi e nel Mare del Nord e, non ultimi, i larghi e perduranti fuori-servizi della flotta elettronucleare francese.

Ma che cosa si intende davvero dietro al concetto “tetto al prezzo del gas”?
Sono almeno quattro le diverse accezioni del concetto. Si parla di tetto al prezzo del gas:
1. per l’uso termoelettrico quale fonte marginale che fissa i prezzi (alti) nei mercati elettrici;
2. per tutti gli usi importato via gasdotto da specifici Paesi (es. dalla Russia);
3. per tutti gli usi posto alle transazioni nei singoli mercati nazionali del gas naturale;
4. per tutti gli usi posto alle transazioni in maniera uniforme in tutti i mercati europei.
L’ambiziosità delle accezioni è chiaramente in ordine crescente. Si dovesse risolvere con l’ultima (4), vale a dire con il tetto pan-europeo, in qualche maniera ne gioverebbero anche le precedenti. Purtroppo, però, con il crescere del grado di ambizione si apre anche la forbice della diversità degli interessi nazionali per molte ragioni. Ecco spiegata la difficoltà di raggiungere un accordo in seno al Consiglio energia secondo le linee di quella che è stata la proposta del Governo italiano ossia una proposta nell’ambito dell’accezione 4.

Crede che la Commissione europea abbia commesso degli errori?
La Commissione europea, a quel che si vede sinora, si è posta troppo presto in posizione di mediazione tra le varie posizioni degli Stati membri sul tetto del gas, senza però aver elaborato una propria proposta di sintesi che tenesse conto dei diversi interessi in gioco. A mio avviso si poteva essere più creativi.

Quali erano le proposte di tetto più facilmente realizzabili?
Sulla proposta dell’accezione 1) – la più ristretta – vi era e vi è accordo, tanto che il Consiglio energia ha dato mandato alla Commissione di delineare i dettagli di meccanismi in grado di estrarre nel mercato elettrico a pronti i margini economici eccedentari rispetto ad una “giusta” remunerazione definita per via amministrativa a carico delle fonti non-gas-termoelettriche (che vengono remunerate sulla scia degli alti prezzi fissate dalle gas-termoelettriche)..
A prescindere dal tipo di meccanismo ipotizzato dalla Commissione tra quelli possibili (es. mercato con el tope iberico, mercato con inframarginal revenue capture, prelievo parafiscale ex-post come quello disposto nell’ordinamento italiano dall’articolo 15-bis del DL Sostegni-ter), il relativo tetto al prezzo del gas nel mercato elettrico verrà probabilmente reso operativo entro l’inverno 2022 e potrà contribuire a calmierare un po’ i prezzi elettrici.

Quali saranno gli effetti?
Al di là delle diverse distorsioni di mercato introdotte dal meccanismo, l’effetto calmierante sarà comunque parziale e, per l’Italia, meno significativo quanto ad effetto sui prezzi rispetto a Francia e Germania a causa dell’elevata quota di termoelettrico a gas nel mix elettrico del nostro Paese (45% del totale) da cui non si potrà estrarre alcuna rendita marginale, del valore atteso più elevato di remunerazione delle nostre rinnovabili e dell’assenza di altre tecnologie  come il nucleare.

E il tetto al gas russo, invece?
L’accezione 2) porterebbe a configurare il tetto al prezzo del gas come un vero e proprio “dazio” sulle importazioni di gas via tubo dalla Russia e quindi – prima facie – appartenente alla famiglia delle sanzioni contro la Russia con tutte le implicazioni di governance del Consiglio europeo per poterle adottare (unanimità degli Stati membri).

Come potrebbe reagire la Russia?
Dovessimo anche superare lo scoglio di governance, andrebbe comunque valutata la reazione dell’operatore gas russo a fronte dell’apposizione di un dazio. Se ciò dovesse scatenare una reazione di totale interruzione delle forniture di gas russo (sebbene già ridotte del 40% oggi rispetto alla situazione pre-crisi), è evidente che occorrerebbe essere pronti a riproporzionare la domanda di gas europea per evitare shortage inattesi ed incontrollati di gas, visto che i volumi russi sono ancora indispensabili (pivotali si direbbe) per l’alimentazione del sistema gas UE, almeno durante il prossimo l’inverno.

Siamo pronti con un piano di razionamento, nel caso?
Non proprio, visto che l’UE ha chiesto di differire la questione ad ottobre ed il Consiglio energia ha invitato a sua volta la Commissione a studiare meccanismi per la riduzione della domanda gas ed elettrica a fronte di indennizzi alla domanda che remunerino questi servizi. Sul punto essenziale della preparazione intelligente al razionamento della domanda europea vorrei tornare.

Sulla proposta di un tetto alle transazioni nei mercati nazionali del gas, invece, cosa pensa?
Non occorre commentare la pericolosità delle proposte nell’accezione 3. Un sistema di tetti al prezzo del gas per singolo Stato membro produrrebbe gravi distorsioni per la ripartizione del gas tra essi, ingenerando problemi di competitività delle industrie nazionali e discriminazioni di costo e di onere delle bollette gas ed elettrica per i cittadini.

E sul tetto a livello europeo?
Come ho detto,  questa proposta è certamente la più ambiziosa e quella che darebbe soluzioni ai diversi problemi appena richiamati. Tuttavia, ogni proposta di tetto pan-europeo richiede che siano predisposti due ulteriori meccanismi da affiancare al tetto pan-europeo.

Quali?
Primo. Un sistema ben programmato di razionamento intelligente della domanda gas/elettrica per minimizzare o cancellare l’effetto “distruzione della domanda europea” in caso di shortage di gas.
Secondo: un meccanismo di acquisto di gas over-the-cap (cioè oltre-il-tetto), molto probabilmente da GNL, se il razionamento non dovesse essere sufficiente a riproporzionare la domanda nei riguardi dell’offerta già scarsa o insufficiente di gas.
Questi meccanismi sono evidentemente onerosi e potrebbero essere messi straordinariamente a carico della fiscalità generale dello Stato membro ovvero sul budget dell’UE. È chiaro che se fosse il singolo Stato a farsi carico dell’onere, verrebbero immediatamente al pettine le diverse capacità di finanziamento dei singoli Stati membri. All’Italia converrebbe di sicuro il caricamento su budget UE.

Quali sono gli aspetti critici?
Alcuni osservatori hanno correttamente fatto notare che non è irrilevante la sequenza di introduzione delle misure sopra delineate per l’accezione 4 sull’effetto calmierante sul gas europeo. In particolare, se si dovesse primariamente introdurre un programma di razionamento efficace a riproporzionare la domanda si potrebbe evitare l’apposizione di un tetto di prezzo e quindi gli acquisti over-the-cap (il cap non sarebbe più necessario).

Lei cosa ne pensa?
Nutro qualche dubbio che la situazione dinamica di scarsità dell’offerta anche in presenza di razionamento possa far crollare il prezzo gas a livelli accettabili, per cui probabilmente è opportuno che tutti i tre meccanismi debbano essere predisposti e concorrere alla soluzione.
Comunque la si veda, si ricava quanto sia essenziale lavorare sul programma di razionamento della domanda gas/elettrica in Europa mentre – sinora – quest’aspetto è stato purtroppo posto in secondo piano dalle Istituzioni.
Va detto, poi, che si stanno affrontando situazioni veramente inedite nell’energia per cui ricette pret-a-porter di interventi adatti in  tempi normali o pensate senza tener conto dell’intero quadro energetico globale non sono di alcun aiuto.
Non giova nemmeno che nella campagna elettorale in corso in Italia si trasmettano iper-semplificazioni delle situazioni energetiche (invece molto complesse anche per gli esperti energia) e vengano proposte soluzioni dall’effetto quasi miracoloso sulla crisi in atto. Purtroppo, la ricerca delle soluzioni non è così semplice e lineare. Magari lo fosse! Non ci staremmo crogiolando da oltre un anno nella crisi del caro-prezzi energia più grave che mai, ancor più che gli shock petroliferi degli anni ’70.

In questi incrementi dei prezzi del gas, che cos’è che incide di più? Le minori forniture di gas russo? L’offerta degli altri paesi? Il mercato Ttf olandese?
Procediamo con ordine lungo le diverse fasi di questa crisi dei caro-prezzi elettricità e gas che perdura, intensificandosi, da più di un anno e focalizziamoci sul mercato gas.
Ok procediamo con ordine.
All’inizio, nell’autunno scorso sino all’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina del 24 febbraio 2022, eravamo in uno stato di mercato “corto” quanto a matching domanda-offerta; parte dell’offerta gas era stata attratta da mercati in ripresa post-Covid in grado di pagare un prezzo più alto di quello europeo (Far-East); gli investimenti globali in nuovo gas erano al palo vuoi per la contrazione dell’economia da Covid vuoi per annunci ideologici che sarebbe presto finita la stagione del gas fossile.
Non possiamo certo dimenticare le dichiarazioni bizzarre di chi auspicava che la “riaccensione” del sistema energia post-Covid sarebbe avvenuta quasi tutta sul green, dimenticando del tutto le costanti di tempo decennali tipiche della transizione dei sistemi energetici.

Che cosa accadde, invece?
In tale fase, gli operatori della vendita cercando di riequilibrare i propri portafogli con forniture gas, contribuivano agli incrementi di prezzo. Non escludo ci siano state anche operazioni dei produttori dominanti (in primis quelli russi) per sostenere il prezzo tramite contrazioni commerciali dell’offerta gas.
È poi arrivata una seconda fase – dopo il 24 febbraio – in cui l’offerta russa ha cominciato ad essere usata anche come mezzo di reazione alla politica di sanzioni europee ed americane alla Russia medesima. Lo spettro di una possibile interruzione totale del gas russo ha fatto irruzione nel mercato, contribuendo non poco a far lievitare i prezzi del gas anche d’estate (dove tipicamente sono bassi), anche in forza del fatto che i Paesi europei hanno incrementato la domanda per il riempimento degli stoccaggi gas in vista dell’inverno ‘22-‘23.
Anche qui non dimentico le dichiarazioni del tutto inappropriate di coloro che si facevano profeti di sventura quanto a stop dei flussi russi già in maggio, con il risultato di far salire i prezzi a dismisura. Certamente, in uno scenario di paventata interruzione del gas russo, ci si rivolge ad altri mercati, ad esempio quelli che portano il gas in Europa attraverso GNL. Tipicamente il gas via GNL è sempre stato più costoso di quello via gasdotto.

Perché?
Il GNL risponde a logiche concorrenziali di breve termine su un mercato globale in quanto ha praticamente più alternative di vendita praticamente in tutti i porti mondiali purché vi sia un rigassificatore; il gasdotto, invece, risponde a logiche di lungo termine dove il prezzo del gas deve coprire gli investimenti pluriennali nei pozzi e nel tubo.
Inoltre, con il GNL la logistica si complica ed occorre tener conto del mercato dei noli a lunga percorrenza.
Vi è infine il dato infrastrutturale addizionale nella catena del valore GNL. Vi è sempre da costruire liquefattori nel sito di spedizione del GNL e rigassificatori nei porti di destinazione: investimenti che sono stati attivati negli ultimi anni e quindi sono in una fase di remunerazione acuta dei relativi investimenti.

Si può parlare di “effetto Ttf” sui prezzi, secondo lei?
Certamente il fenomeno TTF ha complicato l’equazione del caro-gas. Come avviene in (quasi) tutti i casi di economia di mercato, laddove vi siano piazze di scambi già in tensione di prezzo e in aumento di volatilità del medesimo si possono inserire meccanismi di speculazione sulle partite scambiate di breve-brevissimo termine. Ma qui occorrerebbe un lungo esame ad hoc per poter discernere l’effetto fisico da quello puramente finanziario. Al proposito, non mi sembra ci siano analisi così approfondite sul fenomeno e tali da trarre elementi conoscitivi oggettivi.

 

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