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L’Italia è il Paese dei cataclismi annunciati, in attesa della rituale contemplazione della catastrofe e dei puntuali rimborsi milionari

di Giusto Buroni – È successo di nuovo: un pezzo di territorio, “controllato speciale” dai più moderni strumenti manovrati dai più noti scienziati, perché nel (lontano) 2014 subì un grave “incidente” meteorologico, è stato nuovamente e più tragicamente devastato dallo stesso tipo di fenomeno e a causa di persistente incuria e assenza di prevenzione. I sindaci avevano ricevuto il giorno prima un all’erta giallo e perciò non erano particolarmente preoccupati, anche perché molti di essi non avevano “vissuto” l’evento precedente come Amministratori e responsabili di Comunità. Quindi tutto si è svolto come da troppo tempo ormai succede in gran parte del mondo “civilizzato” e “organizzato”: qualcuno nota l’approssimarsi di un’anomalia meteorologica; per senso civico, o per competenza se si occupa di Protezione Civile, informa “chi di dovere” che, dopo un controllo incrociato col Centro Meteorologico (Europeo), stabilisce il grado di allerta provincia per provincia e lo comunica (senza fretta) alla Protezione Civile e alle Autorità locali che si predispongono ad affrontare adeguatamente eventuali situazioni d’emergenza.

Il solito disastro annunciato e la passerella degli “scienziati”
Nel caso specifico dell’alluvione delle Marche della scorsa settimana la perturbazione arriva dalla Toscana muovendosi verso Nord-Est con una furia che provoca 11 morti, due dispersi, decine di feriti, danni materiali inimmaginabili per crollo di tetti, sfondamento di pareti e infissi, allagamento di appartamenti, ribaltamento e affondamento di decine di automezzi. E anche in questo caso si entra nella fase di “contemplazione” della catastrofe, con l’intervento dei Mezzi di Comunicazione, in cerca delle scene più raccapriccianti, e delle dichiarazioni più disperate e di denuncia, documentate con riprese audio-video da “telefonini”. E si interpellano i soliti scienziati (al CNR pare che siano tutti scienziati), naturalmente “esperti” (e sono gli stessi personaggi visti in tutte le “emergenze”, da quelle pandemiche alle belliche, per non parlare di quelle economiche, e a volte anche sportive), contesi dalle reti televisive nazionali e locali per informare il pubblico sugli aspetti “tecnici” e sulle conseguenze sociali dell’ennesimo disastro. Come già per il seracco della Marmolada, anche stavolta gli “esperti” unanimemente si affrettano a dire che “non era assolutamente prevedibile” (ma se era stato diffuso un all’erta giallo, la perturbazione sarà pure stata vista e valutata, soprattutto dal vicino Centro Meteorologico Europeo).

I cambiamenti climatici
Le interviste cominciano tutte con la constatazione dei “Cambiamenti Climatici” e la stigmatizzazione dello stile di vita delle popolazioni colpite e poi si passa alla “spiegazione” del fenomeno, che per l’esperto è “ovvia”, dato il lungo periodo di caldo torrido e di siccità che ha “caricato l’atmosfera di energia”, lasciando a temperature di 5° sopra la media i due mari coinvolti: Tirreno e Adriatico; tutte condizioni favorevoli alla creazione di “bombe d’acqua” che in poche ore scaricano la pioggia che non era caduta per 3-5 mesi; per colpa del “consumo del suolo” o “cementificazione” l’acqua della bomba non è mai assorbita dal terreno e si accumula in una grande ondata fino a sboccare nel mare dopo avere travolto uomini e cose al suo passaggio. A proposito dell’imprevedibilità e quindi dell’ “impossibilità” di trasformare l’allerta da Giallo a Rosso, l’ineffabile ballerino del CNR, Rossi Albertini (nella foto a lato con la ballerina Sara Di Vaira), in trasferta su Rete 4, non rinuncia alla sua metafora immancabilmente fuori luogo: “Se un uovo mi cade di mano, sono sicuro che sporcherà il pavimento esattamente davanti alle mie scarpe, ma qui siamo in presenza di un fenomeno caotico, non so se mi spiego, paragonabile al caso in cui si toglie il coperchio a un frullatore in funzione: il contenuto si spargerà incontrollabilmente da ogni parte” (ma non esclude che ci sia stata qualche “difficoltà di comunicazione” tra l’Aeronautica Militare e la Protezione Civile). Il suo degno collega del CNR Mario Tozzi (nella foto sotto), dopo avere mostrato sicurezza nelle spiegazioni e nell’addebito di colpe varie alla popolazione colpita e ai suoi “amministratori”, è andato invece in confusione sull’ “imprevedibilità”, confermandola senza giustificarla. Eppure era stato pronto a parlare di “temporali autorigeneranti” che più acqua lasciano cadere e maggiormente si gonfiano, con più potere distruttivo a fine corsa che all’inizio. Comica, se possibile, la battuta di un terzo esperto (un “meteorologo CNR”, responsabile per la Regione Toscana, che dichiara: “Catastrofi di questa portata sono attese nelle nostre regioni mediamente ogni 300 anni, ma con i Cambiamenti Climatici la frequenza è aumentata, tanto che se ci viene dato un allerta, seppure giallo, a soli 8 anni di distanza dall’ultimo fenomeno, dobbiamo assolutamente metterci al riparo”. Nessuno stranamente ha incolpato il (vicino) Centro Europeo di Meteorologia, se si eccettua una piccola allusione da parte dell’ “esperto” del Corriere della Sera Massimo Sideri, che per l’occasione, oltre a insistere a scrivere “metereologia”, non era ben sicuro se l’importante Ente si trovasse ancora a Reading (UK) o si fosse trasferito a Bologna, come si “mormora” da oltre due anni, dopo una “sudata” approvazione da Bruxelles.

I numeri non sono opinioni e Legambiente è sempre al… verde
I supercomputer del Centro, “alimentati” da Intelligenza Artificiale, se funzionassero sarebbero capaci di localizzare un temporale con la precisione di 6 km invece della precedente di 9 km con cui si lavora tuttora in Italia (non so se ho capito bene, ma non mi sembra un grande progresso, se il fronte della perturbazione è ben più di 10 km…). A questo proposito io ho fatto un semplice calcolo sul tempo impiegato dalla perturbazione a raggiungere Senigallia partendo da Arezzo (153 km), supponendo una velocità ragionevole di 4 nodi (poco più di 7 km/h) ci sarebbero state oltre venti ore di tempo perché l’ “esperto” toscano, vedendo avviarsi il temporale verso N-E, mettesse in guardia il collega marchigiano che, senza tenere conto dell’allerta gialla, avrebbe provveduto almeno a fare chiudere in casa o a “mettere al riparo” tutti gli abitanti a rischio, evitando quasi tutti i morti e la maggior parte dei feriti. Naturalmente le colpe gravi sono “a monte” di tutto ciò, perché, a parte la grave calamità del 2014, la località era già conosciuta come fortemente a rischio da una trentina d’anni e poteva considerarsi fortunata perché molti aiuti governativi erano stati versati alla Regione e, a quanto sembra, anche all’onnipresente (in queste sfortunate occasioni) Legambiente, che si era fatta carico di organizzare e avviare i primi interventi di bonifica, rafforzamenti e protezione. Peccato che, come spesso accade a Legambiente, gli stanziamenti siano finiti prestissimo e ai primi interventi non siano seguiti i secondi. Allo stesso scopo, e non so se alla stessa Azienda, erano stati stanziati fondi per un certo numero di “scolmatori”, dei quali uno è stato inaugurato, ma degli altri si è persa notizia: avessero chiesto informazioni ai Milanesi in attesa di scolmatori, da decenni approvati, non si sarebbero fatti inutili illusioni; peggio della TAV in Val di Susa, a Milano gli scolmatori vengono osteggiati (forse giustamente) anche dagli abitanti dei paesi non minacciati da Seveso e Olona, ma destinati a ospitare gli invasi per proteggere Milano.

Un’Italia perennemente in dissesto, il vero business di Stato
In conclusione: l’Italia, lo sanno anche i bambini, è il regno del dissesto idrogeologico, ma gli amministratori e gli abili “imprenditori” italiani sanno che dove c’è dissesto ci sono contributi finanziari pubblici e, se il dissesto dura, anche i contributi si allungano. Se poi il dissesto provoca anche distruzioni (e i morti sono considerati “punizione divina” per avere condotto una vita dissoluta contro l’ambiente) le sovvenzioni raddoppiano: importante è impedire che la catena si concluda; e fare in modo che la popolazione sia tenuta in perenne senso di colpa. Questa situazione ideale è assicurata dall’ “attivismo” degli ormai esperti “ambientalisti” di tutto il mondo.
Creare uno stato di necessità, denunciare tale stato come provocato dal cattivo comportamento del popolo stesso in modo che si senta colpevole e in debito verso la comunità, intervenire generosamente in suo aiuto con svariate iniziative purché inconcludenti per assicurarsi che il Governo sovvenzioni generosamente tali iniziative coi soldi dei contribuenti (non imprenditori). Il gioco è fatto (et voila les jeux sont faits, rien ne vas plus!), senza limitazioni e con rischi finanziari minimi. Ci sono quasi 8000 Comuni in Italia: una crisi o una catastrofe al mese, ciascuna coinvolgente una ventina di Comuni, per circa 33 anni assicurerà lauti incassi ai pochi “imprenditori di lusso” del nostro Paese; purché, indipendentemente da chi di loro piloterà i Governi (di qualunque colore) che si succederanno, sia mantenuta l’attuale struttura finanziaria, scientifica, sanitaria e sociale, abbassando eventualmente il livello di istruzione, che per queste cose non è mai sufficientemente basso.
È la strategia del “buon” medico: assicurarsi che il paziente sia costantemente “un po’” malato, in modo che abbia sempre più bisogno delle sue cure e sia sempre più nelle condizioni di ringraziarlo per la sua bravura; naturalmente se per tutto quel tempo il paziente è in grado di pagare la parcella.

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