Press "Enter" to skip to content

Altre armi all’Ucraina da parte dell’Italia

Roma (askanews) – Un sì larghissimo, che unisce maggioranza e gran parte dell’opposizione, ma nel dibattito parlamentare qualche distinguo c’è. Passa al Senato il decreto che proroga di un anno il mandato al Governo per la prosecuzione delle forniture militari all’Ucraina. L’esito del voto è di 125 sì, 28 no (M5S e AVS, con in più un paio di voti “per errore” dal Pd, che diffonde una nota per precisare che Valeria Valente e Andrea Giorgis hanno spinto il bottone sbagliato) e due astensioni, sempre dal Pd. Ma nelle dichiarazioni di voto che ribadiscono il sostegno armato a Kiev e alla linea della Nato e dell’Unione europea filtra sempre, quando si discute di questo tema, qualche sfumatura di differenza nell’analisi che i diversi gruppi fanno del conflitto, delle sue cause originarie e dei possibili sbocchi futuri. Scontato l’appassionato no del gruppo del M5S, che si spaccò al suo interno quando disse sì al’epoca del governo Draghi. Ettore Licheri ricorda che “all’Ucraina non mancano le armi” ma “gli aiuti umanitari, gli aiuti sanitari; mancano i mediatori; mancano i negoziatori; manca chi parli, per loro conto, di sovranità e di diritto internazionale”. No secco anche da Peppe De Cristofaro per Alleanza Verdi Sinistra, che ricorda che la “sostanziale parità” militare fra Russia e Ucraina “è stata garantita e il risultato non è quello di un passo in avanti verso la pace”. Nel solco del prevedibile anche la voce del principale partito di maggioranza, Fratelli d’Italia. Il sì del gruppo, per bocca di Raffaele Speranzon, motiva anche l’orientamento favorevole a un salto nella tipologia di forniture militari: “I missili russi – spiega – non vanno a colpire solo gli impianti militari e le caserme” quindi “il nostro obiettivo è quello di sostenere il popolo ucraino e farlo significa abbattere quei missili e metterlo in condizione di difendersi”. Tra i favorevoli dai banchi delle opposizioni Carlo Calenda, leader di Azione, che esprime forse la linea più radicale: “L’obiettivo – mette in chiaro – è la liberazione delle zone occupate dalla Russia”. Per il Pd parla Pier Ferdinando Casini, che richiama i valori condivisi dell’Occidente e attacca il M5S: “Forse sono in crisi d’identità, ma io sono per dire viva la pace, viva l’Ucraina, come il senatore Licheri. L’unica cosa che non riesco a capire con queste premesse è come abbia fatto il senatore Licheri a spiegarci che non voterà e non appoggerà il decreto-legge che contiene una continuità negli impegni del nostro Paese”. Nel campo delle citate sfumature, pur senza tentennamenti nel sì al provvedimento in discussione, si collocano le posizioni espresse da Forza Italia e Lega. Maurizio Gasparri ripercorre un po di storia delle regioni investite dal conflitto, cita l’ottocentesca guerra di Crimea alla quale partecipò il Regno di Piemonte (l’Italia non era ancora unita) e la cessione novecentesca della stessa Crimea all’Ucraina da parte del leader sovietico Krusciov nell’ambito dell’Urss. Rivendica sa nome degli azzurri il fatto che “i Governi guidati da Berlusconi seppero dialogare con Putin e con Bush, con Gheddafi e con l’Unione europea” e chiede “una capacità di protagonismo della comunità occidentale e dell’Italia all’interno di essa”.

Comments are closed.