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L’affondo dell’ambasciatore dell’Iran: “Altri Paesi non possono imporci la loro cultura”

Roma (Ansa) – “La repubblica dell’Iran rispetta i valori umani ma non accettiamo che altri paesi vogliano imporre la loro cultura.

La libertà è uno dei valori dell’Islam
Lo ha detto l’ambasciatore dell’Iran a Roma, Mohammad Reza Sabouri, nel suo primo incontro con la stampa italiana dopo avere presentato ieri le sue credenziali al presidente della Repubblica Sergio Mattarella. “In base alla legge iraniana la pena capitale è prevista per i reati più gravi. In relazione alle persone che sono state giustiziate hanno avuto un processo equo e con tutte le garanzie. In Iran sono ammesse le manifestazioni pacifiche ma non disordini violenti che sono accettabili” ha aggiunto l’ambasciatore.

La reprimenda di Mattarella
Il rispetto dell’Italia per ogni Paese estero e per le sue istituzioni trova “un limite invalicabile” quando vengono calpestati i diritti dell’uomo, per cui è giunta l’ora di porre “immediatamente fine alle violenze rivolte contro la popolazione”. Questo è il messaggio all’Iran che Sergio Mattarella trasmette a Teheran recapitandolo personalmente al nuovo ambasciatore iraniano in Italia Mohammad Reza Sabour. L’occasione per questa dura “reprimenda” del presidente della Repubblica è stata la salita al Quirinale del diplomatico per presentare le Lettere credenziali.

Un “primo contatto” senza sfumature nel quale ha espresso la propria “personale indignazione” per la repressione in atto e che si è svolto alla presenza del governo, rappresentato dal viceministro degli Affari Esteri Edmondo Cirielli. Niente di nuovo, nella sostanza. Questa è la linea dell’esecutivo ed è stata esplicitata già diverse volte ai più alti livelli. Colpisce però la franchezza delle parole presidenziali – rese pubbliche con una nota – e, soprattutto, la trasmissione diretta di sentimenti di indignazione nel primo incontro con il nuovo ambasciatore. il presidente Mattarella ha espresso infatti “la ferma condanna della Repubblica Italiana e la sua personale indignazione per la brutale repressione delle manifestazioni e per le condanne a morte e l’esecuzione di molti dimostranti”. Da qui l’esortazione a porre subito fine “alle violenze contro la popolazione”.

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