Press "Enter" to skip to content

I Grigi e patron Luca Di Masi: dieci e non più dieci?

Alessandria (Jimmy Barco) – Il 6 Febbraio di 10 anni fa Luca Di Masi ha acquistato l’Alessandria Calcio. Lui, rampollo della borghesia imprenditoriale torinese, compra un club di C2, l’Alessandria, società con tanta storia alle spalle, un presente contraddittorio e un futuro incerto. Otto mesi, tanto è durata la precedente e infausta gestione alessandrina di Capra, Pavignano, Camagna e comprimari, tutti alessandrini. Quella gestione aveva prodotto un bel buco a bilancio, due punti di penalizzazione e, come se non bastasse, la volontà espressa di mettere la società in liquidazione. Risultati sportivi meno che modesti.
Questo è il contesto nel quale Di Masi si calava, deciso però a rivoltare la società come un calzino. Quella parte di stagione che era ancora in corso doveva servire al nuovo patron per capire cosa fare e dove andare.
Primo atto: cambio del mister (Notaristefano, sponsorizzato dai tifosi, al posto di Cusatis).
In società arrivano Borio come direttore commerciale e Vaio, gente a posto ma digiuna delle problematiche d’una società di calcio professionistico.
Confermato il DS Menegatti che non ha né la personalità né una storia utile per far crescere la realtà alessandrina.
Di Masi è accolto con diffidenza (tipica caratteristica mandrogna): chi paventa che sia venuto qui per entrare nel mondo dello smaltimento rifiuti, altri pensano per interessi di natura immobiliare, altri ancora, a mezza voce, subodorano chissà quali interessi inconfessabili.
In realtà, quanto a discariche e costruzioni edili erano stati alcuni suoi predecessori a trarre certi benefici. Coloro invece che ignorano certe analisi sono i tifosi organizzati che sperano di avere voce in capitolo sulla gestione della società e sulla scelta degli addetti ai lavori.
La stagione successiva si chiude col cambio in panchina (finalmente) di Notaristefano con Luca D’Angelo e arriva il salto in Serie C.
Licenziato anche il DS (con annesso colpo letale per la sua ancora acerba carriera), arriva al suo posto il navigato Magalini e la squadra sfiora i playoff.
Via D’Angelo a fine stagione (non piaceva a un gruppetto di ultras) per far posto a Scienza, il fantasma, poi sostituito in fretta e furia da Angelo Gregucci.
Nella parte centrale di quella stagione arriva l’apice della gestione Di Masi coi Grigi che arrivano ai quarti di finale della Tim Cup e poi sono eliminati dal Milan.
Quella cavalcata ci ha portato nell’Olimpo del calcio italiano, complice una straordinaria partecipazione di una città intera agli eventi calcistici, porta una profonda spaccatura fra tifosi: da una parte gli ultras storici che non hanno la capacità di “gestire” l’esordio in Curva di nuovi appassionati, dall’altra i neofiti che si sentono tagliati fuori dalle vecchie consorterie e abbandonano la squadra. Frattura mai più rimarginata.
Nè la società, né i giornalisti né la città nel suo complesso hanno il coraggio di fare una scelta, cosa successa invece in altre piazze che avevano bruciato le tappe come stavamo per fare noi.
Anche la B, arrivata quasi per caso, dopo una serie favorevole di eventi agli spareggi di C, e grazie ad alcune felici intuizioni tattiche di Longo, riporta il sereno.
La luna di miele fra la tifoseria organizzata e Di Masi del primo periodo di presidenza riesce a ricomporsi e neppure dopo le tre stagioni da DS di Artico, idolo della curva, aiutano, anzi. Con la retrocessione in C comincia “la caccia all’uomo”, cioè la caccia a Di Masi.
La città si limita a guardare e la stampa sportiva si gira dall’altra parte nonostante i gesti, le frasi, gli insulti e le aggressioni verbali di una frangia di odiatori seriali anche nei nostri confronti.
Luca Di Masi, convinto di poter cedere la società senza problemi, nel maggio scorso dichiara la propria volontà di vendere, iscrive la squadra e mette in piedi all’ultimo momento una squadra formata da prestiti e giovani del settore giovanile.
Cosa ci ha regalato Di Masi in questi dieci anni?
Per noi, tanto per cominciare, una tranquillità nel domani che avevamo dimenticato.
Poi alcune stagioni divertenti con giocatori di ottimo livello a calcare il prato del Mocca e una Serie B che, se affrontata con più professionalità e più unità d’intenti, poteva diventare una dolce abitudine.
Gli errori e le contraddizioni sono esplose improvvisamente durante la stagione scorsa ma covavano sotto la cenere e chi avrebbe dovuto fare il pompiere in realtà era il piromane.
Diciamo che la politica di Luca Di Masi e dei suoi nei confronti degli appassionati non è stata coraggiosa e pragmatica. Pensare di conquistare una piazza coi risultati è difficile. Inoltre, chi dovesse arrivare alla testa della società, dovrebbe, non solo cambiare i dirigenti apicali come è ovvio che faccia, ma si troverebbe davanti a una serie di ristrutturazioni radicali (vedi settore giovanile e tutta la sezione scouting, mai decollata).
Dieci anni fa eravamo sull’orlo della liquidazione, oggi, se non succede il miracolo entro maggio, dobbiamo sperare in un’Eccellenza oppure in una Serie D e guarderemo i Tonetto o i Gaffeo come possibili soluzioni.
E allora potremo dire che “si stava meglio quando si stava peggio“.

Comments are closed.