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Nucleare italiano: affabili ignoranti nella stanza dei bottoni

di Giusto Buroni – Come prevedibile, dopo avere letto l’estemporaneo articolo di Gabanelli-Sideri sul “nucleare sicuro e pulito”, ecco apparire, sempre sul Corriere della Sera, il programma di politica energetica di Eni, varato con sorprendente ottimistica chiaroveggenza dal suo Ceo (finalmente “uscente”?) Claudio Descalzi: “Oggi possiamo delineare chiaramente come sarà Eni nel 2030: le nostre attività upstream non genereranno più emissioni nette; la nostra produzione di idrocarburi sarà composta principalmente da gas; la nostra capacità di biocarburanti supererà i 5 ml di tonnellate all’anno. E i nostri investimenti nella tecnologia più rivoluzionaria legata alla transizione energetica – la fusione a confinamento magnetico – saranno prossime a concretizzarsi nel primo impianto industriale… “, la solita incredibile e sfacciata caterva di affermazioni vergognosamente antiscientifiche, ma soprattutto irrealizzabili.

Ignoranza al vertice
Nonostante la plateale incompetenza in materia, Descalzi insiste nella sua maldestra promozione d’una tecnologia, la “Fusione Nucleare a confinamento magnetico”, che da tre quarti di secolo nel mondo è stata il pretesto, oltre che per fruttuose ricerche belliche per enormi investimenti di denaro pubblico, nella consapevolezza che le ricerche relative non potessero essere programmate nemmeno in modo approssimativo a causa delle difficoltà praticamente insormontabili della realizzazione anche di semplici modelli che portino alla verifica sperimentale delle principali previsioni teoriche.

Bombardamento mediatico
Come ormai tutti sanno a causa dell’incessante martellamento mediatico in Italia operato da Eni, la tecnologia della Fusione Nucleare come fonte di energia (elettrica, ma non solo) è basata sulla riproduzione in ambiente terrestre delle condizioni fisiche ambientali esistenti, pare, su tutte le Stelle dell’Universo, in cui in modo del tutto “naturale” elementi chimici molto leggeri (massa minima) si uniscono fra loro per formare elementi poco più pesanti, e con un residuo di massa che si trasforma spontaneamente in energia (termica, radioattiva) di altissima intensità e densità, e perciò utilizzabile anche da ogni Organismo Intelligente dell’Universo (in particolare in ciascun Sistema Planetario) per migliorare le proprie condizioni di “vita”.

L’Inferno
Date le enormi distanze esistenti fra i corpi celesti e in particolare tra una particolare stella e i pianeti e satelliti da essa approvvigionati di Energia (che ognuno ha finalmente imparato a identificare col Calore), è intuitivo che il punto di origine di tale energia si trovi a una temperatura (gradi di calore) di valore enorme, che va attenuandosi lungo il percorso che va dalla Stella ai suoi “protetti”. I calcoli teorici eseguiti per il Sole danno circa 5500° C in superficie fino a “circa” 13 milioni e mezzo °C verso il centro dell’enorme sfera (il cui raggio è circa 100 volte quello terrestre). In poche parole, il meglio della reazione nucleare di Fusione avviene al centro del Nucleo del Sole e quindi sono le condizioni del Nucleo del Sole che si devono riprodurre sulla Terra se si vuole che anche sulla Terra si abbia energia abbondante, durevole e utilizzabile come quella del Sole. Siamo all’Inferno.

Un’energia irrealizzabile
Insomma: una sorgente di energia sulla Terra che sfrutti lo stesso fenomeno fisico che avviene sul Sole dovrà resistere per anni e secoli a temperature superiori a 13,5 Milioni di ° C (laboratori americani annunciavano il raggiungimento nel 2022 di 1 miliardo di gradi (sic!) ma per la Fusione a Confinamento Inerziale, altra emerita bufala di questo secolo). Se si pensa che la massima temperatura di fusione di materiali conosciuti sulla Terra (naturali o “artificiali”) è di circa 4000° C, si può subito capire quale sia la sfida tecnologica (e non solo) da affrontare se si vogliono realizzare “macchine” funzionanti a 13 milioni di gradi e più. Fin dalla scoperta del fenomeno della Fusione Nucleare si pensò che l’unica soluzione al problema fosse di evitare che qualunque materiale coinvolto nella reazione potesse venire a contatto con altre parti dell’impianto.

La fusione del cervello
E dato che i materiali ad alta temperatura reagenti sono fortemente elettrizzati si pensò di sfruttare il fatto che a certe condizioni (non facilmente ottenibili) tali materiali possono “galleggiare” in opportuni intensissimi Campi Magnetici. Questa situazione in cui si riesce a costringere il materiale caldo (detto Plasma) e galleggiare in un “Contenitore Magnetico” si chiama appunto “Confinamento Magnetico (del Plasma)” ed è solo a questo punto, più o meno, che si trova la Tecnologia dopo oltre 70 anni di studi in tutto il mondo industrializzato, con ormai centinaia di “rivoli” che pretendono di avere migliorato di un millesimo la situazione dei precedenti; ma c’è qualche importante boccalone che crede che fra soli 7 anni, come promette Descalzi, si riesca a realizzare la prima vera e completa centrale elettrica basata sulla Fusione Nucleare, cioè del tutto sicura, affidabile e inesauribile (magari anche in condizioni di aggressione bellica come in Ucraina a Zaporizja). Non è fusione nucleare ma del cervello!

Le baggianate di Descalzi
E questa è in poche e spudoratamente semplificate parole quella che Descalzi nel suo piano chiama “la tecnologia più rivoluzionaria legata alla transizione energetica”: io mi vergogno anche soltanto a scriverle queste baggianate; che però, usate da Descalzi, valgono miliardi di Euro. Da notare l’ormai scontata e puerile omissione della parola “nucleare” dopo il termine “fusione” (l’ENI promette la “Fusione a Contenimento Magnetico”, una dicitura mai usata prima per questo genere di realizzazione) che dimostra come il Grande Manager abbia recepito che al “popolo” (e ai politici, soprattutto i principianti che oggi ci ritroviamo) la parola “nucleare” suona male, mentre “fusione” evoca ancora la “Fonderia” di cui tutti gli Italiani sentono la mancanza (in termini finanziari) dopo la dismissione di oltre metà delle attività siderurgiche dal 2008 ad oggi.

Chi paga?
Non è inutile purtroppo ricordare che in questo contesto la parola “fusione” non ha niente a che vedere con nessun tipo di “liquefazione”, nemmeno con quella del ghiaccio in acqua, perché in Fisica Nucleare il termine indica un “accostamento forzato” di due Nuclei Atomici per creare un nuovo Elemento Chimico con caratteristiche chimico-fisiche del tutto diverse da quelle dei due elementi che si uniscono. Nel caso specifico, in cui Eni investe tutto ciò di cui dispone per la Ricerca sul Nucleare, probabilmente derivanti dal Pnrr – comunque denaro pubblico – i due elementi da “incollare” (per formare Elio, il notissimo “gas nobile” che rende acute le voci di chi lo inspira) sono i due rarissimi isotopi dell’Idrogeno: Deuterio e Trizio.

Energia prodotta con materia prima rara (?)
Il primo si trova effettivamente nell’acqua comune (“anche di mare, che tutti hanno”, dice soddisfatto Descalzi) in quantità pari a circa 156 parti per milione di molecole di acqua; il secondo, debolmente radioattivo e con dimezzamento rapido (12 anni), si genera come prodotto delle reazioni nucleari di fissione ed è perciò disponibile solo in quantità infinitesime, anche mettendo insieme il prodotto di tutti i reattori a fissione attualmente funzionanti: si stima che esistano oggi nel mondo meno di 20 kg (sic!) di trizio, ed è evidente che non si possa concepire una futura produzione di energia elettrica mondiale basata su una “materia prima” così rara (specialmente se si pretende che a quel tempo non ci saranno più le centrali nucleari a fissione).

Negli anni sessanta in Italia sul nucleare eravamo all’avanguardia
Ci sono alternative al Trizio, ma la loro praticabilità è ancora oggetto di ricerca. Dunque: non solo Descalzi finanzia una tecnologia che pure in tre quarti di secolo di costosissime ricerche non ha dato ancora un “prototipo industriale” (che lui promette ora fra sette anni), ma sottrae alla tecnologia del Nucleare a Fissione, che invece da 75 anni progredisce in ogni parte del Mondo, fuorché in Italia, l’ultima possibilità di riaffermarsi da noi dopo i “fasti” degli anni ’60, quando eravamo terzi nel Mondo, e dopo i successivi ripetuti boicottaggi da parte dei potentati finanziari e politici. Contro questo scandaloso “progetto” mi sto battendo, praticamente da solo, e anche osteggiato, dal giugno 2022, quando Descalzi, dopo una visita al Mit di Boston, dove da 75 anni studiano invano la “Fusione Nucleare a Confinamento Magnetico”, se ne uscì trionfante con l’annuncio, veicolato fin troppo volentieri da Corriere della Sera e Repubblica, che grazie ad accordi con gli Americani “avrebbe liberato l’Italia e soprattutto i Paesi Poveri di tutto il mondo dalla schiavitù del gas russo”, perché Eni stava sviluppando una tecnologia “che usa come materia prima (sic!) l’acqua, anche di mare; non produce emissioni di CO2 ed è sicura, praticamente inesauribile e a costo trascurabile”.

Quando comandano i “ragionieri” siamo tutti dove dico io
Nessuno in Italia (dei Potenti, ma purtroppo nemmeno dei Sapienti) da allora ha reagito a queste farneticazioni (o piuttosto mistificazioni). Dispiace (diciamo pure “è vergognoso”), come nel caso della Pandemia (dove pure hanno dettato legge cani e porci, foraggiati dai finanzieri), che i Sapienti, di cui vantiamo continuamente la qualità e l’abbondanza, non abbiano reagito minimamente a questo ennesimo fenomeno di corruzione o di ricatto intellettuale (non si può spiegarlo altrimenti). In particolare i professori del Politecnico di Milano sono stati più volte da me, anziano “alumnus”, sollecitati ad intervenire, ma non mi hanno mai degnato di un commento, dimostrando che l’Italia intera è veramente schiava e succube di abili manipolatori delle finanze (e dei cervelli e delle vite degli incauti spensierati cittadini).
Si è forse ancora a tempo a fermare questa nuova mistificazione della scienza e l’ennesimo spreco di risorse e di denaro, ma purtroppo il CEO dell’ENI e i notabili del nuovo governo hanno fatto assieme un lungo viaggio nel regno del gas alternativo a quello russo e hanno certo avuto tempo per concordare le nomine dei posti-chiave in scadenza e le condizioni perché siano soddisfatti adeguatamente i desiderata di ciascuno dei partecipanti all'”affare”, e questo riduce di molto le probabilità di un ripensamento a favore dell’onestà politica e, diciamolo pure, ma senza nessuna speranza di essere considerati, anche scientifica.

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