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Se l’umanità va verso la catastrofe climatica è per colpa di pochi delinquenti e di molti cialtroni

di Giusto Buroni – In un talk-show RAI (Agorà) dedicato ai “cambiamenti climatici” il duo parascientifico Bassetti-Tozzi ha dato sfogo alle rispettive frustrazioni, chiamando “imbecille” indistintamente chiunque critichi o abbia osato, e ancora osi, esprimere dubbi sulle “verità assolute” che i due show-man dal 2020 ci ammanniscono dall’alto della loro popolarità e dei (presunti) titoli accademici. È l’ennesima dimostrazione di arroganza da parte di due “opinionisti” della peggior specie, che riportano come dei pappagalli informazioni scientifiche di seconda mano, selezionate e rilasciate da Enti, come Ipcc e Oms che obbediscono, ci si immagini con quale “libertà di pensiero scientifico”, ad autorità politiche internazionali (Onu), che in tutte le loro scelte e decisioni, anche quelle in apparenza più “socialmente nobili”, hanno come obiettivo prioritario un certo tipo di “equilibrio economico”, pendente possibilmente verso gli Stati Uniti d’America.
Non dimentichiamo l’energia pulita e a basso costo: nella foto a lato “I cinque di Via Panisperna”, scopritori dell’energia nucleare buona, che è per tutti a bassissimo costo, senza inquinare, basta saperla gestire, come l’autista deve saper guidare l’autobus – né più, né meno – che sono, da sinistra a destra: Oscar D’Agostino, Emilio Segrè, Edoardo Amaldi, Franco Rasetti ed Enrico Fermi. A loro va un grazie immenso anche se i nostri politici – che sono una massa di buoni a nulla ma disposti a tutto – hanno vietato l’uso delle centrali nucleari in Italia.

Incompetenti che si spacciano per scienziati
In questi giorni di caldo veramente notevole, aggravato da spettacolari incendi e da scontri dell’Anticiclone Africano con Correnti Artiche che hanno creato insolite “supercelle”, gli “esperti del Clima” si sono scatenati con la loro campagna allarmistica (che potrebbe già essere l’ultima di questa estate). Tutti i “talk show” se li contendono, perché irremovibili assertori di 4 dogmi:

  1. l’Ipcc (Intergovernmental Panel for Climate Change) è depositario della Verità Scientifica, perché ha accesso a tutti gli Studi Scientifici sul Clima” del Mondo, li studia, li valuta e li certifica;
  2. il 97% degli studi certificati dall’ipcc, benché basati su modelli matematici indipendenti, porta   a concludere che la temperatura media del Globo cresce continuamente e rapidamente in concomitanza con le “attività antropiche”, per comportamenti colpevoli dell’Umanità ai danni della Natura;
  3. l’”attività antropica” (Industria, Movimento, Riscaldamento, Agricoltura, Allevamento Intensivo… mai Guerra e Armamenti!) si manifesta con l’emissione in atmosfera di Anidride Carbonica: perciò, stabilizzando la CO2 il problema è risolto.
    4. Se invece nel 2050 l’aumento della Temperatura Media del Globo rispetto all’”Era Preindustriale” sarà più di 1,5°C sarà la fine per tutti gli esseri viventi.

Tutti i partecipanti ai “talk show” pronunciano con disinvoltura i termini che ho citato, dando a intendere di conoscerne il significato, avendolo cercato anche solo su un dizionario, se non su Wikipedia, e invece si scopre che la vaga conoscenza deriva, nel migliore dei casi, da un atto di fede nelle disposizioni date da un partito politico; in mancanza di ciò deriva da ingenua inconfessata “superstizione” (cioè da tradizione orale con arbitraria supposizione del significato; per molti anche la parola “antropico” deriva da “antro” ed evoca i Ciclopi). Ogni discussione sul Clima si accende e trascende allorché qualcuno mette in dubbio, non tanto il riscaldamento e il cambiamento, che i “media” oggi disponibili rendono evidenti a tutti, quanto “la colpevolezza” dell’Uomo Comune nei suoi comportamenti quotidiani, propri di tutti gli animali: lavarsi, procurarsi cibo e bevande, nutrirsi e metabolizzare, ripararsi dalle intemperie, ampliare le proprie conoscenze per vivere in sicurezza contro avversità (naturali?) di ogni tipo. Industria e Tecnologia secondo i sociologi-ambientalisti hanno risvegliato i più bassi istinti dell’Uomo, che, egoista e avido, li ha rivolti contro l’Ambiente stesso in cui cerca di vivere nel modo meno scomodo possibile. Il Talk Show si interrompe sempre prima che qualcuno riesca a dire che l’Uomo Comune può fare solo ciò che Finanzieri, Industriali e Tecnologi, che condizionano i Governanti, se non sono Governanti essi stessi, gli permettono, o addirittura gli ordinano, di fare, per esempio vendendogli automobili e elettrodomestici inutilizzabili dopo soli tre o quattro anni, e comunque creandogli bisogni o inventando obblighi che, anche costosi, devono essere soddisfatti per non incorrere in punizioni. Si arriva a togliergli l’acqua potabile per obbligarlo a consumare acqua in bottigliette di plastica, salvo poi demonizzare la plastica che sarà sostituita da nuovi generi di consumo, e così via. Ed è sempre più spesso così: l’Uomo comune riceve ordini e condizionamenti (e subisce aumenti di prezzi) con pretesti che oggi riguardano la protezione dell’ambiente, domani la lotta alla pandemia, posdomani l’adeguamento alle tecnologie, e intanto si abitua al padrone-che-pensa-a-tutto (pur omettendo i doveri principali, come la prevenzione, la previsione, la manutenzione), da perdere ogni spirito critico o, se gliene resta, da metterlo al servizio del Padrone in segno di eterna riconoscenza. Quindi, ammesso che certe attività degli Umani siano climalteranti, non ne sono certo responsabili i “comuni cittadini”, da tempo ormai schiavizzati e zittiti: se si vogliono dei colpevoli ci si rivolga, se si ha il coraggio e l’onestà, a Finanzieri, Industriali e Commercianti a capo delle grandi Imprese Internazionali, e si tolga la parola a tutti coloro che pretendono di insegnarci come si economizza l’acqua del bagno o come si usa la spia rossa del telecomando. Soprattutto si condannino alla gogna coloro che citano Madre Teresa di Calcutta (“Tante Gocce fanno un Oceano”, chissà quanti l’avranno detto prima e dopo di lei) per significare che i piccoli “sacrifici” di ciascuno, messi assieme, salveranno il mondo.

Per essere seri si devono usare Modelli Matematici e Dati Certi
Ma procediamo con ordine: i Modelli Matematici sono una o più formule matematiche che descrivono, con l’ausilio di dati “misurati” (ossia sperimentali) un fenomeno fisico nel suo evolversi nel tempo e nello spazio. Per usare Modelli Matematici occorre anzitutto essere dei Matematici e poi conoscere almeno qualitativamente nei dettagli il fenomeno che il modello descrive, in particolare tutti gli agenti che ne determinano l’evoluzione; basta sottovalutarne uno che tutta la previsione ne risulta falsata, per eccesso o per difetto: per esempio nel caso dei Modelli Climatici si dibatterà ancora per anni sull’influenza dell’attività solare e su quella di Niño e Niña, che non rispettano nemmeno la periodicità attribuita loro dalla Scienza. I Modelli Matematici sono dunque soprattutto Previsionali: li si “carica” con “dati certi” (misurati), relativi a periodi trascorsi, e si “estrapola” il valore del dato atteso a una data futura. I Modelli sono la base della previsione Meteorologica (giorni e settimane) e Climatica (decenni e secoli). Il loro uso comporta la consapevolezza che una scarsa attendibilità delle formule può generare allarmi ingiustificati e comportamenti aggressivi o autolesionisti; ciononostante non si sente mai dire che si siano fatti test preliminari di funzionamento (semplicissimi ed economici). Per esempio se si vuole sapere come sarà il clima tra 50 anni, si faccia la semplice verifica preliminare caricando il Modello con i dati di 50 anni fa come se nel 1973 si fosse voluto predire il clima del 2023: confrontando le predizioni coi dati effettivi (del 2023) si giudica se le differenze sono abbastanza piccole da autorizzare l’uso di quello stesso Modello per fare previsioni sul 2073; altrimenti, si scarti senza esitare il Modello difettoso, studiandone uno nuovo. Invece, si continua col vecchio modello a fare previsioni (annualmente!) senza dichiarare neanche il margine di errore, che potrebbe essere anche del 100%. A fini propagandistici qualunque previsione, purché sufficientemente catastrofica, è presa per buona dagli esperti, salvo poi, in presenza della vera catastrofe, come per il notissimo seracco della Marmolada nel 2022, dichiarare spudoratamente: “Era del tutto imprevedibile”. Con tali premesse e impostazioni, non c’è da meravigliarsi che il 97% delle conclusioni degli studi concordino, perché è normale che gli “scienziati sponsorizzati” di tutto il mondo per non fare brutta figura con gli sponsor (e coi colleghi; con la popolazione non ha importanza) si accordino per usare un Modello comune e lo alimentino con dati sperimentali che siano condivisi da tutti o quasi tutti, a costo di scartare quelli che potrebbero generare divergenze. Per un “privato”, ancorché specialista certificato, trovare e segnalare difetti nel Modello Preferito dagli scienziati dell’Onu è del tutto impossibile, perché si troverà sempre un Nobel come Parisi (premiato proprio per lo studio di fenomeni “caotici” come Clima o Pandemia) che, dietro compenso, sia disposto a giurare che il Modello non ha difetti, almeno “allo stato dell’arte”, come è avvenuto nel caso della pandemia di Covid19 (e Parisi si pronuncia a favore degli Ambientalisti di Stato anche sui problemi climatici, perché forse non sa che il “tema”, come si usa dire, non è l’emergenza “climatica”, ma “chi, con nomi e cognomi, ne è responsabile”).

Il Metodo Scientifico
Per dimostrare l’inattendibilità degli “Studi Climatici Ufficiali” bisogna quindi trovare difetti nella scelta dei dati che alimentano il modello, additandoli al pubblico anche il più sprovveduto. Fra i tanti (p.es. Pressione Atmosferica, Umidità, Correnti Oceaniche e Atmosferiche, Temperature al suolo, in mare, in aria) il dato che più si presta a cattive interpretazioni e a manipolazioni è quello di Temperatura Media, dal pubblico normale anche non plagiato, ritenuto insospettabile, perché in molti casi verificabile anche dal profano che si diletti a leggere le Previsioni Meteo sul cellulare. All’obiezione ottimistica che basta “definirla” una volta per tutte (e per tutti) per poterla utilizzare in ogni confronto spaziale e temporale, conferendo omogeneità ai risultati delle ricerche, si può e si deve ribattere che è proprio la mancanza di tale definizione (e la disattenzione su tale mancanza) il punto debole di tutta la teoria (catastrofista oppure no) del Cambiamento Climatico.
Ci si chieda anzitutto quale sia il valore di Temperatura Media di Riferimento “prima dell’inizio dell’Era Industriale”: in quale data e con quali criteri (e strumenti) è stata misurata? E poi: quali sono le località (al suolo in mare e in atmosfera) considerate rappresentative, dal punto di vista termico, delle innumerevoli morfologie distinguibili sulla Terra, in maniera tale da ricavarne una certa “media”, utilizzabile per esaminare l’evoluzione nel tempo delle caratteristiche termiche globali? Una volta individuate tali località, ci si è assicurati che il metodo e la strumentazione per la misura siano identici fra loro oggi e due secoli (e mezzo) fa?  Si scopre che nonostante la disponibilità attuale di supercomputer che potrebbero digerire miliardi di dati (di temperatura, località e tempo), andando a frugare in fondo alla Fossa delle Marianne fino alla Vetta dell’Everest senza trascurare le Calotte Polari e i grandi Deserti, si scopre che i dati effettivamente usati per le Ricerche Climatiche sono scarsissimi e misurati, a intervalli temporali lunghi, in località dall’accesso relativamente comodo, quindi certamente assai poco rappresentativi delle differenze morfologiche fra le poche “regioni” monitorate. Si parla in effetti di alcune decine di stazioni sulla terraferma e altrettante su boe (galleggianti) relativamente vicine alle coste. Una quantità ancora più piccola di palloni sonda misura la temperatura in pochissime zone dell’atmosfera (quando invece si potrebbe ottenerla del tutto gratuitamente da milioni di aerei che ogni giorno decollano e atterrano in ogni parte del mondo). Ebbene: grazie a queste poverissime informazioni, la Scienza ha la sfrontatezza di poter ricavare il valore della Temperatura Media Annua del Globo Terrestre, che unanimemente proclamano sia “circa” 15°C. Ma la sfrontatezza maggiore è quella dimostrata ogni anno, quando un’oscillazione di meno di un decimo di grado a cavallo dei ”circa” 15° degli anni precedenti autorizza la Scienza a fare previsioni (catastrofiche) non solo per l’anno, ma anche per il secolo a venire. Il fatto curioso (si sorride per non infuriarsi) è che, cercando su Google: “temperatura media terrestre”, alla voce “Le persone hanno chiesto anche:..”, si trova di tutto, tranne la domanda che ogni persona pensante si porrebbe per prima: “Come si definisce la Temperatura Media Annua della Terra?”, e, per seconda: “Con quali strumenti si misura?”. Niente. Alle “persone”, evidentemente ottuse sia a 15 che a 80 anni, basta una sentenza o un risultato, perché, dicono: “Quelli che l’hanno scritto (sul Web!) sapranno pure il fatto loro e a loro dobbiamo credere!”. È ormai il comodo pensiero dominante in tutti i popoli del Mondo che, grazie a quei “loro”, hanno raggiunto, pur nell’ignoranza, un livello accettabile (e innegabile) di benessere: un’ignavia intellettuale che la Scienza, foraggiata da ogni Regime e ossequiata, purtroppo, anche dalla Religione, ha saputo istillare nell’Umanità, terrorizzandola il 6/8/’45 con la strage provocata dalla Bomba Atomica.

La temperatura e la velocità con la quale varia
Il concetto più utilizzato di “media” è quello applicato alla “Velocità”: (quasi) tutti sanno calcolare la Velocità Media di una macchina, dividendo semplicemente la distanza percorsa per il tempo impiegato: si tratta di stare un po’ attenti alle unità di misura e allo strano modo che abbiamo di misurare il tempo: in “sessantesimi” anziché in “centesimi”, ma alla fine riusciamo a ottenere i km/ora o i m/sec che ci servono (anche la Velocità Istantanea non è altro che la media, calcolata per il più breve tempo possibile). Differenti sono le “medie” che si applicano alle temperature terrestri, oceaniche e atmosferiche, ma pare che per le ricerche sul clima gli scienziati le abbiano ridotte a poco più di Medie Aritmetiche molto semplici. Nonostante la completa indifferenza del pubblico, ma anche di quasi tutti gli “Scienziati”, è quindi necessario conoscere esattamente come si calcola una “Temperatura Media”, tenendo conto che in generale si definisce “Media” un “numero (reale) unico che rappresenta ai fini statistici una serie finita di valori che una certa grandezza fisica assume (nello spazio, nel tempo o in una serie di oggetti)”. È questa “serie finita di valori” che disturba gli scienziati pigri o indaffarati, che perciò tendono a ridurne al minimo il numero, possibilmente a due: la temperatura “massima” M (la più alta dei due) e quella “minima” m (la più bassa), magari senza curarsi troppo del tempo e del luogo in cui vengono misurate. Concedono al massimo di spiegare il trucco che la Media (“Aritmetica” in questo caso) si ottiene sia calcolando la metà della differenza tra M e m, e aggiungendola a m: ([M-m]:2 + m), sia, più semplicemente, sommando M a m e dividendo per 2: ([M+m]:2). Un calcolo certamente alla portata anche di un perito agrario divenuto meteorologo, climatologo e perfino glaciologo, che da 30 anni imperversa in TV con le sue previsioni catastrofiche. Secondo me è un grosso spreco di informazione leggere i due valori per ridurli subito a uno facendone la media (aritmetica). Infatti se p.es. in un giorno la temperatura massima è 27° durante 16 ore e la minima 17° durante 8 ore, la media 22° non può valere, in una Ricerca Scientifica sul Riscaldamento, tanto quanto quella di una giornata in cui le stesse temperature si siano misurate per 8 e 16 ore rispettivamente; se si possono misurare anche le durate, è conveniente tenerne conto. Facendo “pesare” anche il tempo durante il quale si registrano le varie temperature di un luogo (è l’operazione detta “Media Pesata”, appunto, che non sto a descrivere) si otterrebbero i più realistici 20,33° e 23,66°. con un divario sensibile (1,66°) rispetto ai 22° usati nella ricerca, divario che aumenta a mano a mano che la latitudine del sito della misura si sposta verso il Polo (e perciò cambia la durata dell’”insolazione”).
Si può obiettare che nel corso di un anno, in cui si attraversano in modo “ciclico” le 4 stagioni, questi divari si dovrebbero compensare; ma ciò è vero se si tiene conto solo della diversa durata tra giorno e notte dovuta alla latitudine, mentre i fattori in gioco sono ben più numerosi e meno prevedibili (e i picchi di calore durano relativamente meno di quelli di freddo). Quindi sarebbe meglio lavorare separatamente sull’insieme delle temperature minime (giornaliere) e su quello delle massime, eseguendo la media finale solo sulle temperature medie aritmetiche annue (le quali, per un dato sito, si ottengono sommando le 365 medie giornaliere e dividendo il totale per 365).
Comunque le temperature minima e massima erano alla base della ricerca meteorologica anche 200 anni fa e quindi si potrebbero rivedere i calcoli attuali e confrontarli con maggiore onestà con quelli più antichi; ciò sarebbe possibile se fosse assicurata l’omogeneità dei dati, cioè se oggi come due secoli fa si misurassero negli stessi siti, nello stesso modo e con strumenti almeno equivalenti i dati di temperatura. Chiunque può verificare, recandosi nella stazione meteorologica più vicina a casa, che l’omogeneità dei dati è caratteristica rarissima. Gli strumenti (tipicamente barometro, termometro, igrometro, anemometro, pluviometro) sono alloggiati in un armadietto “isolato”, variamente esposto alla luce (del sole) e alle intemperie e per un dato sito è rarissimo che l’armadietto, nonostante possa essere nella medesima posizione di 200 anni fa, possieda la medesima esposizione (p.es. luce a vento potrebbero essere schermati da un albero o un palazzo che prima non esistevano). La strumentazione interna poi è aggiornata costantemente al passo con la tecnologia e a distanza di pochi anni gli strumenti, per quanto tarati, sono difficilmente confrontabili fra loro. Ho verificato che anche in anni recenti sono state sviluppate tesi di laurea proprio sull’equipaggiamento e il posizionamento della strumentazione di importanti osservatori meteorologici: si spera che il laureando abbia preso in considerazione anche il requisito di compatibilità dei dati attuali con quelli più antichi e delle eventuali correzioni da apportare. Per quanto riguarda il valore delle temperature massime e minime ho trovato che in alcuni siti, almeno fino a qualche anno fa, si accettava perfino che fossero quelle lette convenzionalmente in due momenti fissi della giornata (p,es. le due di notte e del pomeriggio), con risultati del tutto inaffidabili, persino col valore della massima più basso di quello della minima: proprio in questi giorni, a causa di temporali pomeridiani intensi ma brevi, capita che la temperatura massima sia raggiunta dopo le sei di sera, e immagino che siano questi i casi in cui, cercando i valori di temperatura sul giornale, si trovi per una data città la sigla n.p.: non pervenuta. La lista delle “anomalie” sarebbe lunghissima e il buon senso suggerirebbe di scartare i valori chiaramente, e solo occasionalmente, anomali, ma ciò è ragionevole quando l’abbondanza dei dati permetta qualche volta di fare a meno di alcuni; se invece i siti con dati meteorologici usati nelle ricerche sui mutamenti climatici sono ridicolmente pochi, una statistica così povera non ha nessun valore scientifico.

Per certi signori il Clima è responsabile di ogni disastro
Le poche ma pesanti critiche fatte (ai modelli e ai dati) intendono dimostrare che la Scienza Ufficiale o la Comunità Scientifica Internazionale (praticamente l’Ipcc dell’Onu) in realtà non ha mai realizzato niente per definire come contrastare un supposto cambiamento climatico provocato da attività antropiche, ma si è limitata ad additare un colpevole, il Sapiens di Mario Tozzi, di una calamità che non è neanche in grado di descrivere, tanto che lo fa a mano a mano che si manifesta. Ricordiamo che si è partiti dalla scarsità di petrolio per poi passare al Buco nell’Ozono e solo allora al riscaldamento globale per effetto serra e poi allo scioglimento dei ghiacciai e delle calotte polari, e infine alla siccità, alla tropicalizzazione delle regioni temperate, agli “eventi estremi” con cadute di alberi ad alto fusto e scoperchiamento di tetti (e grandine di 20 cm). Il tutto è stato attribuito, con grande mancanza di rispetto, crudeltà e cinismo, a vaghe colpe del Sapiens, anzi: praticamente ad ogni cosa faccia, compreso il respirare e il mangiare.
Tacciare di  “negazionismo” chi muove queste (e altre più sofisticate) critiche significa essere vilmente prevenuti e in malafede, mentre riconoscerle corrette e doverose significa capire che, esista o no un problema di riscaldamento globale, per di più di origine antropica, il problema scientifico è stato messo in mano a degli incapaci (quindi mistificatori, anche se agenti in un ambito “internazionale”) che non dispongono di mezzi scientifici adeguati o, se ne dispongono, non sanno utilizzarli, per pura insipienza, visto che, per loro stessa ingenua ammissione, non sanno prevedere nemmeno con poche ore di anticipo (che spesso basterebbero a salvare le vite) gli “eventi estremi”, come il crollo del seracco della Marmolada e le alluvioni con frana nell’Emilia (ripetute volte), nelle Marche, e ora in Veneto, Lombardia, Friuli. E per mezzo di questi “scienziati”, per la maggior parte dipendenti di Enti Pubblici, i Padroni del Mondo, o semplicemente “gli Asini Montati in Scagno”, ci vogliono convincere ad accettare predizioni a distanza di 30, 50 anni o un secolo! E dagli stessi “scienziati” non arriva neanche un suggerimento valido per la “prevenzione” e per la rapida riparazione dei danni (se il suggerimento c’è, ma noi non lo abbiamo sentito, è stato evidentemente filtrato e affossato da “autorità finanziarie”, come succede ad ogni iniziativa costosa che non sia coperta da “sovvenzioni pubbliche di emergenza”).

Invece di risolvere i problemi certi “scienziati” bacchettano gli altri dimenticando le guerre
L’atteggiamento prevalente degli scienziati è quello di fare “osservazioni e misure” da riferire eventualmente all’Ipcc, il che significa in pratica “stare a guardare” (è successo per ben tre anni anche durante la pandemia, e ogni volta gli sciacalli “si facevano belli” con l’eroismo dei medici e degli infermieri che “morivano sul campo”, soprattutto per causa loro); e a chi li esorta a fare qualcosa di concreto (e non generico o indefinito, come si dedurrebbe dalle rumorose richieste dei Gretini) rispondono: “Caro Sapiens, tutto questo è opera tua, nonostante i nostri appelli fin dalla crisi petrolifera del 1973. Adesso sei punito giustamente per i danni che hai fatto contro la Natura (in pratica bruci in pochi secondi un “bene”, il petrolio, che ha richiesto millenni per esserti consegnato così nero e puzzolente). Ti aiuteremo soltanto a pentirti in tempo, prima di andare all’inferno: per penitenza compra subito (da qualche Cinese, ma anche un Norvegese va bene, la pensa come noi sul “business” dell’Ambiente) un kit di pannelli solari vasti quanto le superfici disponibili di tua proprietà, completi di “inverter” e di “accumulo”. Lo ammortizzerai in 10-20 anni, se prima non ti arriva una “grandinata estrema”, ma se ciò accadrà te lo sarai meritato ugualmente, e non venirci a raccontare che non ti abbiamo avvertito!”.
Insomma: la ricerca di un “colpevole umano” per il progressivo riscaldamento anomalo (presunto contro Natura) della Terra intera impedisce da mezzo secolo lo smascheramento dei veri responsabili del dissesto locale di suolo, mare, monti, laghi, aria; che sono le grandi Imprese Industriali e soprattutto le guerre, che io evoco ogni due o tre pagine, mentre gli ambientalisti le omettono sempre, tanto che a me riesce impossibile trovare, su Internet, l’entità del contributo delle varie guerre (e dell’”indotto” ad esse collegato) alla concentrazione dell’anidride carbonica in atmosfera. Dall’inizio dell’Era Industriale si sono combattute nel XX secolo ben due guerre, non a caso chiamate “mondiali”, che hanno dato impulso “anomalo” e all’insegna del massimo spreco energetico, alle nascenti industrie dei trasporti di terra e aria, delle telecomunicazioni e dell’esplorazione spaziale (che è un pretesto per lo spionaggio capillare) e portato a sviluppi inaspettati la vecchia industria navale. Tutte le comodità di cui godiamo oggi (e che non c’erano in Era Preindustriale, nonostante viaggi e esplorazioni siano nati con l’Uomo) le “dobbiamo” alle due folli guerre mondiali del XX secolo, ma l’affinamento di tutte le tecnologie energivore e quindi “inquinanti” (qualunque sia la definizione di inquinamento) viene dalla miriade di guerre “locali” che ne seguirono e di cui non si è mai avuta piena notizia finché una non ci ha toccato da vicino (quella della Bosnia, al confronto, è passata inosservata): il conflitto Russia-Ucraina, che in pochi mesi ha coinvolto profondamente tutto l’Occidente, con la fornitura (e quindi fabbricazione intensiva) di Armi e Munizioni a entrambi i contendenti. Tutti gli Stati americani ed europei, Gran Bretagna compresa, col pretesto della solidarietà con l’Ucraina che molti ignoravano persino che esistesse, sono stati costretti a destinare un’ingente quota del PIL alle spese belliche, che non consistono in preghiere di pace presso i santuari, ma nella costruzione di nuovi potentissimi mezzi da combattimento da parte dell’Industria Pesante, che da settant’anni si dedicava (almeno ufficialmente, dato che armi e munizioni se ne sono sempre costruite in abbondanza, almeno dall’inizio del XX secolo) alla costruzione di ponti, strade e grattacieli e macchine agricole.

Cataclismi naturali e la “Legge Bonelli”
Ma insomma, se l’eruzione di un vulcano del Pacifico (Tambora, 1815), durata circa 3 mesi, ha provocato stravolgimenti ambientali globali fino a tutto l’anno successivo con carestie, migrazioni, guerre, colera, perché si rifiuta di ipotizzare (e almeno verificare con cura) che tutti i più grossi guai odierni siano cominciati da lì, siano poi stati ravvivati dalle guerre mondiali e locali e dal contributo di altre eruzioni minori (e perché no dal meteorite della Tunguska, 1908, pari a 1000 bombe di Hiroshima?). Micidiali eruzioni si sono verificate nel 1883 (Krakatoa), 1902 (Pelèe), 1991 (Pinatubo): impossibile non tenerne conto in un’analisi onesta di evoluzione del clima, perché il Tambora, per esempio, non si sarà limitato a influenzare il clima nel 1816, ma i suoi effetti saranno decresciuti lentamente, e nemmeno azzerati, negli anni successivi (così come è cretino decretare che la pandemia sia finita di colpo con l’inizio del governo Meloni, quando in Italia si contavano ancora decine di morti al giorno, del resto inspiegabili e tuttora inspiegate dalla Scienza, nonostante il successo delle campagne vaccinali).
Ma allora si arriva alla conclusione che non c’è riscaldamento globale, o, se c’è, non è di natura antropica? Col rischio di cadere sotto la futura legge Bonelli (un altro bel fenomeno) sul “reato di negazionismo”? Da quello che finora ci ha detto la Scienza (con scarsissima precisione), il riscaldamento si manifesta in moltissime località del mondo che, pur messe insieme, non possono rappresentare la “globalità”: le terre emerse come tutti sanno sono circa il 29% della superficie e, come abbiamo visto, sono anche scarsamente monitorate. Il Genere Umano in alcune decine di millenni si è dovuto adattare al suolo in cui si trovava (modificandolo opportunamente) oppure ha cercato altre regioni in cui potesse trovarsi meglio: questo è un comportamento del tutto “naturale” che va d’accordo con l’istinto di sopravvivenza di qualunque animale. Ma questa è l’”attività antropica” che gli si rimprovera, considerandolo oggi un “agente” al di fuori della Natura e alla lunga un suo nemico giurato e non una parte integrante. Contrastarlo, è come impedire alle api di costruirsi l’alveare o ai castori di disturbare il corso dell’acqua con le dighe. La Scienza dovrebbe prendere atto di questa situazione e riconoscere che il proprio compito non si può limitare, come accade fino ad oggi, a “calcolare” e profetizzare l’arrivo di cambiamenti epocali, per avere la soddisfazione di dire: “Ve lo avevamo detto! E quindi le conseguenze infauste ve le meritate!”, ma quei Governanti che abusano dell’autorità della Scienza come strumento di governo dovrebbero costringerla anzitutto a studiare le conseguenze delle Calamità sul benessere del Genere Umano, per prevenirle o per ripararne gli effetti dannosi. Dovrebbe poi continuare a studiare le cause delle calamità, ma considerando l’Uomo come parte della Natura e quindi parte lesa invece che colpevole. Da questo nuovo punto di vista la Scienza scoprirebbe che sono solo alcuni uomini (se fossero uno su 10000, sarebbero circa 6000 in Italia, 700000 in totale) che non si comportano in modo degno dell’Umanità a cui appartengono, ma altrettanto sicuramente non parlerebbe a nessuno della scoperta perché perderebbe protettori e sponsor che appartengono tutti a questa (potentissima) minoranza. D’altro canto, finché esisteranno tali profittatori si può star sicuri che l’Umanità sarà sempre tenuta sull’orlo del baratro, ma non vi verrà gettata tutta quanta: solo quella parte che non si “adegua”, e una quota di “deboli” per far quadrare i conti nelle casse dell’Inps.

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