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La cultura non costa molto, è solo una questione di scelte

Alessandria – Da Alessandria Oggi: “Il sindaco Abonante vuole il teatro restaurato in tre anni”. In una città in cui l’evasione tributaria di chi può pagare è alta; alta come il caro prezzi di una delle città d’Italia più care, mentre molto basso è il livello della raccolta differenziata, ci vuole cultura. La cultura però costa cara e quasi mai numericamente il gioco vale la candela (basta ricordare il numero di abbonamenti alle ultime stagioni teatrali prima della tragicommedia dell’amianto). Fare cultura non significa sostenere una classe dirigente elitaria che sfoggia il proprio guardaroba a teatro grazie alle tasse dei contribuenti alessandrini. Poche città, nel nostro Paese, oggi possono permettersi questo lusso. Men che meno Alessandria dove cimiteri, verde e decoro pubblico, sicurezza urbana e ambiente non sono al loro meglio. Ah! Dimenticavo, anche su tutti questi temi si cercherà di fare il massimo, ma senza scelte politiche sulle priorità (e sui no da dire) si continuerà a fare nozze coi fichi secchi e si sa che la strada per l’inferno è lastricata di buone intenzioni. Anche se pochi alessandrini contemporanei lo ricordano, sembra che di generazione in generazione il beato Guglielmo Zucchi, sacerdote del XIV secolo, noto per la sua miracolosa sacca senza fondo con cui continuava a distribuire ai poveri quanto aveva, abbia lasciato traccia nel DNA dei nostri amministratori di oggi, incuranti delle ristrettezze dei loro bilanci. Da ragazzo, chi come me era appassionato alla lettura, compiva sacrifici per procurarsi libri di filosofia, di storia e di teologia che costavano una fucilata, mentre oggi con pochi spiccioli su internet si possono trovare milioni di testi originali a poco prezzo e con poca fatica. Eppure il livello culturale non sono certo sia aumentato, anzi temo il contrario, perché la cultura s’inizia a fare con le città pulite, i cimiteri in ordine, il decoro urbano sempre curato e senza ubriachi e piccoli briganti post vespertini nei parchi e nelle vie urbane. Poi si può passare (sempre nell’ottica di fare cultura) alla cura e difesa delle famiglie alessandrine povere, dei disadattati e di coloro che sono ormai diventati casi psichiatrici perché senza famiglia e senza lavoro. Soltanto dopo tutto questo, possiamo pensare (in un’ottica post comunista) di formare una élite politicamente corretta, indottrinata a quelle rappresentazioni teatrali che istigano al suicidio collettivo e ispirano un futuro distopico (come gran parte dei film di moda oggi). Più semplicemente: per sostenere la gestione di un nuovo baraccone mangiasoldi (destinato tra trent’anni ad essere archeologia del pensiero debole di Gianteresio Vattimo) consiglio di recarsi il 7 febbraio di ogni anno in Duomo e pregare il Beato Zucchi che ritorni tra noi con la sua sacca senza fondo; sempre, però, si riesca a convincerlo che i nostri amministratori locali siano da considerarsi poveri.

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