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Riorganizzare l’assistenza socio sanitaria è un preciso dovere della politica

Alessandria (Fabio Tirelli) – Anaste (www.anaste.com), la maggiore Associazione di Gestori di Strutture socio-sanitarie, nota per le sue battaglie per la legalità e la tutela degli ospiti fragili, come riconosciuto pubblicamente nel Convegno di Studi dell’Università di Alessandria del 23 ottobre scorso, in particolare dal professor Balduzzi, già Ministro della Sanità, sta lavorando a un progetto di richieste urgenti alla Regione Piemonte che, si spera, potrà essere condiviso da tutto il mondo del Socio Sanitario Privato e privato sociale. Il punto saliente è portare all’attenzione alcune problematiche urgenti che necessitano di provvedimenti immediati per avviare un percorso di stabilità, sicurezza e continuità al comparto del welfare piemontese con particolare riferimento alle cinque principali fragilità: anziani non autosufficienti, disabilità, salute mentale, minori e dipendenze. Gli eventi di questi ultimi anni, dalla pandemia Sars Covid 19 e sue più recenti varianti, tensioni internazionali e speculazione sui prezzi al consumo e delle materie prime, hanno generato un vero e proprio sconvolgimento in termini relazionali e contrattuali; la spinta inflazionistica degli ultimi due anni, oltre il 15%, nonché quella attesa per i prossimi anni, portano prepotentemente alla ribalta problematiche note e aggravate:

  1. la poca attrattività del lavoro di cura;
  2. il basso livello retributivo medio degli operatori sociosanitari;
  3. la crisi del settore dal punto di vista della continuità di impresa;
  4. indispensabile è il ripensamento dell’organizzazione dell’assistenza a livello territoriale che continua a privilegiare la rete ospedaliera nei fatti e si sofferma sui contenitori e non sui contenuti di cura a partire dagli Operatori e dall’ammodernamento tecnologico.

Per inciso, il settore socioassistenziale rappresenta oltre 60.000 beneficiari, 50.000 operatori, circa 2 miliardi di valore della produzione, a cui va ad aggiungersi chiaramente indotto e investimenti negli strumenti di produzione. Di conseguenza gli oltre 50.000 operatori sociosanitari piemontesi (numericamente equivalenti agli operatori del servizio sanitario regionale pubblico), rinnoveranno con validità dall’inizio del 2024 alcuni contratti collettivi di lavoro, essendo altri già rinnovati, che comporteranno aumenti medi nel triennio di almeno il 15% (come i costi già in carico per beni e servizi). Le convenzioni del settore devono, dal 1° gennaio 2024, essere adeguate a tali costi, stante la necessità di un riconoscimento almeno del 6% per l’anno 2023 (aumento complessivo 21% e a seguire in automatico nel tempo secondo i livelli inflativi). Si ricordi che la recentissima indagine svolta dal Dirmei (Dipartimento interaziendale malattie ed emergenze infettive) ha evidenziato come il comparto sociosanitario possa assorbire nel brevissimo tempo 1.500 Oss (Operatori socio sanitari), 600 educatori, 500 infermieri, 300 fisioterapisti e 100 assistenti sociali, e come queste figure sono al momento non reperibili; occorre quindi, oltre alla riproposizione di provvedimenti d’emergenza tipo DGR 4/DGR 20, ripensare le modalità di formazione almeno per quelle figure la cui competenza è regionale. Inoltre il Covid ha accellerato e posto clamorosamente in evidenza l’obsolescenza della maggioranza degli attuali modelli organizzativi. Oltre ad aspetti meramente “edilizi”, in questi anni abbiamo avuto l’evoluzione e il manifestarsi di nuove fragilità (su tutti l’autismo) e non sempre le regole di ingaggio attuali consentono interventi efficaci con costi relativi e conseguenti (ricordiamo che tutti i rappresentati da noi sono soggetti accreditati e quindi titolari di funzioni pubbliche e sono già una rete attiva e possono diventare soggetti ancora più presenti e protagonisti della rete dei servizi sanitari e sociosanitari pubblici, sempre con una logica della complementarietà e non della sovrapposizione).
Punti cardine delle richieste del Settore divengono quindi:

  • in assenza di una logica progressiva di remunerazione dei servizi, dopo dieci anni di inflazione a zero o negativa, occorre procedere e impostare un modus operandi diverso, anche in analogia con il codice degli appalti che disciplina in modo proattivo il regime della revisione prezzi. Pertanto, le scriventi organizzazioni, chiedono la totale rivalutazione dei livelli di retribuzione convenzionale e per la quota non a carico del SSN per i prezzi delle quote non convenzionate a carico dell’utenza in base all’indice ISTAT (con garanzia anche per il 2025);
  • una seria revisione del modello organizzativo residenziale e in particolare: introduzione del minutaggio unico settimanale per fascia assistenziale (riducendo quelle relative agli anziani a tre);
  • possibilità di impiego, stante la perdurante carenza di educatori professionali sanitari, di altri operatori delle professioni sanitarie analoghe (es. psicologi) mutuando l’esperienza della salute mentale;
  • utilizzo di tecnologie innovative (esempio la monodose del farmaco) che possono migliorare sia il livello assistenziale che la sicurezza clinica, contribuendo così in modo tecnologico al minutaggio assistenziale;
  • trasparenza sui dati degli inserimenti nelle singole ASL e coerenza con gli obiettivi di salute;
  • predisposizione di proposte di adeguamento delle diverse DGR per singole fragilità replicando la metodologia adottata nella revisione delle norme sulla salute mentale;
  • superamento del sistema tariffario e passaggio al sistema delle quote sanitarie e quote alberghiere per introdurre elementi reali di mercato e concorrenza a tutto vantaggio dei fruitori dei servizi.

L’augurio che ci facciamo tutti è che il dibattito sia stimolato da proposte serie, fatte da persone competenti, e che la società civile riesca ad avere la meglio sulla logica burocratica che caratterizza un settore vitale per la nostra civiltà occidentale e per le persone fragili e deboli e per tutti i lavoratori.

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