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Clamoroso: per i sondaggi al 70% le femministe bocciano il gender e i dogmi Lgbtq

Roma (Ith24.it) – Quanto il ddl Zan e la sensibilità gender interessano agli italiani? Poco e niente. Non solo, ma la maggioranza dissente dal suo contenuto. Un sondaggio su La Stampa, ma “mimetizzato” nel titolo (“Paese spaccato”) lascia di sale. E fa finalmente chiarezza su quanto siano ribaltati i parametri tra paese reale e leggi-bandiera. L’esito della rilevazione è clamoroso: ma come? Il sacro testo difeso e strombazzato dal “corifeo” Fedez  al concertone, simbolo eccelso del progressismo illuminato trova il dissenso del 56% delle persone consultate?. Ebbene sì, i dati sono questi e li ha diffusi sul quotidiano torinese Marina Terragni.
La scrittrice ha dato conto d’un sondaggio promosso con una raccolta fondi da varie sigle femministe: Se non ora quando, Radfem Italia, Libreria delle donne, Udi. I quesiti  erano tre. Il primo riguarda l’atteggiamento rispetto alla partecipazione di atlete trans agli sport femminili. Tema portato in auge  negli Usa dal presidente Joe Biden che ha emesso un apposito executive order permissivo in tal senso. Il 56% degli interpellati dissente da questa linea, il 14% non sa;  e solamente il 30% ne sia favorevole. E questo è il dato più ‘arcobaleno’ di tutti, commenta la Verità che rilancia l’esito della rilevazione incentrata sulle tematiche sottese al ddl Zan. Gli altri quesiti trovano ancora meno consenso.
La scelta del sesso con una semplice “autodichiarazione” a prescindere dal dato biologico della nascita trova favorevole appena il 20% dei cittadini, con il 68 per cento  che si dichiara contrario. A ciò fa da corollario un altro dato significativo: solo il 13% avalla l’uso di farmaci che bloccano lo sviluppo di bambine che si sentono di appartenere «all’altro sesso». Sette italiani su dieci, insomma, rifiutano l’ideologia gender e, dunque, la “filosofia” del ddl Zan. Nel primo articolo del quale  si definisce come un “catechismo”  l’identità di genere così: «identificazione percepita e manifestata di sé in relazione al genere, anche se non corrispondente al sesso; indipendentemente dall’aver concluso un percorso di transizione». L’articolo che ha fatto infuriare, tra gli altri, il professor Zecchi.
Anche l’articolo 7 del ddl Zan che fa riferimento alle iniziativa scolastiche  di sensibilizzazione contro l’omotransfobia risente di ciò. È permeato di quella stessa  visione antropologica per cui il genere altro non è che: «identificazione percepita e manifestata di sé». Il sondaggio sul gender svelato dalla scrittrice Marina Terragni oltre che opportuno si rivela però scomodo per il quotidiano di riferimento: La Stampa di Massimo Giannini ha titolato: «Scegliere il proprio genere? L’Italia si spacca in due ma prevale il fronte del no». Un titolo minimizzato, ha commentato dai suoi canali social la stessa Terragni sui social. In un contesto sondato che che vede almeno sette su dieci degli interpellati contrari ad una certa idea, non pare che l’asserzione “Paese spaccato in due” sia la più veritiera. Infatti ad emergere – con buona pace di tutti – è che  sul testo proposto da  Alessandro Zan, la maggior parte degli italiani la pensa in modo ben diverso. Con il permesso del nuovo leader delle sinistre, Fedez.
Sui temi sensibili come l’identità di genere non si scherza né si deve minimizzare – scrive nel suo articolo la scrittrice e promotrice delle iniziative di “Se non ora quando”: per approvare testi delicati come aborto e fecondazione assistita ci sono voluti anni di discussioni e confronti. Pretendere come la Cirinnà che il ddl Zan e lil catechismo gender ad esso sotteso si approvi a passo di carica è totalmente sbagliato. Parlare della sessualità umana come di una merce ridotta all’insignificanza non ci sta perché il dibattito “non è mai iniziato”, chiosa Terragni. Che, anzi, dai suoi profili social fa sapere che se la legge sarà approvata molte sigle femministe sono pronte a chiedere un referendum abrogativo.

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