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Nelle case di riposo la libertà degli ospiti ha un costo ma i soldi che arrivano dalla Regione non bastano

Alessandria (Red) – Quello degli anziani è un argomento complesso che riguarda la sfera affettiva e sanitaria delle persone avanti negli anni. Tuttavia non sempre nelle case di riposo, quasi sempre per motivi di scarsità del personale, si usano metodi accettabili per garantire la sicurezza agli ospiti malati, come in 97 Rsa su 149 (65%) testate nel torinese, cioè quelle che hanno risposto a un sondaggio realizzato dal difensore Civico del Piemonte Augusto Fierro, da cui emerge che si usano sistemi di “contenzione” a letto per pazienti con patologie psichiatriche. Se estrapoliamo il dato esteso a tutte le Rsa torinesi, che sono 222, si ipotizza che in 144 strutture si usino metodi draconiani. La giustificazione è sempre la stessa e cioè che “per evitare che gli ospiti malati, alzandosi, possano cadere col rischio di fratturarsi il femore o far male a qualcuno, spesso sono legati al letto”. In base a questi dati fu stilata una statistica inserita in un documento venuto alla luce soltanto in questi giorni. Augusto Fierro ha segnalato la cosa al Ministero della Salute.

Da La Stampa di mercoledì 28 aprile

Ludovico Poletto – Ha letto l’indagine del dottor Fierro?
“Siamo a conoscenza di quell’indagine – ha detto al cronista Michele Assandri (nella foto in alto) presidente di Anaste Piemonte, l’associazione nazionale delle strutture per la terza età -, il difensore civico ha ragione, purtroppo: pone lo stesso problema che anche noi solleviamo da anni”.

Ludovico Poletto – Per Assandri la situazione, non solo in Piemonte, è inaccettabile
Assandri – “Si tratta di una triste realtà che da anni segnaliamo alla Regione, senza che si muova foglia”.

Ludovico Poletto – Il che non giustifica il quadro emerso dall’indagine
Assandri – “Un’indagine, lo preciso, fatta col nostro concorso. Il problema non è di oggi, e nemmeno di ieri: riguarda questa legislatura regionale, come la precedente”.

Ludovico Poletto – Quindi?
Assandri – “Bisogna rivedere i parametri assistenziali, quelli che riguardano l’impiego del personale”.

Ludovico Poletto – Questo secondo il vostro punto di vista
Assandri – “Guardi che lo ha detto anche l’Ordine dei medici di Torino: quei dati sono superati, risalgono al 2012, quando nelle Rsa mediamente tre anziani su dieci erano colpiti da forme di demenza più o meno gravi, mentre oggi siamo a otto su dieci”.

Ludovico Poletto – Come se lo spiega?
Assandri – “Purtroppo non sempre l’allungamento della vita coincide con la qualità della vita, per cui servirebbe più personale, mentre la Regione riconosce alle strutture 42 euro al giorno per singolo anziano coi quali, conti alla mano, si possono fare 22 minuti di assistenza infermieristica, 80 minuti di assistenza tutelare, 6 minuti di assistenza fisioterapica, 2 minuti di animazione al gioco, il tutto per 60 ospiti, molti dei quali con forme di demenza, sono 120 minuti di animazione, con un solo operatore”.

Ludovico Poletto – Cosa si intende per assistenza tutelare?
Assandri – “Igiene, vestizione, alimentazione: tutte operazioni che spettano agli operatori socio- sanitari”.

Ludovico Poletto – Tutto in ottanta minuti?
Assandri – “Sì, e per consentire la libertà di movimento ne servirebbero 120. Tenga conto che un operatore socio-sanitario costa 18,50 euro all’ora. A questo punto la contenzione si pratica perché è necessaria, non ha un intento punitivo, ma l’arco di tempo potrebbe essere diminuito consentendo maggiore autonomia agli ospiti”.

Ludovico Poletto – Anche qui la libertà ha un costo
Assandri – “Sì, ma non possono essere gli ospiti a pagare le conseguenze del disservizio che condizionano la loro stessa libertà personale. Inoltre la costrizione alla quale sono sottoposti non migliora il loro stato fisico e mentale. E se non si aumenta il personale è impossibile diminuire la contenzione”.

Se c’è carenza di personale la libertà degli ospiti diminuisce
Il Difensore civico ha ragione: in molti casi le contenzioni sono un sostitutivo delle carenze di personale nelle Strutture, come precisa il dottor Assandri di Anaste. In molti altri casi sono dovute all’incapacità dei medici curanti nel definire terapie mirate ai pazienti con gravi problemi di deterioramento mentale. In altri sono una prassi di comodità e abitudine per il personale. Fondamentalmente sarebbe necessario che la Regione contribuisse in modo deciso alle rette dei non autosufficienti e che il personale fosse raddoppiato nei reparti che seguono le demenze (almeno il cinquanta per cento dei posti Rsa).

La giusta battaglia di Anaste
È una battaglia che Anaste sta combattendo da anni ma nessuno ne parla tranne noi di Alessandria Oggi. Inoltre le modalità di scelta delle cooperative che gestiscono le strutture Rsa sono legate di conseguenza al prezzo e così il personale viene sottopagato e sfruttato in modo indecoroso (doppi turni, straordinari non pagati, nessun aggiornamento) e il risultato sono le contenzioni o peggio le disattenzioni tipo quelle del Lercaro. Ormai il settore (tranne poche eccezioni che tu conosci ma che dureranno il tempo che dureranno se le cose continueranno così senza aiuti) è sempre più in mano a consorterie (spesso straniere) che gestiscono decine di strutture e trattano direttamente con la politica.

 

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