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Per Cgil, Cisl e Uil ad Asti e provincia circa 6.000 posti di lavoro a rischio

Asti – I sindacati sono preoccupati. La fine del blocco dei licenziamenti potrebbe portare a una situazione difficile da prevedere per quanto concerne Asti e provincia. Il vincolo per le aziende fino al 30 giugno, successivamente continuerà ad applicarsi solo in relazione all’utilizzo degli ammortizzatori sociali. Ma poi cosa succederà?
Secondo quanto spiegato da Stefano Calella, segretario organizzativo Cisl Asti Alessandria, nelle aziende c’è una normativa che deve essere declinata con attenzione, senza abusi e frenesie.
Ma il timore è di non riuscire a far coincidere il tutto con la “ripresa effettiva”. Insomma che si decida nell’immediato senza guardare alla prospettiva.
Secondo quanto stimato sarebbero circa 6.000 i posti a rischio. Ma c’è prudenza sui numeri.
A preoccupare i sindacati non sono tanto l’industria e la grande distribuzione quanto il piccolo commercio o le attività legate ai servizi.
Nelle fabbriche più grandi si sta usufruendo della cassa integrazione Covid e le dimensioni consentono comunque di assorbire le difficoltà, come ha tenuto a sottolineare Silvano Uppo, segretario dei metalmeccanici Uil, mentre – più difficile invece mantenere ammortizzatori tra gli artigiani per attività di 5-6 dipendenti che hanno già attraversato mesi difficili. E qui il timore è di scelte drastiche.
Secondo Stefania Gagliano, direttore Cna Asti, i problemi vanno oltre la questione del blocco dei licenziamenti. La Gagliano parla, infatti, di una ripresa a scacchiera e occorre quindi guardare alla tipologia di settore con le relative limitazioni, che sono tra i nodi da sciogliere.
Altra questione sono le case di riposo che secondo i sindacati devono tornare assolutamente a una situazione pre-pandemica. Da Cgil, Cisl e Uil, in questo senso, la necessità di collaborare con le associazioni datoriali.

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