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Funivia Mottarone: finalmente gli inquirenti hanno capito (forse) che la causa del disastro non sono stati i forchettoni ma il cavo tranciato (da chi?)

Il Gip: “Contro Nerini e Perocchio solo suggestioni, zero indizi”

Verbania (Andrea Guenna) – Le indagini preliminari hanno dimostrato quanto si temeva, e cioè che la causa del disastro non sono state le forchette di blocco dei freni ma il cavo di traino che era gravemente lesionato e non ha retto alla tensione. Tuttavia nessuno insiste su quest’aspetto che è fondamentale per le indagini e quindi per scoprire chi è veramente il colpevole. Tutto il mondo sa che le probabilità che un cordone d’acciaio di quel genere si spezzi sono pari a zero e il precedente del Cermis di 23 anni fa, quando un aereo militare statunitense, volando a una quota inferiore a quanto concesso, tranciò il cavo della funivia facendo precipitare la cabina e provocando la morte dei venti occupanti, non dice niente in quanto sul Mottarone non c’è stato un aereo che ha tranciato la gomena, per cui non è da escludere che qualcuno possa averla manomessa. E allora? Perché insistere con la litania dei forchettoni quando la tragedia è stata determinata dalla fune di traino che invece di bloccare la cabina è saltata per aria abbandonando quei poveri 15 turisti al loro tragico destino? Ma come è possibile che una corda d’acciaio da cinque centimetri di diametro si sfilacci (foto sopra) come una corda qualsiasi?
È davvero delirante l’ipotesi che siamo di fronte a un sabotaggio?
Gli è che, ad oggi, dopo una settimana di indagini, si viene a sapere che contro il titolare dell’impianto Luigi Nerini e l’ingegnere Enrico Perocchio direttore di esercizio dell’impianto della funivia del Mottarone c’è “la totale mancanza di indizi che non siano mere, anche suggestive supposizioni”. Lo scrive il gip di Verbania Donatella Banci Buonamici nell’ordinanza con cui ha rimesso in libertà due dei tre indagati.
Naturalmente i magistrati non potevano ammettere di aver preso un granchio e hanno mantenuto le accuse contro il direttore dell’impianto: “Tadini sapeva perfettamente che il suo gesto scellerato aveva provocato la morte di 14 persone […]. Sapeva che sarebbe stato chiamato a rispondere, anche e soprattutto in termini civili, del disastro causato in termini di perdita di vite umane. Allora perché non condividere questo immane peso, anche economico, con le uniche due persone che avrebbero avuto la possibilità di sostenere un risarcimento danni?”. Tuttavia, alla luce degli ultimi sviluppi delle indagini, per il gip di Verbania il capo servizio della funivia del Mottarone non è un testimone attendibile in quanto indagato e mosso da un interesse, ossia incolpare il gestore dell’impianto Luigi Nerini e l’ingegnere Enrico Perocchio direttore di esercizio per poter evitare in parte le conseguenze di quanto confessato al procuratore capo Olimpia Bossi e al pm Laura Carreri. Ma è nella seconda parte della motivazione del Gip che, beffarda, spunta la verità, quando si legge: “Per lungo tempo [disattivando il sistema frenante di emergenza sulla cabina numero 3] ha attuato una condotta scellerata, della quale aveva piena consapevolezza, posta in essere in totale spregio della vita umana con una leggerezza sconcertante”. Ma come, la Gip di Verbania nell’ordinanza scrive che il Tadini aveva molte volte (per lungo tempo) messo i forchettoni!
Praticamente quella era la prassi e non è mai successo niente.
Ma allora – e ancora una volta – non è così difficile capire che la causa della tragedia è stata senza ombra di dubbio il cordone tranciato che non ha retto allo strappo.
Vogliamo una volta per tutte tentare di scoprire l’autore (o gli autori) della manomissione che è il vero responsabile del disastro?
Tutto il resto è aria fritta per nascondere il fatto che si sta brancolando nel buio.
E poi, chiedere un aiutino ai nostri 007 no?

 

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