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La Lega, il partito delle banche fallite salvata coi soldi del Cavaliere, continua a litigare con la Meloni

di Piero Evaristo Giacobone – Scusate se insisto ma mi chiamo Evaristo e dopo aver indagato sulla gestione alessandrina da parte della Lega ho capito perché, anche per questo, tra Carroccio e Fratelli d’Italia non corre buon sangue. Mentre Crosetto in visita elettorale qui da noi tranquillizza tutti dicendo che se c’è qualche contrasto fra Fratelli d’Italia e la Lega perché è dovuto a una sfida fra amici come tra Coppi e Bartali, la sua capa Giorgia Meloni continua a litigare con Salvini. Perennemente all’opposizione la prima e perennemente al governo il secondo, fra i due, i rapporti ormai sono a pezzi: se ne dicono di ogni anche in piena campagna elettorale e non riescono a nascondere più i risentimenti nemmeno mentre girano l’Italia per comizi, cercando voti a quattro giorni dalle elezioni comunali. E, salvo sorprese dell’ultimo minuto, non ci sarà – questa è la vera notizia – una manifestazione unitaria, e il perché è presto detto: il tema è proprio quello delle amministrative, se il centrodestra è unito in gran parte dei comuni, 21 capoluoghi su 26, in cinque Comuni un accordo non è stato trovato. Mica roba da poco perché la spaccatura è nei Comuni più importanti: Parma, (dove Fratelli d’Italia non appoggia la candidatura dell’ex sindaco Pietro Vignali) Verona, Catanzaro, Viterbo e Messina. Insomma la coalizione non regge moltissimo, non è granitica, con Meloni e Salvini che si insultano continuamente mentre il Cavaliere “tiene per le palle Salvini” in nome dei soldi che ha prestato alla lega dopo il crac della banca Credit Euronord che dopo averla fondata,  quelli del Carroccio l’hanno fatta quasi fallire, poi ceduta a un discusso banchiere-amico, mentre Berlusconi ci ha messo qualche milioncino chiedendo in cambio il simbolo della Lega con tanto di Alberto da Giussano.
A questo punto si fa fatica a capire come Salvini si erga a difensore dei risparmiatori italiani, dimenticando la storia del suo partito, sebbene l’abbia vissuta tutta, e tutta in posizioni di vertice, che dei risparmiatori correntisti di Credit Euronord se n’è fatto un baffo.
La storia della banca leghista inizia nel 1998 ed è pomposamente definita la prima banca del popolo padano. Con una campagna a tappeto tra i militanti riesce a ottenere 3.000 sottoscrizioni. Apre pure due sportelli, uno a Milano e uno a Treviso e prende la tesoreria del Comune di Erbusco, in provincia di Brescia, ovviamente a guida leghista. Peccato che dopo soli tre anni, la situazione sia disastrosa: 8 milioni di perdite e 12 di sofferenze, la metà delle quali fanno a capo a soli cinque soggetti, una dei quali è la Bingo.Net che ha tra gli amministratori annovera il sottosegretario Maurizio Balocchi e un altro paio di parlamentari leghisti. Un bel guaio, perché la banca rischia il fallimento, e 3.000 soci, fieri militanti leghisti, rischiano di finire gambe all’aria.
Ed è sempre la Lega che chiede aiuto ai banchieri amici e lo trova, grazie all’allora amministratore delegato della Banca Popolare di Lodi Gianpiero Fiorani, che nel 2003 rileva Credit Euronord per 2,8 milioni. I maligni raccontano che il salvataggio della banca del popolo padano avviene su sollecitazione del governatore di Bankitalia Antonio Fazio, molto amico di Fiorani e sotto attacco della Lega, che l’aveva accusato di scarsa vigilanza nel caso dei Tangobond e dei crac di Parmalat e Cirio. Vero o falso che sia, è singolare che nel giro di pochi giorni l’atteggiamento di Bossi nei confronti di Fazio cambi radicalmente: “Anche se non abbiamo mai avuto una particolare simpatia per Via Nazionale, riteniamo che la difesa del Governatore sia la miglior garanzia per uno stop agli stranieri”, dichiara il Senatur qualche giorno dopo il salvataggio di Credieuronord.
Non finisce qui: le cronache di allora raccontano anche che per ringraziarli del nuovo, morbido atteggiamento verso Antonio Fazio e per la scalata che la Popolare di Lodi a Banca Antonveneta, Fiorani decida di consegnare a Giancarlo Giorgetti – già allora presidente della Commissione Bilancio della Camera dei Deputati, oggi numero 2 della Lega di Salvini insieme al mandrogno Riccardo Molinari – 100.000 euro incartati in una pagina di giornale.
Giorgetti rifiuterà quei soldi, racconta in seguito Fiorani, ma non denuncerà mai la tentata corruzione di chi ha salvato la Lega e la sua banca dal crac.
La storia continua.
Nel 2005 il sogno di Fiorani si infrange contro le inchieste della magistratura, e alla Lega serve un nuovo banchiere amico: quel banchiere è Massimo Ponzellini, cugino proprio di Giancarlo Giorgetti (ma va?), nominato presidente di Banca Popolare di Milano dopo un’epica battaglia con l’ex Dc Roberto Mazzotta. È il 2009, l’anno dei Tremonti Bond, obbligazioni bancarie perpetue sottoscritte dal Tesoro per migliorare la capitalizzazione delle banche durante la crisi finanziaria. Caso vuole che quelle obbligazioni siano sottoscritte in massa proprio dal Banco Popolare – il nuovo gruppo di cui fa parte l’ex Lodi di Fiorani – e dalla Banca Popolare di Milano.  E sempre il caso vuole che il Banco Popolare abbia staccato a favore del curatore fallimentare dell’ex Credit Euronord un assegno di un milione e seicentomila euro per rilevare un immobile a Bergamo, alcuni crediti fiscali e i futuri proventi di alcune cause contro ex dirigenti. Ed è sempre un caso, ma questo avviene proprio all’indomani dall’aver ricevuto dal Ministero per l’Economia 1,4 milioni di Euro in Tremonti Bond. Soldi di noi contribuenti, usati per sistemare i conti di chi aveva comprato la banca della Lega che, a proposito di istituti di credito ne ha combinate di tutti i colori: li ha fondati, ne ha nominato i vertici, li ha sderenati e poi è arrivato lui, il Berlusca che è quel misterioso benefattore che ha messo mano al portafogli e ha pagato un saldo stralcio per sanare il contenzioso. Solo che il padrone della Lega non è più Bossi, né tantomeno Salvini, ma Berlusconi. E Salvini col suo entourage fa quello che dice il vecchio di Arcore.
Ecco perché alla Meloni tutta questa storia non piace e l’alleanza con Berlusconi e Salvini sta molto stretta. Anche perché Fratelli d’Italia è il primo partito italiano secondo i sondaggi che gli attribuiscono circa il 21%.
Ma in Alessandria è un’altra storia.
In Alessandria comanda la Lega e Locci & C. devono stare zitti e buoni altrimenti salta tutto.
Staremo a vedere se hanno gli attributi.
E io pago.

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