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Questi “scienziati” sono solo dei cialtroni pagati da uno Stato di cialtroni

di Giusto Buroni – Non c’è scienza che possa prescindere dall’osservazione, diretta o indiretta, dei fenomeni naturali che si intendono studiare. Ma l’osservazione deve essere seguita o accompagnata da azioni, in forma di interventi correttivi, preventivi, curativi, eventualmente anche adattativi ai fenomeni che, esaminati, mostrano di costituire un “rischio”, di qualunque tipo, che possa arrecare danno alla comunità a cui lo scienziato appartiene e per la quale si suppone lavori (specularmente lo scienziato ha la responsabilità di individuare nei fenomeni osservati eventuali benefici per la comunità e di escogitare il modo per sfruttarli tempestivamente e con la massima efficienza). Altrimenti il sedicente scienziato si riduce a essere solo un beato parassita della comunità, divoratore di sovvenzioni (danaro pubblico, cioè nostro) e, per conservarsi il “posto di lavoro”, narratore di fantasticherie, tetre e minacciose, certamente di nessuna utilità pratica. In pratica non un osservatore ma un contemplatore che vale meno di un artista, il quale almeno condivide col prossimo il piacere del risultato della propria creatività totalmente astratta.

Il disastro della Marmolada e la scienza contemplativa
Un esempio recente degli effetti della scienza contemplativa è la discesa a valle del “seracco” della Marmolada che ha provocato una decina di vittime, tutti esperti escursionisti, nessun trasgressore di divieti, tutti fiduciosi nella rete di sorveglianza e monitoraggio garantita da scienza e autorità: da decenni il ghiacciaio era (è) sotto osservazione da parte dei glaciologi (ormai classificati felicemente come scienziati, insieme a moltissime altre categorie, che di scienza non conoscono neanche l’etimologia. Dei ghiacciai si conoscono:

  1. forma,
  2. dimensioni,
  3. peso,
  4. densità,
  5. consistenza,
  6. posizione e profondità dei crepacci,
  7. spostamenti minuto per minuto,

ma a nessuno pare sia venuto in mente di valutare l’evoluzione della massa ghiacciata in funzione della temperatura, e quindi il momento del crollo, naturalmente con un margine di sicurezza abbondante, come si fa – per esempio – progettando una costruzione in cemento armato. Ma va?

La favoletta del riscaldamento globale
Il glaciologo della RAI e tutti i suoi degni colleghi interpellati hanno sostenuto che “l’evento non era prevedibile”, affrettandosi a precisare che si tratta di “uno dei tanti effetti del Riscaldamento Globale provocato dall’insensato comportamento del Genere Umano”, che così ancora una volta è avvisato della punizione che gli spetta. Insomma, senza giri di parole: “Anche questa, volta ben gli sta!”. E un “contemplatore puro” altro non potrebbe dire: la sua “missione” è di assicurarsi che il genere umano sia punito per le malefatte sociali o ambientali; proteggere e salvare gli Umani significherebbe incoraggiarli a persistere nell’errore.

Le balle sulla siccità e l’invito implicito a “cagare” di meno per non sprecare l’acqua
Un altro caso attuale di scienza limitata alla pura contemplazione è il problema della siccità: per giorni e giorni certi sedicenti scienziati, usando le più sofisticate tecnologie, hanno misurato livelli di fiumi e mari (che in piena estate, giustamente, in mancanza di pioggia tendono ad abbassarsi). Contemporaneamente scoppiano ovunque incendi, quasi sempre “per mano dell’uomo”, e le aree boschive distrutte dalle fiamme vengono prontamente misurate, “per facilitare la comprensione del pubblico”, usando l’unità “campo di calcio”: in Francia, in Portogallo, in UK brucia ogni giorno l’equivalente di “migliaia di campi di calcio”, mentre sarebbe più istruttivo paragonare con qualche cosa di più familiare, per esempio, una regione, un lago, una provincia, ecc.
Il terzo “fenomeno avverso” in caso di Siccità è l’intensità delle precipitazioni che ne annunciano la fine (o le brevi pause). Si misurano in questo caso il diametro dei chicchi di grandine in termini di frutta: noci, albicocche, pesche, ma anche di “palle da golf”, per il pubblico più  raffinato. Si comunicano i mm di pioggia, sempre con la tentazione di sostituirli coi cm, perché 50 mm in due ore, per esempio, sembrano pochi. Ancora sessant’anni fa si sparavano cannonate di sali d’argento alle poche nuvole e ricordo che funzionava, invece oggi per nessuna delle tre calamità si annunciano provvedimenti in tempo reale: è già molto se si riescono a individuare le possibili aree di intervento “futuro”, che saranno dimenticate già dal prossimo autunno. Per esempio, dopo tre mesi di crisi si parla di restaurare i numerosi “fontanili” dismessi in Lombardia; timidamente si parla della navigabilità del Mincio vicino a Mantova, dove già nell’Ottocento gli ingegneri si erano premuniti contro le peggiori siccità con rimedi semplici e brillanti (e noti da secoli), estendibili a tutte le pianure, italiane e straniere. Delle ricche e male utilizzate falde sotterranee, già nell’antico Egitto sfruttate con successo, non si fa cenno, mentre agli allarmi usuali si aggiunge quello del “cuneo salino”, che del resto tutti gli abitanti delle zone di sbocco dei fiumi al mare contrastano da secoli con semplici sbarramenti. Tuttavia la TV diffonde i soliti pietosi e appelli rivolti non tanto agli “ingegneri idraulici”, quanto ai cittadini, ormai plagiati o rassegnati, affinché “risparmino” l’acqua, lavandosi di meno (anche scaricando meno sciacquoni, perbacco! Presto sarà proibito usare lassativi e diuretici!) e riducendo il consumo di carne, perché così alla lunga si perderebbe il “vizio degli allevamenti intensivi”, in cui i capi di bestiame non solo emettono troppi mercaptani (gas serra), ma consumano a loro volta troppa acqua, per bere e tenersi puliti.

Il papa e la papessa
Allora, hanno un bel dire il papa Ecologico e la papessa Greta: “ascoltate la scienza!”.
Lo capiscono o no che oggi, purtroppo, di scienza ce n’è più di una (e nessuna è “seria”), ma quella dominante, cui loro si appellano, è sfacciatamente gestita dall’Onu (Ipcc e Oms), che vede ogni problema e emergenza in termini di eventuale conflitto tra potenze militari? E non allo scopo di evitarlo, ma di far prevalere, in caso di conflitto, questa o quella nazione o ideologia (o piuttosto, potenza economica). L’”Emergenza Pandemia”, che negli ultimi tre anni avrebbe dovuto impegnare a fondo la Scienza con scoperte sensazionali e risolutive, ne ha mostrato limiti e pecche, confermando la mia tesi che l’attività prevalente della scienza sia la “contemplazione”, ancorché attenta alle reazioni delle Potenze Economiche e Militari, che alla Scienza assicurano le risorse per sopravvivere, anche piuttosto agiatamente. Questo fa sì che i membri delle autorità scientifiche mondiali non siano necessariamente competenti in campo scientifico, ma siano rigorosamente bene introdotti in campo politico-economico; e che quindi le loro (rare) scelte di intervento siano caratterizzate dall’attendismo e dalla prudenza diplomatica.

2000 “scienziati turisti” dell’Onu
Per l’emergenza ambientale il “Panel” dell’Onu (2000 “scienziati” di circa 200 Paesi) dal 1994 si riuniscono più di una volta all’anno in un’amena località turistica (giudicata prossima all’estinzione) per “fare il punto” e soprattutto commiserarsi. Ogni volta si danno scadenze per cambiare gli “stili di vita”, ma, constatando che non si riuscirà a rispettarle, stabiliscono data e sede dell’incontro successivo. Il Mondo, colpevolizzato e tenuto in allarme con scenari sempre più foschi, non nota che da questi incontri di 2000 cervelli non nascono azioni correttive e di recupero per i danni già fatti o per il degrado in atto, ma solo raccomandazioni e minacce verso i singoli cittadini, anziché verso i loro signori e padroni. Soprattutto non si accorgono, i sudditi, che si fa sempre riferimento a un valore imprecisato di “Temperatura Media del Pianeta”, misurata in un anno indeterminato “precedente l’Era Preindustriale”, che di volta in volta non deve aumentare di tot gradi centigradi (chi dice 1, chi 2, chi 2,5) nell’anno 2020 o 2030 o 2050. Il suddito curioso, che osasse cercare i dati per verificare da sé queste affermazioni, chiede quale sia la “definizione” di Temperatura Media del Pianeta e dove, come, quando e con quali strumenti si misurino i dati che, riuniti, forniscono questa media delle medie spaziali e temporali.
Si sentirà rispondere che ogni capannina di meteorologo ha il suo strumento e il suo metodo, che non sono unificati nemmeno a livello provinciale (per credere, confrontare i dati meteorologici attuali provenienti da stazioni meteo prossime fra loro). Con tutta la buona volontà, il suddito n0n riesce a ricostruire i dati dell’Onu e vorrebbe sapere con quale sfacciata autorità si traggano conclusioni (precise al decimo di grado!) da dati di partenza inesistenti.

I ghiacciai si sciolgono: ma va?
Ed ecco che salta fuori l’appassionato di montagna il quale afferma che in tutta la faccenda esiste una verità incontestabile: i ghiacciai da qualche decennio si ritirano (e da qualche anno si vedono spettacolari filmati di muraglie di ghiaccio, dalla Groenlandia fino all’Antartide, precipitarsi in mare, creando nuove preoccupazioni per l’innalzamento dei livelli e l’inondazione dei centri abitati costieri): dobbiamo dunque fidarci di ciò che ci comunica, o piuttosto ci impone, la Scienza (dell’ONU). E anche qui  concludiamo che siamo fermi a pura Contemplazione, mentre non esistono rimedi immediati a calamità recenti, né previsioni per quelle più prossime; per il decennio seguente invece si può spaziare con la fantasia verso le previsioni più pessimistiche, grazie a illazioni non controllabili scientificamente. Alle riunioni i 2000 delegati presentano e leggono lavori (ormai solo statistici) di loro colleghi, senza arricchirli di proposte e progetti per combattere “in tempo reale” le calamità che ogni anno lamentano. Insomma: anche questa organizzazione faraonica e dispersiva svolge da 30 anni un’attività di pura osservazione, che ogni volta si conclude solo con richiami disciplinari ai Paesi (tutti, chi più chi meno) che non hanno rispettato le scadenze per le restrizioni che sono state loro imposte di volta in volta; restrizioni che come sempre si traducono quasi tutte in sacrifici o rinunce per il consumatore finale per intaccare il meno possibile l’Economia, cioè i profitti dei Potenti. Nessun segno di iniziative per migliorare l’efficienza del sistema produttivo e quindi risparmiare alla fonte, e non all’ultimo anello della catena. Se le infrastrutture per le energie alternative si creano senza ottimizzare l’efficienza delle relative filiere, l’ambiente potrebbe risultarne anche più danneggiato: è un’ipocrisia sanzionare o ammonire Cina e India per l’inquinamento che producono, se ad esse vengono commissionati quasi tutti i pannelli solari (o le batterie per auto elettriche) installati nel mondo. Trasportare l’inquinamento atmosferico da un Paese (ricco) a un altro (povero) serve solo a far ben figurare il ricco e a impoverire il povero; ma con la cura dell’ambiente non ha niente a che vedere.

Il Covid 19 fa politica: “scienziati” a libro paga
Il “capolavoro” o il “record” della “scienza contemplativa” è stato battuto grazie alla pandemia da Covid19, perché ogni misura (presunta) correttiva o preventiva è stata adottata solo dopo accurato filtraggio da parte della politica e dell’economia, anteponendo alla salute dei cittadini gli interessi politici ed economici locali e globali. Anche subito dopo avere isolato e analizzato il virus, le misure protettive o preventive sono state semplicistiche e approssimative: distanziamento sociale (passato per comodità da sei piedi a un metro, ossia dimezzato), mascherine chirurgiche, per lungo tempo non disponibili e quindi confezionate in casa con carta da forno (!), guanti (subito scomparsi), lavaggio delle mani e degli occhi con normale sapone, lavaggio abiti solo raccomandato. Misure poco più rigide sono state adottate nelle RSA, tuttavia con sterminio dei ricoverati e alta mortalità del personale. Polmoniti bilaterali trombotiche trattate in reparti di terapia intensiva affollati e male attrezzati, con mortalità quasi totale per i pazienti più fragili; medicinali specifici assenti e ancor oggi (dopo tre anni) non disponibili per il “pubblico comune” (solo personalità importanti e loro sodali ne hanno usufruito finora, ottenendoli per vie misteriose, ma a prezzi immaginabili). La caratteristica “contemplativa” della cura per covid 19 è ben rappresentata dal protocollo “paracetamolo e vigile attesa” per i pazienti (comuni) con sintomi anche gravi ma ancora senza polmonite, che in molti è insorta dopo un paio di settimane di vigile attesa, portandoli a morte sicura. Il “tracciamento” del contagio per monitorare il percorso e isolare i focolai è stato “tentato” per mezzo di una tardiva APP Immuni, rivelatasi inutile e fallimentare “a causa dell’eccessiva diffusione” del virus (ma anche dopo due anni, quando la diffusione non era più “eccessiva”, la Scienza non ha ricavato nulla da Immuni: non ha neanche tentato, come non ha tentato di fare l’”identikit” del “soggetto infettabile”, né di quello “non infettabile”, che certamente esiste).

Bisogna puntare anche sulla terapia
La prospettiva di poter vendere molti miliardi di dosi di vaccino ha convinto la Scienza a impegnarsi solo su questo fronte, abbandonando completamente quello delle cure: ancora oggi ingenuamente le scienziate, e perfino il Nobel Giorgio Parisi, a pagamento affermano che l’unica arma che abbiamo contro il virus è il vaccino, decretando così la morte (per mancanza di cure) dei tanti “fragili” che, nonostante siano plurivaccinati (oppure già guariti), si infettano di nuovo. E l’immunità, che da tutti gli scienziati era promessa durante la prima campagna di vaccinazione, s’è dimostrata inesistente, portando alla necessità d’un secondo vaccino, e poi d’un terzo e oggi d’un quarto. Per la carità! E con questo saltava anche la geniale e fantomatica “immunità di gregge”, che secondo la scienza era la percentuale di vaccinati da superare per poter considerare “vinta” e debellata la pandemia; ma anche qui, prima di ammetterlo, la scienza si è riservata diversi “innalzamenti di asticella”: dopo un primo obiettivo del 70% (raggiunto relativamente presto) la soglia è salita, via via, fino al 95% , mentre, proporzionalmente all’impazienza dei probi cittadini, cresceva l’odio riversato dalla scienza sui non vaccinati, non tanto perché “untori”, quanto perché ritardavano il raggiungimento del sempre più vago obiettivo statistico. Ma alla fine, col pretesto che, nel frattempo, le statistiche erano inquinate da troppe “varianti”, si dovette ammettere che non sarebbe bastato nemmeno un ideale 100% che, tuttavia, rimase l’obiettivo finale per sperare di “essere risparmiati almeno dalla malattia grave” (unico risultato, ma ancora da dimostrare, dell’immensa “campagna”). E infatti continuano a infettarsi sempre più (e in percentuale sempre maggiore) anche i vaccinati con quattro dosi.
E la Scienza finge di sorprendersi anche di ciò, quando invece è chiaro che a mano a mano che la percentuale di vaccinati si approssima a 100% e, dato per scontato che il virus (le sue varianti recenti) non risparmia neanche i vaccinati, i contagiabili non vaccinati sono sempre meno e che i più colpiti dal virus, saranno i vaccinati, senza che sia colpa di nessuno, ma solo per aritmetica.

I fessi e i fissi
E di queste carenze in aritmetica hanno fatto sfoggio disinvoltamente i più “famosi” sedicenti scienziati che, nei calcoli, fin dall’inizio, hanno considerato la popolazione contagiabile come un numero fisso, mentre è in continua decrescita, praticamente come se i morti giornalieri fossero subito rimpiazzati dai neonati, oppure come se i contagiati potessero ri-contagiarsi già il giorno successivo, senza attendere almeno il tempo necessario alla guarigione.
Lo stesso per le vaccinazioni: la percentuale di vaccinandi avrebbe dovuto tenere  conto ogni giorno del numero di morti e dei contagiati complessivi. Le conseguenze di questi banali errori sono molte, e sarebbero ancora più evidenti se si dividesse e si censisse la popolazione in “categorie” rispetto alla suscettibilità al contagio (al quale molti risultano immuni) e alle sue conseguenze (p.es. “curabile a domicilio”, “ricovero”, “terapia intensiva”, “incurabile”).
Si sarebbe capito, per esempio, che le diverse varianti non sono poi tanto diverse fra loro per aggressività e virulenza, ma che è la popolazione contagiabile che si riduce incessantemente nell’arco di tre anni. Perciò le morti e le terapie intensive, per esempio, in una fase di vera ripresa dovrebbero solo diminuire nettamente: quando si “stabilizzano” nel “plateau”, specialmente all’inizio, con contagi più numerosi, bisogna allarmarsi subito, e non “aspettare e vedere”. Il numero di morti oscillante da tempo e a tutt’oggi intorno a (oltre) 100 giornalieri deve far pensare che stia succedendo qualcosa di molto grave, anche se è evidente che la causa principale sia la completa e colpevole assenza di cure specifiche: fallita la prevenzione, non resta che la cura e, se questa manca, è la morte.
Ma 175.000 morti in tre anni in Italia (su 59 milioni) non commuovono questa “Scienza Contemplativa”: avanti coi conteggi (sbagliati), fino alla prossima pandemia, che ci troverà ancora impreparati. In fondo la Febbre Spagnola un secolo fa fece ben 600.000 morti in un’Italia con meno di 40 milioni di Italiani (15 per mille), e qualunque leader politico, o virologo, oggi sarebbe contento di attribuirsi il merito di aver ridotto la mortalità per covid19 al 3 per mille della popolazione.

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