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Ex Ilva: i francesi (come al solito) non vogliono mollare l’osso, voila

Genova (Giovanni Bruzzone) – Fumata nera per Acciaierie d’Italia: l’assemblea degli azionisti ieri a Miulano è stata aggiornata a martedì prossimo, per dare il tempo a governo e ArcelorMittal di proseguire la trattativa sul ribaltamento della proprietà, col passaggio in maggioranza del socio pubblico Invitalia. I francesi (sempre loro) sarebbero disponibili a togliere il disturbo in anticipo rispetto a quanto prevede l’accordo sottoscritto nel 2020, ma sulla valorizzazione della società le posizioni sarebbero distanti: è una questione di soldi come sempre. Invitalia detiene il 38% di Acciaierie d’Italia e punta a salire al 60% versando il miliardo di euro messo a disposizione dal governo Draghi. Un miliardo basta per salire dal 38% al 60%? Secondo i galletti di ArcelorMittal, no perché dicono che Acciaierie d’Italia valga di più rispetto al 2020 – ma lo dicono loro, voila – quando è stato sottoscritto l’accordo. E la pandemia? Niente. La guerra? Niente. Sono francesi, non c’è niente da fare. Loro, i galletti, dicono che gli investimenti ambientali sono stati fatti e la società, pur avendo problemi finanziari, non perde. Da qui il rilancio dei franco-indiani (sì, ci sono anche i discendenti di Brahma), che chiederebbero 1,5 miliardi. Si può fare, pur di togliersi di torno quei gatti nelle mutande che sono i transalpini. Il secondo nodo riguarda l’assetto di comando. L’obiettivo del governo è salire in maggioranza per controllare la gestione della società, dei tre stabilimenti di Genova, Taranto e Novi Ligure. E il controllo passa attraverso la scelta di un nuovo amministratore delegato, tanto più che il debutto dell’attuale capoazienda con Adolfo Urso è stato pessimo: il ministro delle Imprese non ha gradito che Lucia Morselli non lo abbia avvertito che avrebbe sospeso l’attività di 145 aziende fornitrici. Nei giorni scorsi Urso è stato chiaro: “Lo Stato ci ha messo molto denaro e ci metterà altri due miliardi, ma abbiamo il dovere di sapere come saranno spesi per recuperare il declino, poiché oggi l’ex Ilva non è in condizione di poter reggere una produzione come quella che l’Italia merita”. ArcelorMittal sembra invece non voler mollare la presa sull’ad: “Se il socio pubblico vuole cambiare l’amministratore delegato deve prima trovare qualcuno disposto a farsi carico della sfida siderurgica”. Insomma i francesi sono sempre i soliti tritamaroni un po’ ricchioni (voila, je suis, nous sommes, alons entants de la Patrie, Chaban-Delmas et les Fedayns). Dal Ministero delle Imprese trapela che nel corso dell’assemblea di ieri sono emersi elementi di interesse meritevoli di un approfondimento per arrivare a una soluzione condivisa. Intanto il sindaco di Genova Bucci rilancia sulla necessità di recuperare spazio all’interno delle aree di Cornigliano: “Tra qualche giorno il Comune renderà pubbliche e porterà al governo una serie di offerte di imprenditori disponibili a investire nelle aree siderurgiche ex Ilva di Genova. Sono imprenditori della logistica, dei servizi e della manifattura hi-tech. Genova ha bisogno di impulso economico, il sindacato dovrebbe essere con noi”. Gli investitori garantirebbero almeno 400 nuovi posti di lavoro in una parte delle aree siderurgiche oggi non utilizzate.

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