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Aiuti UE: perché Meloni attacca l’asse Francia-Germania

Roma (Marco Dell’Aguzzo) –  Giorgia Meloni è contraria all’allentamento della normativa europea sugli aiuti di stato per rispondere ai sussidi americani: teme squilibrio nel mercato unico che favorirebbero Francia e Germania. Tutti i dettagli e il contesto. Parlando coi giornalisti ad Algeri, dove si è recata per lavorare alla realizzazione di un “Piano Mattei” per il Mediterraneo, la presidente del Consiglio ha criticato la risposta dell’Unione europea all’Inflation Reduction Act. È la grande legge statunitense sui sussidi alla manifattura “verde” che rischia di privare il Vecchio continente di una base industriale solida nei settori cruciali per la transizione ecologica: veicoli elettrici, batterie, turbine eoliche, pannelli solari e idrogeno verde, ad esempio. “Preoccupa – ha detto Meloni – che la UE pensi di poter risolvere il problema della scarsa competitività delle nostre aziende, anche a fronte degli ingenti investimenti degli USA alle loro aziende, solo con un allentamento della normativa sugli aiuti di stato. Determinerebbe una distorsione del mercato interno”. Del piano della Commissione europea per ridurre lo svantaggio competitivo dell’Europa rispetto all’America conosciamo il nome (Net-Zero Industry Act), l’ideatore principale (il commissario per il Mercato interno Thierry Breton) e la sua linea generale: offrire alle aziende europee dei sussidi da utilizzare per finanziare la riconversione “sostenibile” dei loro processi produttivi, in modo da metterle nelle condizioni di reggere la concorrenza con le imprese rivali statunitensi e mantenere nel continente gli investimenti nei comparti strategici.
La Francia ha elaborato un piano di politica industriale, chiamato “Made in Europe“, che vorrebbe veder implementato a livello comunitario: fa leva, in particolare, sull’allentamento della normativa europea sugli aiuti di stato, così che i governi possano sostenere alcuni settori chiave nel medio periodo (fino al 2030).
La stessa Commissione propone di modificare temporaneamente le regole sugli aiuti di stato per adeguarle al contesto internazionale, puntando a rendere più semplice per gli stati membri finanziare le imprese in difficoltà con soldi pubblici. La presidente Ursula von der Leyen ha detto infatti che “per mantenere attrattiva l’industria europea, c’è bisogno di essere competitivi con le offerte e gli incentivi attualmente disponibili al di fuori dell’UE”. Ha proposto una semplificazione della normativa sugli aiuti di stato e un nuovo fondo sovrano europeo che fornirà sia prestiti che sovvenzioni.
La posizione della Commissione – e della Francia – sui sussidi non convince però tutti i paesi europei, specialmente quelli dell’Europa settentrionale attenti alla tutela del libero commercio. Il ministro dell’Economia della Danimarca, Troels Lund Poulsen, ha commentato così: “non credo che nuovi modelli di massicci aiuti di stato siano utili all’Europa”.
L’idea di una revisione più lasca della normativa comunitaria sugli aiuti di stato era stata contestata pure dal ministro delle Imprese Adolfo Urso. Il mese scorso, intervistato da Omnibus, aveva dichiarato che un simile intervento “potrebbe aggravare la questione europea, perché vi sono paesi come la Germania che hanno risorse importanti e significative per investire, e altri paesi come l’Italia […] che non hanno queste risorse nazionali da investire. Ci troveremmo come sul fronte energetico con una Germania che sussidia le imprese e quindi crea un vantaggio competitivo” rispetto a quelle italiane. È lo stesso concetto ribadito ad Algeri da Giorgia Meloni.
Anche il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, intervenuto al Consiglio “Economia e finanza” (ECOFIN) di metà gennaio, aveva detto – come riportato da David Carretta, corrispondente di Radio Radicale a Bruxelles – che allentare le regole europee sugli aiuti di stato in risposta all’Inflation Reduction “non è una soluzione” e che aggraverebbe le divergenze economiche nell’Unione e la frammentazione del mercato interno.
Il timore degli stati europei più piccoli o con i conti meno in ordine è che l’allentamento della normativa sugli aiuti di stato favorirà le nazioni più ricche e in possesso di maggiori risorse, come la Germania e la Francia, che potranno sostenere le proprie aziende con somme ben al di sopra delle possibilità di altri paesi. Il rischio, in assenza di garanzie di parità, è insomma che gli aiuti di stato finiscano per creare degli squilibri di competitività all’interno del mercato unico.
Dei 672 miliardi di euro in aiuti di stato che la Commissione ha approvato nel 2022, ben il 77 per cento proveniva da due soli paesi: per il 53 per cento dalla Germania e per il 24 per cento dalla Francia. L’Italia vale il 7 per cento.
Sulla risposta europea all’Inflation Reduction Act, però, Francia e Germania non la pensano esattamente allo stesso modo. Mentre infatti Parigi insiste sull’istituzione di un nuovo fondo sovrano europeo per sovvenzionare l’industria verde, Berlino è più scettica: non lo considera uno strumento necessario perché comporterebbe l’emissione di nuovo debito comune.

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