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GUERRA SÌ GUERRA NO

Il 10 giugno 1940, quando l’Italia entrò nella II guerra mondiale, Italo Balbo era  a cena con gli amici. Allorchè gli portarono un telegramma urgentissimo che annunciava le ostilità contro la Francia e l’Inghilterra, Balbo diede un pugno sul tavolo e disse: “Ma è diventato matto il crapun (così era solito chiamare Mussolini con gli amici). Non sa che la guerra è una cosa seria?!”. In pratica è la stessa cosa detta da Renzi rifiutando la richiesta di intervento italiano in Libia da parte degli Stati Uniti. L’essere Matteo Renzi un democristiano “doc” che ama farsi gli affari suoi, non turbato da alcun prurito bellicista, lo sta anche salvando da un rapido declino. Così non è per il ministro della difesa Pinotti, professoressa in quel di Sampierdarena (periferico sobborgo di Genova), bizzarramente nominata alla più importante carica riguardante  il nostro esercito con la motivazione che da giovinetta aveva vestito la divisa facendo il boy scout. Ma siete sicuri che non ci sia un equivoco? Non fosse piuttosto la divisa di una frazione bellicista dell’Hitler yugen? Il ministro in questione, come si è premurata di far riportare da tutti i mezzi di informazione italiani, ha più volte dichiarato che l ‘Italia era pronta ad intervenire in Libia con un contingente di 500 militari selezionati. Non è un errore! 500 soldati! Contingente che gli americani hanno chiesto di moltiplicare almeno per dieci. Non riusciamo a capire come mai il Ministro, con la corte di generali che la circonda e ne ispira il pensiero, non si sia resa conto che la Libia ha una superficie pari a sei volte quella dell’Italia, per di più attraversata da migliaia di chilometri di gasdotti e oleodotti altamente infiammabili ed assolutamente indifendibili. 500 uomini, per bravi che siano, ed anche se fossero 5000 come richiesto, cosa possono fare? Chiudersi in qualche vecchio fortino coloniale rammodernato, come il tenente Drogo del romanzo “Il deserto dei tartari”, scritto da Buzzati? Altrimenti, dispersi in quello sterminato territorio desertico, saranno facile preda di una delle decine di milizie islamiche che oggi dominano il Paese. Inoltre in una nazione che non ha un governo, checché ne dica la propaganda dei paesi occidentali, non ha gruppi politici affidabili e da qualche tempo nemmeno più un’economia, visto il continuo ridursi delle esportazioni di petrolio e di gas. Anche se gli strumenti di informazione nostrani, affetti, in politica estera, da un delirio di ottimismo, evitano accuratamente di scriverlo, gli italiani in Libia sono odiati. E con motivo. Nel 1911 li abbiamo invasi. È poi scoppiata una guerra partigiana durata vent’anni e per stroncarla abbiamo avvelenato i pozzi delle oasi interne  facendo morire donne, vecchi e bambini di interi villaggi mentre dagli aerei sparavano sui cammelli e sulle capre per affamarli. Come se non bastasse, abbiamo coinvolto i libici nella II guerra mondiale con morti, distruzioni e bombardamenti. Abbiamo poi contribuito a far fuori Gheddafi che distribuiva alla popolazione i guadagni del petrolio garantendo a tutti una casa, l’assistenza sanitaria, la scuola, più una rendita monetaria che permetteva una vita decente. E ora, dopo averli trattati in questo abominevole modo, ci aspettiamo che ci accolgano per applaudirci, come sembrano pensare la Pinotti e la sua corte?

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