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Misteri novesi: era davvero Donato Bilancia l’assassino dei due metronotte della Barbellotta? (2)

di Andrea Guenna (2 – continua) – Gli inquirenti stabiliscono che Donato Bilancia, è arrivato in macchina a Novi, una città che non conosceva, in frazione Barbellotta, ha caricato un trans per fare sesso in un cantiere (?). Ma era scemo? Un killer del suo spessore viene a Novi, cerca un trans e va in un cantiere – che sicuramente è presidiato – per fare sesso. Con tutta la campagna a disposizione cerca un cantiere?

Fare sesso in un cantiere, in una città che non si conosce?
Ecco cosa ha dichiarato agli inquirenti Donato Bilancia dopo il duplice omicidio di Novi, che pensiamo non avere commesso lui ma di cui – per ragioni che spiegheremo nel corso dell’inchiesta – s’è assunto la responsabilità.
Appena due giorni dopo l’omicidio della Zubckova, Bilancia ritorna a colpire nell’estremo ponente ligure, a Ventimiglia, dove realizza il 20 marzo 1998 la sanguinosa rapina culminata nell’omicidio del cambiavalute Enzo Gorni. Trascorrono soltanto altri quattro giorni e l’imputato “sconfina” per la prima volta al di fuori della Liguria, nel Basso Piemonte. Qui, nella frazione Barbellotta di Novi Ligure, incappa nel primo serio incidente di percorso, in quanto una delle vittime designate sopravvive ai suoi colpi e inizia quindi a fornire i primi dati investigativi grazie ai quali gli inquirenti si sarebbero messi sulle sue tracce.
Bilancia dichiara, prima ai Carabinieri di Novi poi in Procura: “Ok, siamo alla Barbellotta. Fino adesso siamo col Mercedes. Allora, prima sono andato a vedermi il posto. Come al solito. Questo cancello era chiuso, e presentava un dispositivo di quelli con l’apertura col telecomando. Però, vista la scatoletta dall’esperto ladro, si capiva che il congegno era disattivato, e allora ho aperto il cancello con le mani e l’ho lasciato aperto. Sono andato su con la macchina, quella stessa sera, a vedere che non ci fossero delle situazioni… Ho fatto il giro di quella casa (Villa Minerva, n.d.r.) e ho visto che c’erano dei lavori. C’è una stradina sterrata che va su e arriva qui dove c’è una casa. Mi sono assicurato che questa casa fosse vuota, venendo su e facendo il giro così; sono andato qua dentro, ho visto che la casa era vuota, ho rigirato la macchina e son tornato via. Poi sono tornato e ho preso questa persona qua. Quando l’avevo in macchina, ho fatto finta di… io ero in possesso di un telecomando che apriva la sbarra elettrica di un magazzino che avevo tanti anni fa, e l’avevo ancora lì così. Quindi ho fatto finta di aprire questo cancello elettrico, sono entrato nel solito vialetto, sono andato in su, ho fatto il giro come prima, però non sono andato verso la casa. Sono ritornato indietro, dove c’era un albero, e mi sono fermato in una posizione che questo personaggio non potesse scendere dalla macchina. Allora a questo punto, ah… niente, aveva incominciato a spogliarsi eh ecco, quello che ha raccontato sono balle che ha visto la pistola. Perché io non l’ho minacciato con l’arma di fare qualcosa eh… probabilmente ha sentito che avevo la pistola nel cappotto. Però, non gliel’ho fatta vedere. A un certo punto sono entrate due macchine, che io pensavo fosse la Polizia, e ho detto: qua ci siamo con tutte le valigie, e invece erano due macchine dei guardiani, che una l’hanno messa qui e l’altra l’han lasciata qui, voglio dire al centro per impedirmi di andarmene. Uno dei due è sceso, ed è venuto verso l’altro. Allora sono sceso anch’io, fermandomi a meno di un metro e mezzo da entrambi, mentre il giovanotto che era con me era rimasto in macchina e diceva a loro: guardi che questo mi vuole usare violenza… Io allora al guardiano ho detto: Ma no lasci stare, no, non è successo niente, un piccolo… equivoco, ce ne stiamo andando. Uno dei due dice allora all’altro: No no chiama la centrale. E non gliel’ho fatta chiamare. Non mi ha chiesto né chi ero, né i documenti. Mi ha detto: È lei (lei? n.d.r.) il proprietario? E io gli ho risposto di sì, mi pare che sia andata a finire così. Però quello che era con me gli diceva di no, eh? E allora chiaramente i guardiani si sono insospettiti. Io a quello che era in macchina avevo raccontato la stessa storia di quella di prima: Vieni a casa mia, la solita storia.

Bilancia avrebbe detto al trans che quella era casa sua, e allora perché non è entrato in casa visto che apriva tutte le porte?
La confessione di Bilancia fa acqua da tutte le parti, essendo una versione puerile e incredibile di un fatto drammatico. Lui dice che aveva detto al trans che quella era casa sua, ma la balla sarebbe stata smascherata in trenta secondi da una persona normale, quando invece di entrare in casa andava in macchina in camporella in un vialetto del parco.
Leggete cosa hanno verbalizzato i Carabinieri di Novi prima e la Procura poi: roba da fare venire i brividi: “Gli avevo detto che quella era casa mia, ma all’arrivo dei guardiani lui aveva detto loro che non era vero, perché non eravamo andati nella casa, ma eravamo rimasti davanti alla villa. Uno dei due guardiani stava chiamando la centrale, io gli ho detto di lasciar perdere che qua succede qualcosa e questo qua niente, e allora di nuovo lì un altro episodio di tiratore esperto, dieci colpi per fare due morti e un ferito. Allora, erano tutti e due qua e ho sparato un colpo a quello che era in piedi, mentre l’altro era seduto nella macchina rimasta ferma più avanti, più verso il Mercedes, mentre cercava di chiamare la centrale; non ho fatto caso a chi tra i due fosse il più anziano. Un colpo a quello in piedi e due a quello in macchina. E si sono accasciati per terra. Intanto questo giovanotto qua è sceso non so come, credo dalla portiera di dietro, deve essere saltato dietro, è sceso perché… Ah… no, no, io sono venuto indietro con la macchina quando ho visto arrivare le due Panda, io ho portato la macchina più indietro verso la villa, mettendomi con il muso in avanti pronto ad uscire, e così lui è potuto scendere dal suo lato. Io avevo pensato di scappare non appena i due avessero parcheggiato. Invece questo qua ha avuto la malaugurata idea di lasciare la macchina in mezzo per impedire appunto questa operazione. E allora il giovanotto che era con me è uscito dalla portiera (ma Bilancia non aveva detto che il trans non poteva uscire dall’auto perché aveva parcheggiato contro un albero? n.d.r.) ed è scappato in un cespuglio lì vicino, ed io qui gli ho sparato i due colpi che rimanevano nel caricatore. Poi ho sentito dei lamenti, ed allora avevo cinque colpi nella tasca dei pantaloni e cinque bossoli esplosi nel caricatore. Nel caricatore non ce n’erano più, allora sono andato vicino alla mia macchina, ho preso dalla tasca cinque proiettili, ho svuotato il tamburo sul tappeto della Mercedes dalla parte della guida ed ho rimesso gli altri cinque. Poi ancora un colpo per uno ai metronotte; questo qui, invece, si è alzato ed è venuto di qua, in un altro cespuglio qui; allora io gli sono andato vicino per finire anche lui, però questo ha avuto una reazione… immediata, che mi ha colto di sorpresa; e i tre colpi chissà dove son finiti… Questo qui m’è saltato proprio addosso, abbiamo avuto una breve colluttazione, non che io sia tanto forte fisicamente, durante la quale l’ho colpito qui sulla testa, comunque, col calcio della pistola. Poi ho preso la macchina che era in mezzo alla strada, l’ho portata dietro l’altra Panda e me ne sono andato. Anche qui non avevo mai visto né conosciuto il giovane che avevo caricato in macchina. L’ho preso a bordo sapendo che era un travestito, anzi proprio per questo: doveva fare la fine delle altre due. Io la zona nemmeno la conoscevo, così come quella di Albenga e Pietra Ligure: chi c’è mai stato? Naturalmente non ho mai toccato niente che appartenesse a loro, per non lasciare delle impronte. Mi pare che anche in questo caso ci fosse un telefonino C’era un telefonino anche in questa situazione – mi pare – che poi ho buttato via. Quanto agli indumenti, aveva una pelliccia di colore chiaro sicuramente di poco valore; mi pare avesse lasciato anche gli stivali e credo la borsetta, quelle cose lì, e il telefonino. Tutto dev’essere finito sempre qua a Genova, però buttati nei vari contenitori dell’immondizia dopo essere stato accuratamente inserito in vari sacchetti, non certo vicino a casa mia. Le operazioni di confezionamento le ho fatte in macchina. Il telefonino pure l’ho buttato, non l’ho dato a nessuno”.

Balle a ripetizione, e gli inquirenti gli hanno creduto!
Bilancia continua raccontando balle ciclopiche che chiunque avrebbe potuto smontare ma i Carabinieri di Novi (e sappiamo chi ha condotto l’interrogatorio che oggi non è più nell’Arma perché si è subito congedato dopo la conclusione delle indagini) prima e gli inquirenti della procura poi gli credono!
“È finito in un sacchetto nei contenitori della spazzatura. Che poi qualcuno l’abbia trovato e ne ha fatto un uso differente… ma non penso nemmeno che possa essere successo perché il telefonino io l’ho rotto. Non mi sembrava un telefono a scheda, ora non saprei dire. Mi sembra però che l’ho buttato in un sacchetto davanti a casa mia, perché l’ho visto per ultimo. Cioè, quando ho raccattato questa roba qua che si trovava nel vano posteriore, che ho fatto tre sacchetti mi pare, non mi ero accorto di sto’ telefonino, di cui mi sono accorto quando ero sotto casa che stavo parcheggiando. Allora l’ho preso, l’ho scassato e l’ho messo, in un sacchetto, in un contenitore lì. Non era tardissimo, potevano essere le due, forse. Però non mi ricordo molto bene. Dopo questo fatto ritenevo chiaramente che meno circolasse questo Mercedes meglio fosse per me… Quando sono andato via, infatti, sapevo che il travestito era rimasto in vita, e così… Ho pensato di tenere fermo per un po’ il Mercedes. E sono andato a rubare un’autovettura, in corso Gastaldi, ora non ricordo il numero civico; io non sono capace a rubare un’auto, quindi era necessario trovare un’auto con le chiavi a bordo. E ho rubato questa station wagon, una Escort oppure una Opel, boh, qualcosa del genere, di colore chiaro… Io quando faccio queste cose qua, anche quando rubo, non uso mai le mani. Difatti probabilmente sull’autovettura del guardiano notturno non sono state trovate assolutamente impronte, perché io non ho toccato, ho aperto la porta così, con le nocche delle dita. E poi nemmeno all’interno ho toccato niente…”
Pochi altri particolari, infine, li fornisce negli interrogatori del 7 giugno e del 4 dicembre: “Preciso che non mi sono mai sporcato di sangue, tranne che nell’episodio della Barbellotta. Lì m’ha sporcato la camicia, penso, il ragazzo che era con me. Ho buttato via anche la camicia e il cappotto, perché era pieno di fango. Avevo un cappotto blu, tra le altre cose era di cachemire e mi spiaceva proprio buttarlo via, però era pieno di fango; anche le scarpe ho buttato via, tutto il vestiario della Barbellotta… Il cappotto blu no, non può essere stato trovato perché l’ho buttato via. E quello risale alla Barbellotta, così come la giacca e così come la camicia, bianca. Perché era tutta roba macchiata. La camicia era macchiata di sangue sicuro, e viceversa, invece, scarpe e… tutto quanto ho buttato via, tutto, perché era tutto infangato… Cioè anche ‘sto fatto qua, se dico che sono sempre stato da solo è perché così è. Ma poi, i riscontri, insomma alla Barbellotta c’è uno che è vivo, che lo può confermare… Quanti eravamo? Ero solo. E a Ventimiglia, ecco quanti?… Solo. E sui treni, solo. E là, solo. Allora, insomma, sarà abbastanza comprensibile che questo qui è un uomo che agisce da solo, anche sulla scia di tutte ste’ notizie che arrivano eh… E se, allora, non ci facciamo influenzare da niente, da nessuno, portiamo avanti a termine una storia che dal punto di vista giuridico non lascia dubbi. Io l’ho detto. L’unica cosa che non voglio è coinvolgere persone che sono a me state vicine, punto. Però tutto quello che posso fare per la chiarezza dei fatti lo faccio. Quante volte lo devo dire, non lo so. Insomma mi sembra che questo sia un dato registrato, no?…”.

Questa è una tragica burletta.
Ma noi andiamo avanti dopo 25 anni di indagini giornalistiche (2 – continua).

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