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LA SANITÀ CAMBIA VOLTO NELLA NOSTRA PROVINCIA

Alessandria (a.g.) – La protesta del “Presidio Sanità” a Casale non deve sorprenderci. Sono quasi 120.000 gli utenti del nuovo distretto sanitario Casale – Valenza previsto dal piano di riordino della Regione Piemonte targato Saitta. I distretti dell’Asl Alessandria erano sette: Alessandria, Tortona, Casale Monferrato, Valenza, Novi Ligure, Ovada e  Acqui Terme, mentre ora sarebbero quattro con gli accorpamenti di Casale e Valenza appunto, poi di Tortona e Novi, Acqui e Ovada. In ordine di grandezza abbiamo Novi-Tortona con 135.000 utenti, Alessandria con 124.000, Casale-Valenza con 115.000, Ovada- Acqui con 71.000 utenti distribuiti però su un territorio montuoso con comuni raggiungibili per strade difficili da percorrere. Ed è proprio nelle due città periferiche, Casale e Acqui, che esistono i problemi maggiori. In particolare per Acqui, a causa della conformazione del territorio e della distanza per cui occorrono dai trenta minuti ai tre quarti d’ora per raggiungere il capoluogo. Anche Casale ha i suoi problemi: è città monferrina con una realtà particolare del tutto avulsa dal resto della provincia. Insomma, quando quel burlone di Urbano Rattazzi, nel 1859, istituì la provincia di Alessandria puntando il compasso nel centro della sua città sulla carta geografica e disegnando un’area che comprendeva ben cinque province e cioè quelle di Tortona, Casale, Asti, Acqui e Novi, quest’ultima sottratta alla divisione di Genova, mise insieme realtà talmente diverse che se un novese va a Casale e parla nel suo dialetto non lo capisce nessuno. Quell’errore non è mai stato corretto e la nostra provincia è un insieme di tante realtà territoriali, culturali e storiche completamente diverse fra di loro. Casale è monferrina, Acqui è ponentina, Novi è ligure, Tortona e Valenza sono lombarde e Alessandria è un misto tra Lombardia e Piemonte. Ed è proprio la nostra provincia a creare i maggiori problemi all’assessore alla sanità piemontese Antonio Saitta che, mentre nelle altre aree della regione ha più o meno messo a posto le cose, qui da noi è un problema continuo, con Tortona che non vuole perdere il reparto neonatale, Acqui che rivendica la cardiologia e Casale che protesta perché il suo nobile nosocomio sta subendo un progressivo depauperamento, con riduzione degli addetti e declassamento dei reparti. Della realtà alessandrina, pertanto, dovrà tener conto la Regione per realizzare un piano sanitario che non stravolga l’esistente in una provincia complessa e con necessità proprie e completamente diverse da quelle di altre province piemontesi.

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