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L’Intelligenza Artificiale ha quasi due secoli, non è nata ieri

di Giusto Buroni – Da un mese non c’è Telegiornale che non parli dell’Intelligenza Artificiale. Anche quando è chiaro che l’espressione si usi al posto del buon vecchio Computer, non è dato sapere il motivo di questa sostituzione e così sembra giunto il momento di raccontare, da “Testimone Oculare” della nascita del fenomeno col mio punto di vista sulla “Transizione all’Intelligenza Artificiale” (prima che qualche decreto governativo arrivi a confondere le idee dei lettori).

Anche la cultura scientifica è in mano a cani e porci ignoranti e presuntuosi
Oltre due secoli (1815) sono trascorsi dalla nascita della (prima) figlia del poeta Lord Byron (1788-1824): Ada Lovelace. Nella sua breve vita (morì a Londra a 37 anni) la brillante matematica aveva studiato e definito l’algoritmo che avrebbe potuto far funzionare la “Macchina Analitica” (calcolatrice meccanica) ideata, ma mai realizzata, da C. Babbage (1791-1871). Circa un secolo dopo Alan Turing (1912 – 54) constatò che la sua macchina per la decodifica di Enigma (il codice segreto tedesco che egli violò per conto dell’Intelligence inglese) era molto simile a quella descritta negli appunti di A. Lovelace. I due matematici, accomunati dal progetto di computer (meccanici) e dalla morte prematura, sono quindi i fondatori dell’Informatica e, di fatto, gli “inventori” del Computer e della Intelligenza Artificiale (AI nel seguito); che perciò non è invenzione di oggi, bensì dei due secoli precedenti, anche se allora era praticabile da veri geni, mentre oggi, grazie alla Tecnologia Elettronica (e all’algebra di Boole), è alla portata di cani e porci, compresi Capi di Stato e Ministri, ma soprattutto Manager di Stato, i quali hanno individuato nei “Supercomputer”, che si sono affrettati ad acquistare, una nuova micidiale arma per il condizionamento e l’assoggettamento della società: chi ha un Supercomputer ha l’AI e quindi il Potere di decidere le sorti dell’Umanità.

La scienza moderna in mano al potere finanziario
Anche i più piccoli servizi che ci eravamo abituati a demandare al computer negli ultimi 30 anni, assurgono al rango di Intelligenza Artificiale, grazie a ingegnosi Algoritmi, che altro non sono che i vecchi “programmi” (o App), perfezionati e normalizzati per adattarsi a un hardware di AI. L’argomento AI è oggi all’ordine del giorno, perché il suo software (ora chiamato sempre “Algoritmo”) e il suo hardware (che oggi comprende la Robotica) cominciano a essere visti con sospetto e apprensione da quei giornalisti-sociologi che si arrogano l’esclusività del diritto di addormentare le menti (con informazioni addomesticate) e di sorvegliare sull’adeguatezza, in numero e in specie, dei posti di lavoro. Sarà utile quindi ricordare ai giornalisti-sociologi, che se stanno individuando un pericolo per la superiorità dell’intelligenza umana e per i posti di lavoro “di concetto”, sono in ritardo di un paio di secoli e, come per il “riscaldamento globale”, possono solo prenderne atto, cercando di limitare (e riparare) gli inevitabili danni, senza pretendere di eliminarne le cause, ormai impossibili da isolare e da estirpare.

Geni italiani dimenticati
Siamo stati inconsapevoli testimoni dei primi passi dell’AI, avendo seguito negli anni ‘60 e ‘70 corsi, conferenze e trasmissioni televisive in cui si presentavano come “conquiste future della Scienza Informatica” prestazioni che oggi ci sembrano alla portata di qualunque smartphone e indispensabili per la normale vita sociale, ma che a quel tempo si trovavano allo stato di “bozza di algoritmo”, in attesa d’una tecnologia elettronica impegnata a migliorare di milioni di volte sia la velocità di elaborazione che la capacità di memorizzazione dei dati. Tre personaggi in particolare, oggi praticamente dimenticati, ci informavano allora – in Italia – dei progressi e delle promesse d’una scienza che ancora stentava a trovare una denominazione: il filosofo Silvio Ceccato (1915 – 97) fondatore della Cibernetica; l’ingegner Marco Somalvico (1941 –  2002) padre della Robotica, il professor Gianni Degli Antoni (1935 – 2016; nella foto a lato) titolare del Dipartimento di Informatica all’Università Statale di Milano.

Profezie nefaste
Nel corso di una storica conferenza al Politecnico fummo stupiti (restando anche un po’ scettici) all’annuncio che “presto” sarebbe stato possibile, in tempo reale:

  • riconoscere e riprodurre le calligrafie, le immagini, le note musicali di uno spartito;
  • tradurre da ogni lingua o dialetto in ogni altra lingua o dialetto- ottenere dal computer opere di letteratura, musica, pittura, saggistica, filosofia, sceneggiature, composte nello stile dell’artista preferito;
  • diagnosticare malattie e prescrivere cure e interventi sulla base dell’anamnesi e dei sintomi denunciati dal pazienti;
  • emettere sentenze penali sulla base dei dati raccolti durante le indagini e del confronto con delitti analoghi;
  • gestire l’occupazione dei posti letto in grandi alberghi o catene di alberghi;
  • idem per i posti letto di grandi ospedali e per la prenotazione di visite specialistiche;
  • gestire la prenotazione di posti in cinema, teatri e altri locali per grandi eventi;
  • idem sui mezzi di trasporto;
  • gestire i servizi postali e jl reperimento e consegna degli acquisti on-line;
  • gestire il traffico dei mezzi di trasporto commerciali (merci o passeggeri): aerei, navi, treni, autobus in porti, aeroporti, stazioni ferroviarie, scali;
  • eseguire operazioni chirurgiche meno invasive;
  • sviluppare mezzi di trasporto a guida autonoma;
  • restaurare o colorare vecchi film (in B/N);
  • modificare (vecchie) immagini, anche in movimento, in modo da cambiare fisionomia e acconciature dei personaggi;
  • riconoscere volti e impronte digitali per confronto con schedari;
  • migliorare le previsioni meteorologiche e climatologiche;
  • aumentare l’efficienza e la precisione nelle applicazioni spaziali;
  • elaborare strategie vincenti per giochi complessi, dagli Scacchi al Risiko;
  • gestire in generale sistemi molto articolati, con o senza periferiche robotiche e con una grande mole di dati,

Fino a prova contraria andiamo avanti… e le pandemie?
Molte di queste promesse in circa 60 anni sono state mantenute, almeno parzialmente, altre se ne sono aggiunte nel frattempo (stranamente non s’è mai parlato fino a oggi della gestione dei dati d’una pandemia, che invece interesserebbe tutte le funzioni d’una AI); nessuna promessa s’è ancora dimostrata impossibile da mantenere, e ciò incoraggia a proseguire su questa strada, possibilmente migliorando l’efficienza per anticipare il raggiungimento dell’obiettivo, come per tutte le imprese affrontate dal Genere Umano.
Prima di analizzare (i principali) vantaggi e svantaggi dell’AI, definiamo alcuni termini tecnici usati fino a questo punto (si dà per scontata la conoscenza del significato di parole quali “computer” e “hardware”,  “programma” e “software”, “robot”).

  • Intelligenza Artificiale (AI): termine adottato ufficialmente dalla comunità scientifica nel 1956 al Dartmouth College del New Hampshire (GB);
    • (definizione Treccani): Disciplina che studia se e in che modo si possano riprodurre i        processi mentali più complessi mediante l’uso di computer, cercando da un lato di avvicinare il funzionamento dei computer alle capacità dell’intelligenza umana, dall’altro usando le simulazioni informatiche per fare ipotesi sui meccanismi utilizzati dalla mente umana;
    • (definizione di Marco Somalvico): Disciplina dell’informatica che studia i fondamenti teorici, le metodologie e le tecniche che consentono la progettazione di sistemi hardware e sistemi di programmi software capaci di fornire all’elaboratore elettronico (computer) prestazioni che a un osservatore comune sembrerebbero essere di pertinenza esclusiva dell’intelligenza umana.
  • Macchina Analitica di Charles Babbage: macchina calcolatrice caratterizzata dalla “programmabilità” (derivata dai grandi telai automatici per tessitura, controllati da Schede Perforate, che costituiscono il Programma); è formata dai tre sottosistemi che si ritrovano anche nei moderni computer:
    • Unità aritmetica per eseguire i calcoli;
    • Unità di controllo per fissare l’ordine delle operazioni da eseguire;
    • Unità di memoria per depositare i dati e le istruzioni suscettibili di essere elaborati.
  • L’hardware della Macchina Analitica, tutto meccanico (ruote dentate, leve, ingranaggi), sarebbe stato costituito da 5.000 ruote dentate e 200 accumulatori di dati (o “memorie”) composti di 25 ruote collegate tra loro, in grado di svolgere un’addizione al secondo. Un nastro perforato (come quello usato nei telai e nelle più recenti macchine “a controllo numerico”) guida va la macchina nelle operazioni secondo un programma predefinito, che variava dunque cambiando solo il nastro e nessun altro hardware.
  • Algoritmo (defin. Google): successione di istruzioni o “passi” che definiscono le operazioni da eseguire sui dati per ottenere i risultati; si distingue dal Programma solo perché quest’ultimo deve essere scritto in un linguaggio comprensibile dalla macchina, mentre l’algoritmo (che genera il programma) richiede un linguaggio comprensibile da qualunque operatore, anche non specializzato.
  • Cibernetica: in breve, si potrebbe definire come “la scienza dell’hardware utilizzato dall’AI”, ma l’Oxford Dictionary per esempio la definisce così: “Scienza che studia (e realizza) dispositivi e macchine capaci di simulare le funzioni del cervello umano, autoregolandosi per mezzo di segnali di comando e di controllo in circuiti elettrici ed elettronici o in sistemi meccanici”. Comprenderebbe eventuali Robot.
  • Robotica: lo stesso Oxford Dictionary la definisce come “Parte della cibernetica che si occupa dello studio, della costruzione e dell’impiego dei robot”.
  • Informatica (da Wikipedia): trattamento dell’informazione mediante procedure automatizzate, avendo in particolare per oggetto lo studio dei fondamenti teorici dell’informazione, della sua computazione a livello logico e delle tecniche pratiche per la sua implementazione e applicazione in sistemi elettronici automatizzati, detti quindi Sistemi Informatici.

Una grande confusione (voluta) per non far capire niente
Da queste informazioni sommarie si dovrebbe poter dedurre che l’Intelligenza Artificiale è un notevole passo avanti del contributo dell’elettronica digitale (e del software associato) al miglioramento delle condizioni di vita dell’Umanità. Nello stesso tempo però non sembra che la transizione tra computer e Intelligenza Artificiale sia così rivoluzionaria quanto quella tra tecnologia analogica e digitale; sembra piuttosto un’evoluzione “naturale” della tecnologia digitale favorita da un eccezionale miglioramento dell’hardware basato sull’elettronica (e non più sulla meccanica), che ha ampliato la velocità di calcolo e la capacità di memoria, e ridotto gli ingombri al punto che si possa alloggiare comodamente in un ufficio ciò che 40 anni fa non si poteva contenere in una stanza lunga 30 metri. E infatti molte delle prestazioni che oggi si attribuiscono (un po’ repentinamente) all’AI si cominciavano a ottenere dai computer di allora praticamente con lo stesso algoritmo, ma con i programmi adatti all’elettronica del tempo (che oggi ci sembra lentissima). E si ha proprio l’impressione che gran parte dell’attività di AI recente consista di questo perfezionamento di algoritmi e adattamento di programmi per permettere di trattare la maggiore quantità possibile di dati.
Questa parte di AI che viene dal riciclo di vecchi programmi è la meno “nobile”, perché manca delle due caratteristiche che costituiscono la vera novità dell’AI (e che forse ne hanno ritardato fino a oggi l’ingresso ufficiale nel mondo dell’Informatica): la scelta e l’apprendimento autonomo di algoritmi esistenti e la creazione anch’essa autonoma, ma sperabilmente monitorata e correggibile, di algoritmi nuovi per produrre oggetti o compiere azioni non espressamente richiesti da un controllore umano, ma ritenuti necessari dal sistema di AI.

Mazzette ai giornali di regime
Questa è forse l’ultima prerogativa dell’AI, non eliminabile se si vogliono riprodurre tutte le facoltà dell’intelletto umano, che in questi giorni sembra assillare “esperti” e “visionari” (filosofi e sociologi) e disorientare giornalisti (e politici) che, come sempre in questi casi, proporzionalmente all’ignoranza in materia, che descrivono gli scenari più catastrofici (anche a livello “globale”). Il robot (umanoide con Intelligenza Artificiale “avanzata”) ribelle o impazzito che finora è stato protagonista di romanzi e film di fantascienza, deve essere scongiurato e bloccato sul nascere, perché, come in tutti i casi di “invenzioni” a diffusione universale, è chiaro che ci si deve premunire contro i rischi di danni universali irreversibili. La strategia (scientifica) migliore è quella di imparare da vicende pregresse che siano il più possibile simili a questa, ma con la convinzione che un problema scientifico deve essere gestito e risolto da un vero scienziato e meno che mai da un politico (soprattutto se anche sedicente scienziato).
Non dovrebbe essere difficile per i vari “garanti” specificare protocolli per inserire in ogni algoritmo (interessato alle “decisioni autonome”) dei “passi” di esecuzione che ne impediscano automaticamente l’uso se si verifichi che possano violare una o più norme di etica, di privacy, di rischio morale o materiale e di quant’altro possa trasformare in un killer (morale o materiale) la macchina dotata di AI. Più difficile, ma non impossibile, è impedire che un qualsiasi dittatorello o manager di Stato si serva d’una macchina intelligente, in regola con tutte le norme di sicurezza, per raggiungere i propri scopi criminosi. Per esempio, sembra impossibile impedire a un innocente sistema AI di posta elettronica in mano a un manager senza scrupoli di distribuire mazzette a pioggia ai direttori di giornali per pubblicare fake news in favore di alcune attività sospette (e per fingere di non vedere le documentate richieste di smentita dei veri esperti).

Le balle di ENI
Proprio per evitare abusi nella diffusione di notizie, si potrebbe, per esempio, istituire un servizio internazionale centralizzato (a livello ONU o simili) basato su AI, cui sottoporre obbligatoriamente di volta in volta notizie di interesse mondiale da filtrare o addirittura smentire pubblicamente, se è il caso, prima che se ne faccia una pubblicazione ufficiale che potrebbe danneggiare l’immagine e la reputazione di chi le ha originate. Non apparirebbero più su tanti giornali, all’apparenza rispettabili, notizie dall’ENI (direttamente dal suo acclamato CEO Descalzi) scandalosamente false, eppure di autorevolissima fonte, del tipo: “La sorgente di energia a Fusione Magnetica impiega come materia prima, inesauribile, l’acqua, anche di mare, rendendo i Paesi Poveri, come quelli Africani, indipendenti dal gas (russo)”; diffusa svariate volte e in vari modi, dal giugno 2022 al marzo 2023 e ripresa senza esitazioni né commenti da moltissimi giornali e TV.
Ecco come funzionerebbe: ricevendo per approvazione una notizia del genere, l’AI individuerebbe, pur con qualche difficoltà, che si tratta di una Centrale Termoelettrica a Fusione Nucleare (finora solo immaginata) e scoprirebbe (magari su Wikipedia) che la sua materia prima è una miscela di isotopi Deuterio-Trizio, solo il primo dei quali si trova nell’acqua (anche di mare) ma il secondo è così raro da dovere essere presto sostituito. A questo punto, se ben programmata, l’AI adibita a questo compito potrebbe già riconoscere di trovarsi di fronte a una colossale asinata (millanteria) e, se interrogata, o anche autonomamente, suggerirebbe al cliente non solo di censurarla, ma di pubblicare una solenne rettifica (in cui si evidenzi che la Materia Prima non è assolutamente alla portata dei Paesi Poveri che non si siano dotati delle necessarie tecnologie per separarla).

I robot non ruberanno posti di lavoro
La critica che in prospettiva viene più frequentemente mossa all’AI è di sottrarre per sempre una cifra spropositata di posti di lavoro agli Umani. È la solita critica che appare quando si inventa qualcosa che facilita o addirittura fa scomparire certe professioni ed è mossa da chi non si rende conto che il lavoro è fatica, fisica, nervosa o mentale, e anche rischio di infortunio mortale, e che l’intelligenza umana si impegna fin dalla notte dei tempi ad alleviare la fatica, almeno quella muscolare o nervosa, e il rischio di infortunio, sostituendo l’energia fisica spesa dall’uomo con quella spesa da strumenti/attrezzi inventati dall’Uomo grazie all’Intelligenza (finora Umana). Ma gli strumenti/attrezzi evidentemente non nascono da un seme, né cadono con la pioggia e quindi chi li ha ideati (umano o “artificiale” che sia) deve anche fabbricarli, e poi farli funzionare efficientemente, farne la manutenzione e alla fine della loro vita disporre di essi in modo che non possano nuocere al cosiddetto “ambiente”. Ed è proprio questa evoluzione delle infrastrutture e la loro vita non infinita che dovrebbe far capire che l’Uomo per sopravvivere e poi vivere sempre meglio sarà per sempre occupato a ideare, utilizzare e sistemare qualche cosa di nuovo (attrezzo); e sarà anche occupato a nutrirsi convenientemente e a vestirsi sempre meglio (proteggersi dal freddo nonostante il cambiamento climatico), a migliorare le condizioni di vita della propria famiglia e della Comunità; e ad assistere i propri vecchi in modo che vivano sempre più a lungo e in buona salute, soprattutto mentale. Tutto ciò se sarà abbastanza saggio e “umano” da capire che è invece bestiale muovere guerra al vicino solo perché occupa parte dello spazio considerato “vitale”; e che la guerra può sì creare ricchezza e posti di lavoro, ma ingiustamente e a vantaggio di pochi, che non accettano di spartire con altri le risorse di cui riescono a disporre. Quindi, se si deciderà finalmente di “robotizzare” le miniere, o le fonderie o le centrali nucleari, ci si risparmi la solita lagna che tanti minatori e operai resteranno senza lavoro; e si addestrino da subito tanti giovani tecnici e tanti bravi operai specializzati che, aiutati dagli ex-minatori e ex-operai, costruiranno e faranno funzionare nel miglior modo possibile schiere di robot e macchine robotizzate. E per quanto riguarda strettamente l’AI, non si pensi che funzioni autonomamente: ci si convinca che non saranno mai abbastanza i bravi progettisti di modelli matematici e di algoritmi, soprattutto quelli che si preoccuperanno di eliminare i problemi di sicurezza e di riservatezza descritti sopra e che dovranno contrastare le azioni degli hacker che saranno a loro volta sempre più numerosi e più abili. E se ancora qualcuno si lamenterà che questi nuovi lavori nuoceranno alla salute perché più “sedentari” dei precedenti, non si rimandino i minatori in miniera, ma si insegni alle nuove leve a praticare più sport e a frequentare (nel tempo libero) palestre e piscine; anche queste attività creeranno la necessità di sviluppare attrezzi ginnici sempre più ingegnosi ed efficaci e non lasceranno nessuno in ozio o disoccupato. E quando infine si ridurranno gli orari di lavoro per i “creativi” dell’AI, che non possono certo “inventare” continuamente per 180 ore al mese, aumenteranno anche le esigenze di cultura e “svago” (sport, arte, turismo), che faranno crescere le opportunità di lavoro (previa “formazione”) per artisti, sportivi, istruttori e professori. Insomma si può immaginare un mondo simile a quello descritto in ”The Time Machine” di Wells, in cui però gli schiavi che lavorano nel sottosuolo saranno tutti sostituiti da schiere di disciplinati e ordinati robot.

Le balle di certi climatologi diplomati in agraria
Insomma, mentre le (cosiddette) Energie Rinnovabili ipocritamente non fanno che spostare la medesima quantità di inquinamento (e di morte) dai Paesi più ricchi a quelli più poveri, l’Intelligenza Artificiale e la Robotica potrebbero contribuire a ridurre ovunque la povertà e la schiavitù; purché i Padroni del Mondo (e quindi anche dell’AI e della Robotica) lo consentano, evidentemente. Per l’AI non c’è certo da preoccuparsi più di quanto non sia accaduto quando le automobili e i camion hanno soppiantato carretti e cavalli, nonostante il cambiamento sia più sensibile anche dal punto di vista culturale. In conclusione, questa transizione si prospetta come una buona cosa, che può essere trasformata in cattiva, come sempre, solo dalla malafede e dall’ingordigia dei padroni del mondo e dei loro più vicini collaboratori e consiglieri.

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