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GOLOSO È CHI MANGIA, NON CHI È MANGIATO

di Andrea Guenna – Il declino della nostra civiltà si manifesta anche con l’imbarbarimento della nostra bella lingua, la più bella e completa del mondo. La grammatica è saltata per aria come la sintassi, il congiuntivo è costantemente violentato se non ignorato, le declinazioni stravolte come le coniugazioni dei verbi. Per esempio, quando iniziano le scuole si sente dire e si legge che “suona la campanella”. Ma quale campanella? Quella del convento che annuncia l’apertura del capitolo? No, pare che sia il vecchio caro campanello elettrico che suona all’inizio e alla fine delle lezioni, e alla fine e all’inizio dell’intervallo che, in quanto elettrico fa driiin e non din don. Quindi campanello e non campanella. Non parliamo dei modi dire completamente stravolti e degli aggettivi inventati come quando si sente dire di un tizio anziano un po’ rattrappito che è “caraffato” o “carafatto” il che non significa niente perché storpiatura di “catafratto” che era un cavaliere con l’armatura pesante evidentemente impacciato nei movimenti. Emblematico inoltre il fatto che, mentre una volta si diceva che una persona irreprensibile poteva “andava a testa alta”, oggi si dice, sbagliando, che ha “la schiena diritta”, con un significato opposto a quello che si vuole esprimere in quanto, avere la schiena diritta significa essere un fannullone che non ha mai faticato, che non ha mai lavorato. Come quelli che sanno male l’italiano e l’inglese ma nel dubbio fanno capo al secondo e storpiano il primo. Per esempio, parlano di preziosità mentre in italiano si dovrebbe dire pregio, oppure di emozionale, mentre in italiano si dovrebbe dire – distinguendo – emotivo od emozionante. Poi nascono nuovi aggettivi del tutto impropri come quello che tizio è una persona solare invece di aperta, gioviale, simpatica, in quanto di solare ci sono le fasi e i pannelli fotovoltaici. Non è finita perché ci sono anche sono quelli che al fruttivendolo o al cameriere chiedono delle zucchine che in verità sono zucchini. Infatti la zucchina è una particolare qualità di zucca, più piccola, mentre lo zucchino è un’altra cosa, completamente diversa e, anche se diventa molto grande, non sarà mai una zucca. Insopportabile poi la mania dei nomi esotici, come nel caso di quelle mamme che chiamano le bambine Andrea che è il nome più maschile in assoluto perché deriva dal greco andros che significa “uomo forte, guerriero”. Ma anche chi ha studiato ormai si lascia risucchiare nel gorgo dell’ignoranza dilagante come i magistrati che non hanno mai protestato per l’aggettivo o pronome deverbale “indagato”. Infatti il verbo indagare è intransitivo, ma le cancellerie lo usano (meglio, ne abusano) in senso transitivo: “il registro degli indagati”, “io indago lui”, “lui è indagato”. Dovrebbe dirsi invece il registro degli inquisiti: “io inquisisco te”, “lui è inquisito”, proprio perché inquisire, a differenza di indagare, è transitivo. E che dire di quei politici e di quei giornalisti che chiamano Consulta la Corte Costituzionale? Ignoranti! Dovrebbero sapere che la Consulta era un organo consultivo della Chiesa e risiedeva nel palazzo che oggi è occupato dalla Corte Costituzionale che, tuttavia, non può essere una consulta, proprio perché è il massimo tribunale del Paese quindi un organo deliberante. Ma loro leggono “Palazzo della Consulta” e sono convinti che la Suprema Corte sia un organo consultivo. Poi ci sono quelli che scambiano l’aggettivo “alcuno” con “nessuno”. Stiamo parlando dell’italiano e non del francese dove si usa sempre aucun che, tradotto in italiano, dà sia “alcuno” che “nessuno”, a seconda dei casi. Se in coppia con l’avverbio “non” in italiano la forma corretta è solo quella con nessuno: “Io non ho nessun problema a spostarmi”, e non invece: “Io non ho alcun problema a spostarmi”. Non parliamo poi di quelli che confondono l’accento con l’apostrofo: “Dammi un po’ di pane” diventa per loro: “Dammi un pò di pane”. Perfino molti laureati sbagliano, a dimostrazione che la laurea non fa diventare colti perché la cultura si acquisisce in famiglia (ma, ahimé, la famiglia è esplosa) o, se la famiglia non basta, si dovrebbe imparare al liceo, ma oggi non è quello di una volta che favoriva una formazione armoniosa e culturalmente completa. Come diceva, credo, lord Brummel, è dai particolari che si distingue un signore, ed io aggiungo: una persona colta. Per questo motivo quelli che usano impropriamente l’accento non sanno che “po’ ” vuole l’apostrofo in quanto forma apocopata (da apocope) di poco. E da apocope deriva, appunto, apostrofo. Temo che ci abbiano rovinato le lingue straniere, soprattutto il francese e l’inglese che hanno inquinato l’italiano. Per esempio molti credono che il pronome inglese you significhi “tu”, mentre può significare anche “voi”. Alla Regina ci si rivolge con you ma in questo caso è un “voi”, ovviamente. Questo errore, a noi italiani che siamo esterofili, ha creato un sacco di confusione per cui, volendo imitare i sudditi di Sua Maestà, non sappiamo più quando salutare con ciao o con buongiorno e buonasera. Per tagliare la testa al toro oggi si saluta sempre più frequentemente col generico buona giornata – o buona serata – che va bene sia col tu che col lei (voi in inglese). Insomma, pur essendo eredi legittimi della lingua più bella e completa del mondo, importiamo termini linguistici dai barbari e li mescoliamo ai nostri. Usiamo la lingua degli altri e non ci rendiamo conto di quanto sia bella la nostra. E i barbari, alla fine, siamo noi. Siamo talmente autolesionisti che offriamo noi stessi in pasto quando diciamo che uno yogurt, un biscotto, una brioche sono golosi, dimenticando che l’aggettivo goloso si attribuisce a chi mangia e non a chi è mangiato, per cui, se il biscotto è diventato goloso ha verosimilmente subito una mutazione tale per cui, invece di essere mangiato mangia. Chi? Ovviamente chi prima era goloso perché mangiava il biscotto, un biscotto che può essere, non goloso, ma solo gustoso, saporito, stuzzicante, appetitoso, come anche lo yogurt e la brioche. Mentre noi che mangiamo, solo noi siamo golosi. Purtroppo. E ingrassiamo.

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