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ALESSANDRIA NON DEVE DIVENTARE LA VACCA DA MUNGERE PER I SOLITI NOTI

Non è assolutamente vero che i 34 milioni (pari a circa 68 miliardi di vecchie lire!) arrivati per il restauro ed il riutilizzo della Cittadella siano insufficienti alla dovuta. Noi non ci siamo battuti a favore della nobile fortezza per poi prostituirla facendola partecipare al saccheggio nazionale, che in questi ultimi decenni ha creato in moltissime città italiane vere isole di infamia e ladrocinio di lavori infiniti, come Pompei, la reggia di Caserta, il Mose e gli altri mille interventi mai terminati come la metropolitana di Milano o quella di Roma iniziata nel 1937. Poi c’è gente che ancora vive in baracche dopo il terremoto del Belice costato ingentissime somme di denaro pubblico.
Ad Alessandria, prima ancora di vedere i quattrini promessi, sono già cominciate ferocissime risse di sottobanco condotte con silente, ma feroce spietatezza cardinalizia. Il giorno in cui i soldi arriveranno davvero sarà possibile vedere il sangue scorrere sullo scalone del Municipio.
Ci si chiede poi come si può dire che i soldi a disposizione siano insufficienti ancor prima di sapere cosa si vuole fare. Per poterlo affermare con tanta sicurezza hanno evocato lo spirito di Agrippa, sommo architetto del Panteon, o sono andati a consultare il settimino di Cessole o i ben noti ricchi locali, desiderosi di rientrare nel gioco dopo avere perso l’occasione non avendo per ignoranza capito assolutamente nulla della Cittadella?  È vero che la nostra fortezza, che si estende per ben 70 ettari, ha 114 000 metri quadrati coperti che lasciano passare la pioggia, ma i costosissimi materiali d’epoca che li compongono sono ancora del tutto presenti con milioni di tegole e gigantesche travi. Basterebbe quindi, una volta tanto, evitare di comportarsi secondo le italiche tradizioni, proprie dei lavori pubblici.
Ad esempio, i restauri dei tetti di vecchi edifici spesso sono stati pagati una volta per la demolizione, un’altra volta per la rottamazione delle preziosissime tegole da trasferirsi in discarica, una terza volta quando le stesse tegole venivano riacquistate a peso d’oro ed una quarta volta per rimontare il tetto.
È chiaro che agendo così i denari non basteranno mai.
Lo stesso vale per i restauri alla moda come quello della Cittadella proposto qualche tempo fa dall’architetto Comollo di Torino che prevedeva di alzare i tetti, rifare le facciate interne in vetro ed in pratica fingendo di restaurare l’austera fortezza ma in realtà demolendola.
Sarebbe pure un illusorio spreco il fare di Alessandria “la Città della musica” specie in una località che non ha nessuna tradizione di questo tipo. Sarebbe un fallimento economico totale. Si è trascurato in questo caso che nei 70 ettari della Cittadella ci stanno più che comodamente tutti i principali auditorium d’Europa.
Per l’ente pubblico pure assai pericolosa è l’attuale “interpretazione creativa” delle leggi, onde evitare che i lavori di restauro siano bloccati ancora prima di cominciare.
Dai tetti, che come abbiamo visto sono dissestati, in caso di vento piovono anche tegole: evento non positivo per i visitatori nonché per chi, non assicurato, dovrà pagare i danni. A quanto ci risulta non c’è nessun permesso di agibilità e, probabilmente, nessuna assicurazione disposta a coprire questo tipo di rischio.  La sistemazione dei tetti deve essere pertanto spesa prioritaria.
Sarebbe poi opportuno che chi parla o scrive sulla Cittadella, oltre ad uscire dalle mura cittadine per seguire le vicende dell’Alessandria calcio, andasse all’estero a vedere come sono state utilizzate fortificazioni analoghe alla nostra, seppure di gran lunga meno belle, meno maestose, meno conservate e meno citate sui libri di architettura militare di tutto il mondo.

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