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Novi è senz’acqua… ma va?

Novi Ligure (Franco Traverso) – Siamo stati facili profeti quando abbiamo scritto che a Novi, città piazzata sull’acqua (se si fa un buco per terra profondo tre metri si trova l’acqua e si può fare un pozzo), da trent’anni, nel periodo più caldo, tra luglio e agosto, l’acqua scarseggia, o perché non arriva, o perché è inquinata e si ricorre alle autobotti per distribuirla ai novesi. Come in Afghanistan. E i cambiamenti climatici non c’entrano un tubo. Oggi è uscita un’ordinanza di divieto dell’uso di acqua corrente per alimenti, a causa dell’inquinamento da batteri colifecali (tradotto: cacca), per cui i “Trina al comando” provvederanno alla distribuzione di sacchetti, appena saranno pronti (chissà, forse, staremo a vedere, che dio ce la mandi buona, vai avanti tu che a me vien da ridere, non capisco ma mi adeguo), oltre a ricorrere alle tradizionali autobotti. Ciliegina sulla torta è che la notizia è uscita prima sulla pagina facebook che su quella dell’ufficio stampa del Comune! Tutto ciò mentre il carrozzone Acos, che conta 400 dipendenti ed è sommerso dai debiti, non ha ancora provveduto a ripristinare l’acquedotto. Non è finita perché quei furbacchioni (e paraculi) di “Gestione Acqua” azienda facente parte del carrozzone Acos, hanno diramato un comunicato col quale si dà la colpa del disservizio idrico a un incidente stradale. Cari lettori novesi e non novesi, si tratta di una balla colossale. Il problema dell’acquedotto di Novi è un problema di manutenzione, ma se la manutenzione non la fanno in 400 (i dipendenti di Acos che sono lì per quello) chi la deve fare? A questo proposito riproponiamo un articolo dell’indimenticabile Guido Manzone, mancato sette anni fa, che, nonostante fosse un convinto comunista, di quelli veri e sinceri, lontano da noi che siamo liberali, massoni e giacobini (di quelli che vorrebbero ghigliottinare i furbacchioni che rubano i soldi alla gente gestendo male gli enti pubblici e riempiendosi spudoratamente le tasche) era un nostro carissimo amico fraterno e affezionato cronista di Alessandria Oggi. Ecco quello che pensava in merito che noi condividiamo in pieno.

di Guido Manzone (20 ottobre 2014) – Negli acquedotti italiani apparentemente scorre acqua, in realtà scorre oro. Se non si ruba in modo furibondo e smodato nessun acquedotto italiano può essere in perdita. Il perché è presto spiegato. Gran parte degli impianti sono stati ammortizzati da decenni, e alcuni anche da secoli, come gli acquedotti di Roma costruiti ai tempi dell’Impero Romano o dai vari cardinali che si sono susseguiti al potere nello Stato Pontificio, e tuttora funzionanti benissimo. Per dire quanto siano alti gli utili vi sono acquedotti che talvolta tollerano perdite di distribuzione superiori al 30%, come a Genova, perché l’acqua all’origine non costa niente e piove dal cielo. Tutt’al più la si deve pompare. L’acqua, come è noto a tutti, è un bene assoluto cui è impossibile rinunciare e gli acquedotti, sia pubblici che privati, viaggiano in regime di monopolio e sono loro stessi, a totale discrezione, a fissare i prezzi praticati all’utente. Anche nei casi in cui siano da rifare o ampliare gli impianti di distribuzione, l’utile è tale da ammortizzare presto la spesa. L’unica cosa che si richiede a chi li gestisce è la qualità delle acque. Ossia non avvelenare gli utenti o diffondere malattie. Per questo in tutta l’Italia il controllo sulla qualità delle acque è efficace, specie al Nord. Nel caso vi siano contaminazioni batteriche, fenomeno molto più frequente di quanto si creda, all’acqua viene additivato cloro, la sostanza antibiotica più potente che si conosca, che la rende potabile per l’uomo e per gli animali. Il problema degli acquedotti italiani è la gestione, proprio per il fatto di essere miniere d’oro, anziché essere gestiti da tecnici, come si dovrebbe fare in un paese civile, sono per lo più gestiti da furbetti e per questo il loro controllo è assai ambito dagli italici politici. Il problema dell’acquedotto di Novi è cosa antica ed è originato dal fatto che i pozzi di approvvigionamento attingono acque alimentate dallo Scrivia e si trovano in aree soggette ad alluvioni. Nessuno s’è mai preoccupato di impermeabilizzare, o di proteggere in qualsiasi modo, la bocca dei pozzi di captazione dalle acque di piena esondate che finiscono così nell’acquedotto. Il rischio non è dato, in questi casi, dalla presenza di fango che le rende di colore marroncino, assolutamente non pericoloso anche se sgradevole alla vista, bensì dalla presenza di liquami fognari che provengono da fuori Piemonte, dal genovesato che non ha allacciato i propri scarichi all’efficiente depurazione collettiva presente nello Scrivia dal confine ligure in avanti. Pure assai pericolosa può essere la presenza negli scarichi di metalli pesanti d’origine industriale provenienti dai territori liguri, contenenti nichel, cromo, piombo, cadmio di per sè insapori, ma dannosissimi per la salute dell’uomo. Per questo vanno ricercati con la massima cura. In compenso nelle gestioni incapaci degli acquedotti spesse volte ci si preoccupa per l’alluminio e il ferro presenti nelle acque. L’alluminio è assolutamente innocuo per la salute tant’è vero che viene usato in polvere finissima per colorare d’argento le mentine di liquirizia e il ferro è in forma di ossido di ferro, ossia banalissima e innocua ruggine. Il problema di Novi è semplicissimo e sarebbe ora di risolverlo impedendo il ripetersi di inaccettabili cadute della potabilità delle acque distribuite e il farlo è assai facile in una zona ricca d’acqua come il novese. Le soluzioni possono essere diverse: creare nuovi punti di approvvigionamento in zone non esondabili, impermeabilizzare in modo totale e certo l’imboccatura degli attuali pozzi, creare degli invasi sulle vicine colline. Occorre solo verificare quale sistema è il più semplice e il meno costoso da attuare e da gestire nel tempo. I soldi per farlo certamente non mancano attingendo dagli utili dell’acquedotto stesso.

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