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NON SI VA AVANTI PEDALANDO ALL’INDIETRO

Il peggiore errore che possa commettere la classe dirigente di un territorio in crisi economica è sperare di porvi rimedio ritornando al passato. La Storia insegna che l’inseguire questa prassi neoluddista, ossia contraria al progresso ed alla modernità, porta solo ad incancrenirne i problemi. È quanto è successo al Sud d’Italia che, principalmente per questo motivo, ha bruciato nel nulla aiuti di Stato  per un valore di circa tre volte l’intera industria del Nord. Esempio opposto l’abbiamo nel Cuneese e nell’Albese, ancora nel 1945 uno dei territori più poveri d’Italia e per di più con terreni agricoli di montagna a bassa produttività. Ma la loro classe dirigente seppe approfittare degli anni della industrializzazione e del conseguente aumento dei salari e del potere d‘acquisto. Si misero pertanto a vendere l‘unica cosa che avevano (il  vino) a cui dettero un novello prestigio. Lo stesso avvenne per dolciumi semplici, prima limitati al piccolo mercato delle feste patronali, facendone un consumo di massa . E Alessandria? La nostra città, già sede di guarnigione, che campava di osterie e di bordelli, costituendo la politica espansiva dei Savoia un ostacolo ai suoi tradizionali commerci padani via fiume per cui era nata, fu ridestata dalla battaglia di Marengo che diede inizio ad uno sviluppo che, con alterne vicende, durerà fino ai primi decenni del 1900. E da noi l’imprevedibile cammino della Storia industriale si presenta con un volto insolito: la macinazione delle ossa della battaglia di Marengo, che allora avveniva dopo ogni scontro per ricavarne fosfati per l’agricoltura. Finite le ossa si trasformò in fabbrica di tannino ricavato dalle botti della produzione del vino, allora assai diffusa. La presenza francese diede pure politicamente una novella energia al desiderio di modernizzazione della classe dirigente che non venne meno con il ritorno al Piemonte. Alessandria fu una delle prime città padane che impiegò il vapore per incrementare il commercio fluviale determinante  prima dell’avvento della ferrovia.  Fu uno slancio vitale, sostenuto dai traffici e dai novelli commerci, che nel tempo portò Alessandria ad essere all’avanguardia dell’industrializzazione italiana con una delle prime centrali termoelettriche d’Italia. E poiché la mobilità di un territorio dà ricchezza e prosperità, ebbe anche un primo collegamento interno con ferrovie a scartamento ridotto che univano Lu Monferrato,  Alessandria ed i territori della Fraschetta. Poco dopo ebbe anche una delle prime tranvie elettriche (comperata in Ungheria). Sempre seguendo le avanguardie tecnologiche, Alessandria ebbe un campo d’aviazione per dirigibili, organizzò corse di moto e di automobili di importanza europea quando il farlo era poco meno che fantascienza. In conseguenza dello stesso slancio modernista nacque la fabbrica di automobili Itala di gran qualità. E così pure la fabbrica di trattori Orsi che in pratica ebbe il monopolio di settore per decenni. E sulla scia dell’industrializzazione vennero la Panelli, la Mino e moltissime altre in tutti i settori, dall’argento alla lavorazione del cuoio. Ma più che altro ebbero importanza mondiale sia la Borsalino che la Borsalino fu Lazzaro (cappelli). Poiché il traffico è il sangue della civiltà moderna che distribuisce lavoro, benessere e tempo libero, anche il trasporto privato ne fu condizionato, a sua volta stimolato da una invenzione allora nuovissima: la bicicletta. In seguito, col progressivo aumento del reddito, vennero le biciclette a motore poi seguite dagli scooter ed in seguito, adeguandosi agli altri paesi avanzati, le motociclette e le automobili. Anche le infrastrutture del traffico, proporzionalmente accresciuto, seguirono analoga evoluzione. Dalle piste ciclabili si passò alle autostrade e alle metropolitane (dove sono state costruite). A rimanere indietro in Italia fu la rete stradale interna ai centri urbani che non si adeguò alla novella domanda per una serie di motivazioni, prima delle quali fu l’assenza di piani regolatori validi nonchè per il sussistere di paralizzanti concetti del passato, propri di una classe di potere reazionaria e codina che si illudeva di poter far camminare all’indietro la Storia  ritornando a  quando si nasceva, si viveva e si moriva sullo stesso pezzetto di terra. La grave riduzione del reddito avvenuta in questi ultimi decenni, checché ne dica l’illusionista al Governo, sta provocando una grossa crisi che, dopo aver travolto le fabbriche di automobili, sta erodendo l’edilizia privata ed anche la piccola e media industria. Il sogno di poter tornare al passato e di compensare le differenze sociali che si sono accentuate, con l’uso della bicicletta è pura utopia. Si stanno sprecando (per non dire peggio) in città come Alessandria milioni di euro per costruire (o far finta di costruire),  piste ciclabili che nessuno usa ed userà mai, come avviene per quelle già esistenti, tra l’altro pericolosissime poiché con pericolose delimitazioni mentre le automobili passano a pochi centimetri dai manubri. Il vero problema per il traffico cittadino  sono le buche delle strade, sempre più simili ad un percorso di guerra. Perciò a riguardo la nostra posizione è molto semplice: per prima cosa, rimettere a posto le vie cittadine con asfaltature e pavimentazioni che durino decenni e non sei mesi, come oggi avviene. Poi, per il fatto che il centro storico, il suo commercio ed i suoi servizi sopravvissuti vivono solo la ricaduta di una pendolarità interna proveniente dai nostri 14 sobborghi, occorre creare posteggi gratuiti anzichè incrementare quelli a pagamento ed usarne le entrate per rimpinguare società pubbliche pessimamente e dolosamente amministrate.  Se non lo si farà, ciò che ancora rimane del commercio e del tempo libero, sarà interamente assorbito dai grandi poli commerciali che stanno crescendo in tutta la provincia. Ma non lo faremo poiché i gruppi economici che hanno portato Alessandria alla rovina, nella totale indifferenza al mutarsi politico delle amministrazioni, sono gli stessi che dovrebbero salvarci.

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