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Il covid torna a galoppare, su giornali e telegiornali, ma niente paura: c’è il “nuovo approccio” che salvaguarda privacy e libertà

Milano (Giusto Buroni) – Dal Giro d’Italia ciclistico corso in maggio (2023) sono stati estromessi perché “positivi al covid” una ventina di corridori su 180, senza che stampa o TV facessero alcun commento di carattere epidemiologico o sociale, ma al Tour de France del luglio seguente fu chiaro che un provvedimento era stato preso: obbligo per i “media” di assoluto silenzio sul covid dei ciclisti e del seguito, nonostante l’abbondanza di mascherine e altre evidenti precauzioni prese da atleti e tecnici (per il pubblico, nemmeno un avvertimento!). A fine luglio, finito il Tour, si capì dai discorsi degli Esperti (anche Bassetti, per esempio, ma anche la “new entry” fra i virologi, l’onnisciente Rossi Albertini) che di covid non si sarebbe dovuto parlare più, in ottemperanza alle dichiarazioni fatte a maggio dell’OMS, che “decretava” la fine della pandemia, a conferma del comportamento dittatoriale, e comunque arrogante, tenuto da OMS per più di tre anni. L’OMS gioca sul fatto che il contagio da covid19 è effettivamente calato ovunque di intensità, tanto da diventare un fenomeno locale, ossia non più “pandemico” ma “endemico”. I Governi Nazionali si ritengono allora liberi di organizzarsi localmente senza il controllo di un Ente Mondiale, in pratica ignorando impunemente il problema. Non è un fatto nuovo, né sarebbe grave se la Scienza e la Sanità Locale facessero il loro dovere di fornire le conoscenze e i mezzi per salvaguardare o migliorare la salute dei cittadini. E invece, come sempre, complici anche le vacanze estive, la Scienza Italiana è del tutto latitante, confidando anche nel fatto che il Nuovo Governo aveva promesso ai suoi pochi e (forse) ingenui elettori di affrontare nuove eventuali pandemie (epidemie) in modo del tutto “opposto” a come avevano agito i governi precedenti; i quali, pur facendo esclusivamente l’interesse dei produttori di vaccini, avevano dovuto in qualche modo (cioè maldestramente) mettere in campo una grossa quantità di risorse scientifiche e sanitarie.
Nonostante già a fine luglio i cittadini più attenti avessero segnalato notizie riguardanti chiari segni di recrudescenza del virus (a Milano medici specialisti contagiati dal virus dovevano chiedere ai pazienti di posticipare visite di controllo prenotate da mesi presso di loro), Giornali e TV ignorarono l’allarme fino a una settimana dopo Ferragosto, quando finalmente, prima i telegiornali e poi i grandi quotidiani uscirono con articoli e interviste che, pur pretendendo di essere rassicuranti, fornivano numeri di incremento di casi settimanali, di indici di contagio e di incidenza di test positivi che chiaramente mostrano una forte ripresa dell’epidemia, tanto che le notizie confortanti, ammesso che siano vere, riguardano soltanto e per ora un bassissimo afflusso ai Pronto Soccorso, una scarsa occupazione di posti letto (nessuno, per ora, in terapia intensiva) e una sintomatologia di malattia lieve, senza casi di polmonite. Resta confermata comunque la decadenza di qualsiasi obbligo di protezione, che solo in alcuni casi particolari passa da “obbligo” a “raccomandazione su base volontaria”. I provvedimenti presi per ora, conformemente alle promesse elettorali fatte dalla nuova Maggioranza, mirano soprattutto a non vessare la popolazione con costrizioni contrarie alla “privacy” e alla “libertà” di comportamento; arrivando però in questo modo a impedire del tutto il monitoraggio, il tracciamento e soprattutto il controllo della diffusione del contagio. Naturalmente agli operatori sanitari, agli anziani e ai fragili (immunodepressi) è “consigliato” di proteggersi con vaccinazione annuale e relativo richiamo, ma questa volta, per ora, senza obblighi e soprattutto senza fretta, perché il vaccino (promesso, chissà su che base, come “aggiornato all’ultima variante e perfino alle future”) non sarà disponibile prima di ottobre. E, come al solito, in attesa del precario vaccino come si proteggono i fragili? E se il “fragile” comunque si ammala? Qui è curiosa la risposta del dott. Pregliasco (del Galeazzi di Milano) che assicura (al Corriere del 30/8) che si dispone di “tutto un armamentario” adeguato ad ogni necessità. Di cure “specifiche”, promesse costantemente per tre anni e mai arrivate, a causa del “costo elevato”, fino ai pazienti che si affidano alla Sanità Pubblica, non si parla decisamente più (oggi però, sempre sul Corriere, si parla di “un monoclonale”).
Si può dire tranquillamente che dopo tre anni dall’inizio della grande pandemia le autorità sanitarie italiane hanno solo preso atto che la pandemia è finita. Se ne arrivasse un’altra partiremmo da “meno di zero”. I controlli sull’adeguatezza delle RSA a gestire un’emergenza del genere sono solo all’inizio e se non ci sarà una strage come prima è solo perché in tre anni i pazienti vecchi e fragili non sono stati rimpiazzati, oppure sono stati sostituiti da soggetti per il momento meno fragili di quelli morti tre anni fa. La stessa situazione di lavori allo stato iniziale si ha per il condizionamento dell’aria nei luoghi pubblici e nelle scuole in particolare. La Chiesa sembra non abbia ancora recepito il nuovo allarme e ha eliminato ogni precauzione, perfino nello scambio del “segno della pace” e nella somministrazione della Comunione. Centri di rianimazione nuovi di zecca sono rimasti senza inaugurazione, anche per mancanza di personale capace di gestirli. La riduzione di risorse e personale destinati alla Sanità è proseguita senza sosta, nonostante le occasioni irripetibili offerte dal PNRR. Il fallimento della App Immuni, attribuito al numero eccessivo e alla rapidità di diffusione dei contagi, non è stato recuperato nelle fasi recenti più favorevoli. I modelli matematici per la previsione e il controllo della diffusione del contagio, dimostratisi ampiamente difettosi (come quelli climatici, del resto), non sono stati perfezionati, nonostante la sbandierata disponibilità di un “Premio Nobel” in materia e dei suoi discepoli, tutti buoni a fare pubblicità ai vaccini, ma del tutto assenti quando si tratti di “innovare” sulla materia specifica. I metodi di monitoraggio dei parametri della pandemia hanno ridotto l’osservazione da giornaliera a settimanale “per eliminare le anomalie dovute a ritardi nella comunicazione dei dati”, senza capire (?) che ciò si ottiene mediando sì sui valori dei giorni della settimana precedente, ma facendolo tutti i giorni, e non una volta alla settimana, perché altrimenti si rischia di intervenire con (oltre) sei giorni di ritardo su eventuali improvvise e impreviste emergenze. Allo stesso modo, non si è mai capito che i morti, a mano a mano che si conteggiano, devono essere tolti dal numero di soggetti “contagiabili”, altrimenti si interpreta una minore incidenza di morti (o contagiati gravi) sul totale della popolazione come un indebolimento del virus e non come una minore probabilità di trovare persone che soccombono al virus. Da rivedere poi è tutto il concetto di “immunità di gregge”, che è stato posto alla base della campagna vaccinale ma si è dimostrato del tutto errato, visto che, raggiunto il primo obbiettivo del 75% di vaccinati, gli “scienziati” non erano contenti del risultato (troppo bassi gli incassi dei Farmaceutici?) e hanno dovuto correggerlo in salita arrivando gradualmente fino al 95%, quota a cui hanno ammesso che il contagio galoppava ancora come all’inizio e che il vaccino comunque non assicurava per niente l’immunità, ma “evitava la sintomatologia grave e il ricovero in ospedale”, scusa ridicola e puerile per giustificare un colossale fallimento scientifico e un’enorme truffa commerciale. È in queste condizioni di inammissibile impreparazione che si riparte con la nuova emergenza covid.

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