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IL POTERE NON NOBILITATO DALLA IDEOLOGIA POLITICA DIVIENE INGIUSTIZIA E PREVARICAZIONE

C’è un dato trascurato, se non del tutto ignorato, riguardante i 1.342  comuni in cui si è votato, e si riferisce agli aspiranti sindaci arrivati all’incredibile quota di ben 3.602. Ma gli aspiranti consiglieri sono stati addirittura  77.154 a disputarsi i 1.604 seggi nei consigli comunali nonché le ancora più ambite  5.935 poltrone nelle rispettive giunte. In altre parole, c’è stato un candidato ogni 162 elettori. Il  tutto in una confusa orgia di liste civiche e danze scomposte di pseudo raggruppamenti politici improvvisati. E c’è di peggio. Secondo l’Antimafia su 5.000 liste civiche prese in esame, in ben 4.000 erano presenti  personaggi in odore di mafia. Se poi si tiene conto che alle votazioni delle primarie a Roma furono portati a votare gli zingari ed a Napoli i cinesi, mentre in tutto il Sud durante le processioni la Santa locale viene fatta inchinare davanti alla casa del capomafia, il tutto in presenza delle forze dell’ordine e delle massime autorità religiose, c’è da chiedersi se l’Italia sia ancora una repubblica democratica o un territorio marginale d’Europa controllato da una cleptocrazia. Diciamo questo con estrema amarezza poiché in Italia siamo nati e tuttora viviamo. Un così elevato numero di candidati, rispetto a quello degli elettori, non ha niente a che vedere con la democrazia e con la partecipazione alla Cosa Pubblica. Nemmeno la presenza di 5.000 liste civiche può essere considerata un rinnovamento politico del Paese dopo decenni di falsa retorica e di propaganda spacciata per cultura. Non esistono, né potranno mai esistere, 5.000 differenti programmi elettorali se non come parole vuote, prive di significato reale o vicendevoli copiature. Se l’uomo della strada si è proposto come candidato in uno Stato ormai senza ideologia c’è da chiedersi perché l’abbia fatto. La risposta è brutalmente semplice. Priva di ideologia che la nobilita, la politica diviene un lavoro come un altro a cui chiunque può accedere con un minimo di furbizia e di fortuna. Poiché in Italia i politici sono in qualche modo sempre pagati, con stipendi, rimborsi spese, gettoni di presenza ed affini, il fare politica è diventato un modo per accrescere il proprio reddito per coloro  che riescono ad accostarsi al grande banchetto. È un’esperienza che avevamo già osservato quando si selezionò il consiglio di amministrazione del teatro comunale. Persone che non sapevano nulla di teatro e in molti casi non erano mai entrati in qualsiasi posto ove si recitasse, fecero carte false per fare parte del consiglio e poi scoprimmo il perché. Era tutta gente “piccolissimo borghese” che viveva a fatica con meno di 1.000 euro al mese riservati alle spese indispensabili per sopravvivere. I 500 euro ricevuti come membri del Consiglio di amministrazione cambiavano  loro la vita, potevano andare al ristorante e svolgere attività di tempo libero prima precluse. La stessa identica cosa sta capitando per i consigli di amministrazione delle municipalizzate, divenute rifugio remunerato di galoppini elettorali e “portavoti”. E di questo non c’è da stupirsi. Nel Rinascimento, quando il Bene andava a braccetto col Male, e l’unica cosa che contasse era il potere, ed il denaro che ne derivava, le lotte per conquistarlo erano prive di alcun limite. Specie durante il Papato dei Borgia era considerato del tutto normale usare il pugnale, il veleno, i sicari, nonché tradimenti ed infamie di ogni genere per liberarsi degli avversari. Al di fuori di qualsiasi considerazione morale (la Storia non si occupa di morale, ma registra unicamente gli eventi nel modo più obiettivo possibile) le conseguenze, anche economiche, furono assai negative per l’Italia. Nel 1500 era il primo paese d’Europa, alla fine del 1600 era l’ultimo. L’intera classe politico-clericale intenta a feroci guerre interne non si accorse nemmeno dei tre grandi eventi che cambiarono il mondo: l’uso della polvere da sparo, la scoperta dell’America, gli effetti economici della Riforma Protestante. Nemmeno Machiavelli, ufficialmente il più importante storico di quel periodo, si accorse di questi tre cambiamenti epocali. E passò la vita a descrivere le vicende ed il pensiero di Cesare Borgia, un piccolo ladro di polli, figlio del Papa, mentre i paesi atlantici conquistarono il mondo. Non vorremmo essere troppo pessimisti, ma una classe politica che si affida al cinismo del Rinascimento senza averne però la grandezza scientifica e culturale non potrà certo portarci fuori dalla palude in cui stiamo affondando. Del resto gli ultimi residui della visione del mondo propria del Rinascimento che avevano trascinato l’Italia in un baratro economico e all’asservimento politico saranno spazzati  solo dopo secoli dalla Rivoluzione Francese e dall’avvento di Napoleone. Oggi bizzarramente tutti i limiti politici e sociali frenanti, che furono causa della decadenza del Rinascimento, sembrano tornare in auge in Italia, specie il sistematico rilancio di una visione irrazionale del mondo.

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