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Il XX Settembre di 146 anni fa, con la Breccia di Porta Pia, nasceva l’Italia moderna e liberale, e finiva il potere temporale del Papa Re

da Left – “Mentre scrivo, le campane suonano a distesa e annunziano l’entrata degli italiani a Roma. Il potere temporale crolla. E si grida all’unità d’Italia. Sia gloria al Machiavelli”. Così accoglieva la breccia di Porta Pia Francesco De Sanctis, il 20 settembre 1870, quando il generale Cadorna e il suo esercito entrarono nello Stato Pontificio, strappando al Papa l’ultimo baluardo di potere temporale e facendo di Roma la capitale del Regno. L’Europa dell’epoca era scossa dal conflitto franco-prussiano e lo storico difensore del Papa, il francese Napoleone III, aveva perso la guerra ed era stato imprigionato, venendo meno all’impegno verso il Pontefice. Al Papa restava soltanto San Pietro, dove si rifugiò in un primo momento, mentre lo Stato Pontifico cominciava a dissolversi.
Si compiva l’ultimo atto dell’unificazione d’Italia, l’apice del Risorgimento Italiano, e giungeva al termine la “questione romana”, quella guerra tra ragioni di Stato e ragioni di Chiesa che era stata combattuta a suon di encicliche e di minacce di occupazione.
A nove anni dalla proclamazione della “Libera Chiesa in Libero Stato” nel novello parlamento italiano da parte di Camillo Benso conte di Cavour, Roma diventava la capitale di un’Italia nuova che, in ritardo rispetto al resto d’Europa, proclamava la sua adesione alla modernità.
Prendendo in prestito le parole dai padri della Chiesa Pietro e Paolo le parole, papa Pio IX rispose “Non possumus” alla lettera in cui, l’8 settembre del ‘70, re Vittorio Emanuele II gli annunciava la necessità di occupare lo Stato Pontificio. E ancora “Non possumus” aveva sentenziato quando, l’11 settembre del ‘48, dalla piazza del Quirinale il popolo romano gli chiedeva la Costituzione, e allo stesso modo aveva risposto tutte le volte che qualcuno aveva tentato di spodestarlo rimarcando con solennità la difesa della Chiesa dei padri.
La presa di Roma (se cliccate sopra potete vedere una scena molto significativa del film “In nome del papa re” del 1977, diretto da Luigi Magni e magistralmente interpretato da Nino Manfredi, che racconta il processo contro i massoni – citati dal pm come “muratori” – Monti e Tognetti “giustiziati” due anni prima della Breccia di Porta Pia) avvenuta senza spargimento di sangue per volere del Papa, ha aperto uno squarcio nella frontiera che la Chiesa aveva innalzato tramite una fitta attività editoriale, di cui l’enciclica “Quanta Cura” e il “Sillabo” (1864) erano i manifesti ufficiali, a condanna delle dottrine moderne e liberali che avrebbero trovato, poi, spazio nelle prime file del parlamento italiano.
Per quanto straordinaria, la caduta temporale del Papa determinata dalla breccia di Porta Pia non era proprio novità per quel secolo: il pontefice era stato deposto già nel 1798 in occasione dell’invasione francese, poi nel 1808 col dilagare delle repubbliche napoleoniche e nel 1848 in seguito alla proclamazione della Repubblica Romana.
La determinazione di Pio IX nel mantenere Stato e Chiesa ugualmente sovrani e distinti durante il suo lunghissimo pontificato (quasi 32 anni) ha portato, dopo la breccia di Porta Pia, all’esclusione dei cattolici dalla politica tramite il non expedit da lui pronunciato, che ebbe fine soltanto nel 1919 con la fondazione del Partito Popolare Italiano.
Solo nel 1929, con la firma dei patti Lateranensi tra il Cardinal Gasparri e Benito Mussolini, sono riprese le relazioni di mutuo riconoscimento tra Stato e Chiesa, mettendo fine alla “questione romana”.

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