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Milano Bicocca: da quartiere laborioso a dormitorio

Milano e le sue periferie dormitorio: come e perché
Qualcuno dice che a Milano “grandi opere” come il Parco Nord, l’Università, l’Arcimboldi, la Metropolitana Lilla, l’Ospedale, eccetera, “cancellano dalla nostra Zona la periferia dormitorio” (e perciò devono essere sviluppate). Faccio notare ancora una volta che frasi del genere, già lette dappertutto, sono un insulto ai numerosi cittadini ultrasettantenni e ai loro genitori, che ancora abitano la Zona 9 dopo averla ricostruita dalle rovine della guerra al meglio (non “alla meglio”) nella seconda metà del secolo passato, ma con l’insostituibile supporto di tutte le industrie ora scomparse (con le tre caserme): Pirelli, anzitutto, Breda, Falk, Ansaldo, Passoni e Villa, Manifattura Tabacchi, Santagostino, ecc. (Marcegaglia, l’ultima arrivata, si è già trasferita). Questa insensata trasformazione ha ridotto la Periferia Nord di Milano nelle condizioni pietose in cui oggi si trova, cioè proprio un dormitorio in cui la gente onesta, lavoratrice e inerme si chiude in casa dopo le sette di sera, lasciando i quartieri in mano a sfaccendati, disadattati e delinquenti, a cui solo la buona volontà o il senso del dovere di una decina di carabinieri impedisce di compiere danni peggiori. Infatti in assenza di tutti gli altri servizi vitali, a partire dagli asili nido, chi può compiacersi di abitare vicino a un campus universitario e a un grande parco (con annessi tre cimiteri), dove spaccio di droga e altri traffici si consumano per due terzi della giornata? Come se non bastasse, si è accolta a braccia aperte la filiale italiana di Scientology, la setta che si dichiara inviata da un’entità extraterrestre a civilizzare il mondo per mezzo di pratiche di dubbia onestà ma di sicuro profitto. Un Teatro di oltre 2000 posti, che ogni anno minaccia di essere demolito e che offre pochi e miserrimi spettacoli ha forse il potere di acculturare gli abitanti? Vicino al teatro sono sorti due o tre locali notturni, che tra le tre e le quattro del mattino sfornano “ragazzi” drogati o ubriachi, che si danno al vandalismo puro e semplice (dal suonare i campanelli allo sfasciare i cristalli delle macchine).

I “ciucatée” e i “circolin”
Evidentemente in pochi ricordano come si viveva in Zona 9 nel mezzo secolo dalla fine della Guerra alla fine prematura dell’Era Industriale (è ecologismo anche questo?), all’Università stessa si è lasciato il compito a tesisti e stagisti ignari e forestieri (con correlatori dello stesso stampo) di ricostruire a casaccio l’ambiente di allora, con risultati  storicamente e sociologicamente disastrosi, fuorvianti e menzogneri, che purtroppo Zona Nove contribuisce a confermare. E’ opportuno e necessario che i veri protagonisti di quell’epoca correggano l’informazione che le agenzie di “Pirelli Estate” forniscono agli aspiranti residenti, facendo loro credere di essere capitati in Zululandia.
Sappiano allora gli abitanti nuovi (e i vecchi creduloni) della Zona 9 che l’imponente complesso industriale sopra descritto occupava, su tre turni, migliaia di lavoratori, che perciò ambivano ad abitare in zona, per lo più in case popolari, ma anche in cooperative e perfino in ville costruite con le proprie mani la domenica (il sabato era lavorativo a causa della settimana di 44 ore). E’ offensivo chiamare le loro abitazioni “dormitori”, perchè vi abitavano famiglie modeste (e chi non lo era, se lavorava onestamente?), ma speranzose e ambiziose, che preparavano per i figli nati durante e dopo la guerra un futuro migliore. Nonostante le pochissime scuole, solo pubbliche (per frequentare le Medie ci sorbivamo ogni giorno quasi due ore di tram), nel quartiere si contavano decine di insegnanti privati, anche di musica. Gli ambulatori medici erano numerosi (oggi sono di più i veterinari) e comunque i medici intervenivano prontamente a domicilio, nonostante non ci fossero ancora telefoni in casa per chiamarli. I bar, dove i nostri vecchi giocavano a carte, alla morra e perfino a biliardo, erano numerosissimi e aperti fino a tarda notte (oggi molti bar e tutte le farmacie, chiudono, per timore di aggressioni, alle 19, perfino di fronte alla stazione dei carabinieri); certo, ne uscivano i vecchi “ciucatée”, che però non andavano a picconare i passanti, nè a sfasciare o incendiare le automobili parcheggiate. Non mancavano i “circolin” delle ACLI (oggi molto poco frequentati) né, udite, udite, le “Case del Popolo”, oggi scomparse, ma allora dotate di decorosi bar, biblioteca e saletta per conferenze.

I “pirelliani”
E c’erano per esempio decine di parrucchiere, sartorie o tintorie (semiabusive, perché ricavate negli appartamenti) e centinaia di artigiani e di piccole attività commerciali (e non solo pizzerie cinesi, massaggiatrici cinesi e copisterie come oggi). Il martedì, giovedì e sabato i rioni ospitavano a turno mercati molto frequentati, che si aggiungevano a quelli rionali, oggi surclassati dai centri commerciali. La piccola chiesa parrocchiale della Bicocca degli anni 20 dovette essere quasi raddoppiata, e quelle più grandi furono ampliate, ben prima della scomparsa delle industrie; suore e preti già allora non erano sufficienti a badare ai numerosi bambini e bambine che frequentavano asili e oratori (oggi sono stati ulteriormente quasi eliminati); ed era conosciuta in Milano e provincia la semplice cerimonia annuale (da anni annullata) della benedizione degli automezzi il giorno di San Cristoforo: insomma, le Parrocchie in tutta la Zone erano il principale centro di aggregazione, mai più sostituito. Il cinema più vicino al dazio di Sesto era l'”Istria” (a quasi quattro km) e quindi erano molto frequentati i locali parrocchiali, in molti dei quali i genitori recitavano commedie e drammi per i propri bambini e parenti. Le grandi caserme (bersaglieri e polizia) conferivano un senso di sicurezza e comunque alimentavano anch’esse, coi baldi soldatini di leva, i locali pubblici.  E si potrebbe procedere per pagine e pagine descrivendo le belle comitive e famigliole che passeggiavano, magari cantando, nelle caldissime sere d’estate [non sapevamo di essere già in pieno “riscaldamento globale”], consumando gelati e angurie a prezzi popolarissimi, confrontandole coi barbari nottambuli dell’odierna fastidiosa “movida”. Per qualche anno si vendettero a borsa nera i biglietti, riservati altrimenti ai familiari dei dipendenti, per il cinema all’aperto organizzato dalla Pirelli nel campo sportivo, da tempo ceduto alla Pro Patria. Al bordo del campo, usato anche per altre manifestazioni, come splendidi fuochi d’artificio, c’era l’enorme parcheggio, custodito e con medaglia, riservato ai migliaia di “Pirelliani” che si recavano al lavoro in bicicletta (altro che “bike sharing”!).

Un campo per tutti
Il terreno di gioco era frequentato da atleti e pensionati dalla mattina presto e fino a notte (grazie ai potenti fari) per ogni sorta di attività sportiva, dal calcio al tennis, dal baseball al pattinaggio a rotelle, dal rugby all’atletica leggera. E via raccontando. E tutto ciò voi lo chiamereste “periferia dormitorio”? E mi risulta che nella nuova Università circoli da anni questa credenza, suggestiva per  gli studenti forestieri; e che si racconti che l’oggi cadente Borgo Pirelli sia nato come “quartiere operaio” (come brutta copia plebea del più antico (1850) e rinomato paese di Crespi D’Adda), dove il povero schiavo sfruttato si rintanava stremato di sera per godere di poche ore di meritato riposo. Zona Nove ha anche pubblicato pochi mesi fa un articolo demenziale, condiviso dal CdZ 9, che attribuisce lo stato di abbandono delle case alla “noncuranza” (la dotta giornalista intende forse dire “incuria”) degli abitanti, non sufficientemente pungolati dall’ALER. Ho scritto più volte che non si è mai trattato di un “borgo operaio”, nonostante la testimonianza di un’ignara “sociologa” romana che ha presentato, anche col supporto di Zona Nove, una realtà del tutto falsa, imbeccata da falsi e immaginifici “nativi” del luogo (e da docenti universitari). E’ vero che da molti anni questa struttura è lasciata allo sfascio e all’abusivismo dall’ALER, che la gestisce senza rispetto per le leggi, la decenza e le regole in vigore (un tempo alle assegnazioni degli alloggi partecipava giustamente una rappresentanza della Pirelli, mentre oggi, quando non si fanno vere e proprie occupazioni illecite, si fanno scambi “fai da te” col beneplacito delle inesistenti autorità dell’ALER).
Insomma, vorrei che vi convinceste che questa periferia non era un “dormitorio” al tempo della grande industria. Ma oggi è già fortemente degradata proprio a causa dei mostri che il CdZ [da oltre dieci anni politicamente immutato e solo recentemente passato alla Destra] vi ha lasciato introdurre, e del sotterramento delle attività industriali e artigianali che vi fiorivano. E vorrei che Zona Nove potesse convincere me e i lettori di non avere alcuna responsabilità in questa dolorosa e evitabile trasformazione e che in ogni caso invocasse l’intervento dei prossimi amministratori, anche se dello stesso partito dei precedenti [non è andata così, ma quando scrissi l’articolo non potevo prevederlo], per rimediare alla situazione che si è verificata.

Non è necessario, ne saggio, distruggere i suddetti “mostri” (parco, metropolitana e teatro sono opere costose che devono essere mantenute e sviluppate; l’Università è stato un inutile spreco – è parzialmente vuota dopo dieci anni- che ora bisogna sforzarsi di utilizzare), ma è urgente e vitale dotare il quartiere di tutte quelle infrastrutture che si rendono necessarie in un’area cittadina trasformata interamente da industriale a “bucolica”, con molte migliaia di residenti in più [cosa che non sembra preoccupare il Parroco, almeno nelle dichiarazioni pubbliche]. Un suggerimento per gli interventi più urgenti: la sicurezza (anche e soprattutto notturna) e la mobilità; alla base di entrambi sta una robusta forza di polizia, promessa da Pisapia più che dai suoi predecessori, ma mai concessa (e il nuovo sindaco e il CdZ di opposizione hanno già dimostrato una totale “noncuranza” di questo problema della zona; il termine “noncuranza” è usato al posto di “incuria” dall’intellighenzia locale su un articolo di Zona Nove, diffuso su altre “stampa spazzatura”). Altre proposte, che non si limitino ai musei “avveniristici” e agli spazi riservati ai cani, dovrebbero venire dai nuovi abitanti, i cui alloggi sono nati sullo spazio lasciato libero dalla demolizione delle prosaiche fabbriche (neanche si immaginano i nuovi “professori”, che di quell’epoca conoscono solo il film “Tempi Moderni” di Chaplin, quanti prestigiosi brevetti internazionali i nostri genitori, che abitavano nei “dormitori”, hanno sfornato in quel difficile secolo; e il famoso Settebello delle FFSS creato in Breda: chi non ha mai sognato di salirvi almeno una volta? Solo dopo 50 anni sono arrivate le nuove “frecce”).

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