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Dal rigore montiano al “volemose bbène” renziano e tutto finisce a tarallucci e vino

Il DUP andrà in Consiglio Comunale per essere adottato. Questa la notizia…
Detta così, giornalisticamente ha poco senso, politicamente invece ne ha ben di più.
Innanzi tutto il DUP è sigla che illustra il Documento Unico di Programmazione, un nuovo layout che la legge di armonizzazione dei bilanci – quella che accomuna il modo di tenere i conti dello Stato con quello degli Enti Locali – prescrive, copiando di fatto il cosiddetto DPEF (Documento Programmatico di Economia e Finanza) che il Governo del Paese presenta in approvazione al Parlamento.
Il percorso dell’armonizzazione così scala un ulteriore gradino. A fare riforme in Italia ci si mette sempre un po’ di tempo. La legge delega al Governo è del 2009. Il decreto legislativo è dell’estate 2011. L’applicazione operativa del gennaio 2015, mentre ancora nel 2016, cioè a oltre 7 anni dall’aver pensato e realizzato la riforma, si registrano pingpong imbarazzanti. Ad esempio erano stati fissati all’interno del bilancio ben 8 equilibri (uno riguardava il rimasuglio del pericolosissimo patto di stabilità interno), ma, con una “inversione a U” in area ove non sarebbe consentita, sono stati tutti eliminati e rimarrà in vigore il solo, semplice equilibrio del bilancio di esercizio. Estrema semplificazione, dunque, ma anche presa d’atto che l’Italia è un paese variegatissimo e quindi è meglio andarci piano con le innovazioni che riguardano i Comuni e ciò che è rimasto delle Province, per non metterli troppo in difficoltà. Siamo passati da una severità oltre ogni limite nell’interpretazione delle norme di contabilità ad un volemose bbène che fa finire a tarallucci e vino tutta la materia in attesa di tempi diversi, peggiori o migliori che essi siano o saranno.
In questo clima di incertezza costante e stabilizzata, alcuni settori della Magistratura preferiscono agire come se nulla fosse successo e ritenere che ognuno sia solo figlio dei propri tempi: se ti è capitato di vivere in tempi bui, peggio per te; se i tempi sono più morbidi allora diventi un eroe, di cartapesta fin che di vuole, ma pur sempre un personaggio positivo. Del resto il contesto ha costantemente caratterizzato la storia degli uomini e i loro destini, perché dolersene ora?
Ma torniamo al tema. Che il DUP sia votabile dal Consiglio, come consigliere potrei non essere d’accordo per vizi formali, ma come politico ne sono soddisfatto, visto che così il Consiglio Comunale – troppo depauperato da continue deprivazioni di poteri – ritorna almeno ad occuparsi di programmazione.
Peccato che in questo DUP di Alessandria la programmazione sia rivolta ad un periodo talmente stretto da apparire insensata. In effetti la programmazione strategica di cui si parla varrà per i primi mesi dell’anno, spirando di fatto con il mandato amministrativo del governo di sinistra che ha portato la città al dissesto.
In soldoni quali le linee portanti dei pochi mesi del 2017 prossimi? Mantenimento dei livelli dei servizi sociali (magari occorrerebbe pagare il CISSACA e non farlo attendere così tanto), ripresa degli investimenti per la digitalizzazione, e delle risorse investite sul fronte culturale, sforzo di recupero dell’evasione tributaria. Non è un programma ambizioso, anche per le cifre che si celano dietro le parole. Per esempio il settore del turismo, che mi pare faccia parte della cultura, prevedrà una incontenibile spesa di 1500 euro (non ho sbagliato gli zeri, è così); complessivamente la cultura, stipendi degli operatori a parte, individua investimenti di 66 mila euro; per il Teatro si attende di innescare un partenariato positivo con i privati per l’apertura (ma non era già stato aperto con scarsi cittadini dispersi e creduloni in una deludente sala vuota?) e quindi nulla si sa di certo; per lo sviluppo economico della città che servirebbe come il pane, al di là delle naturali spese correnti che valgono circa 340.000 euro, non c’è un euro di investimento. La formazione professionale è uno strumento determinante per generare lavoro? Bene, allora investiamo zero euro, così certamente il processo migliorerà.
Potrei continuare con altri esempi, ma era solo per dimostrare che nelle politiche di bilancio, le parole hanno certamente il loro valore simbolico, ma quando si accomunano alle cifre, almeno si riesce a comprendere quante promesse ci siano e quanto potrà domani essere realizzato. Poco o niente, ma questo è un must al quale la sedicente amministrazione del risanamento (debito a medio-lungo di 210 milioni di euro, tanto per dire) ci ha purtroppo abituati.

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