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Dopo la sconfitta al referendum la sinistra italiana lotta per la sua sopravvivenza, anche a Novi Ligure, storica roccaforte rossa

Novi Ligure (Gianfranco Chessa – Panorama di Novi) – Una crisi irreversibile. Non perché suscettibile di distruggere il partito ma perché lo trasforma, ne fa cosa diversa nel momento in cui ne ha reciso legami indiscussi e consolidati che, fino a ieri, lo facevano definire una formazione post-comunista. Siamo al distacco dall’Anpi (l’associazione nazionale dei partigiani d’Italia), dalla classe operaia E in particolare dalla CGIL, dalle realtà periferiche dei circoli territoriali, dal mezzogiorno d’Italia, significativamente da Sicilia e Sardegna. Siamo, anche per il Pd, ultimo dei partiti di Prima Repubblica, al redde rationem. Renzi è (stato) leader di una democrazia post-politica: quella che non contempla un partito di iscritti, di partecipazione collettiva, di sicuro radicamento nella società. Il primo a prendere atto del nuovo stato sociale fu Silvio Berlusconi nel 1994, l’ultimo è stato Beppe Grillo con l’agenzia Casaleggio e Associati. Nulla di male, forse. Ma occorre prenderne consapevolezza. Certamente tutto ha un prezzo e il Partito Democratico lo sta pagando e lo pagherà (con una campagna congressuale permanente) fino alla sua divisione. Scontando, oltre ad una ovvia competizione con gli avversari, quella interna che ha già tolto il fiato a Matteo Renzi e lo ha soffocato. Lui, preveggente, aveva chiesto una tregua. Un lusso che la sinistra del Pd non poteva consentirgli perché essa stessa consapevole di uno scontro vitale non circoscrivi bile e controllabile. Uno scontro che porterà alla nascita di un nuovo partito conseguente il taglio di legami arrugginiti che il Pd, suo malgrado, dovrà effettuare. La Sinistra Dem sa di non potere deflettere da un atteggiamento di rigidità ed intransigenza per un motivo semplicissimo: sta battendosi per la propria sopravvivenza. La lotta è in corso mentre il Pd boccheggia, tramortito da una sconfitta del sì sul quale Matteo Renzi ed i suoi amici avevano scommesso il loro futuro e quello dell’Italia. Il boccone più amaro è la parziale sconfitta per mano amica. Più difficile da leggere la debolezza e la fragilità del Pd a Novi nel quale ancora non è pubblica la guerra fratricida tra correnti. Nonostante la presenza in loco del senatore Federico Fornaro già sindaco di Castelletto d’Orba ed esponente di spicco della Sinistra Dem. (di Federico, ragazzo intelligente, ex socialdemocratico come Bersani, non capisco come non colga che una corrente che sostenga in un referendum costituzionale posizione opposta alla linea ufficiale del partito è già altra cosa rispetto  al partito medesimo). Un Pd che capisce di essere accerchiato e al quale potrebbe non più bastare la tutela di Acos a salvarne le prospettive elettorali. Anche il Partito Democratico novese è tramortito dalla valanga dei No, inaspettata nella sua imponenza. Il Pd avverte che il voto contro Renzi a livello nazionale è, in loco, un voto contro Muliere e il mancato governo della città che esprimeva valenze negative nell’amministrazione. L’interrogativo TAV che attraverserà Novi è suscettibile di disastrarla in modo irreparabile: sono stati stanziati ventidue milioni in “opere compensative” che hanno l’agro sapore di un baratto a perdere (anche perché non si sa se arriveranno). La città segue con ansia gli esiti dei lavori di restauro del Teatro Romualdo Marenco e s’interroga se mai sarà usato, scarso com’è di posti a sedere, già insufficienti neIl’800. Da oltre trentacinque anni si discute sul destino della Zona 3 del Piano Regolatore Generale (Via Isola, Corso Marenco, Piazza del Mercato) per arrivare alla conclusione che l’ex Cavallerizza si potrebbe cedere a privati e nell’area ex macello di Via Pietro Isola si potrebbe realizzare un parcheggio ad uso (anche) del Palazzone. Mica male. In questo clima di abbandono della città leggo su Panorama l’impotenza dichiarata dal sindaco in risposta al Comitato cittadino “Occhi sulla città” che ha raccolto 1.300 firme di commercianti e cittadini contro gli abusi e l’arroganza dei migranti. In ogni parcheggio cittadino gli abusivi tassano e vessano quanti non rimettono l’obolo, vittime a loro volta di organizzazioni più potenti e cattive di loro. Mi fermo perché la permeabilità dell’amministrazione comunale alle critiche pare divenuto esercizio troppo scontato per tutti. Era mia intenzione semplificare e leggere anche in questa direzione il .voto referendario; come ribellione dei giovani ad un atteggiamento di governo messo globalmente in discussione, ben al di là delle questioni di merito. Ma ci sono i vincitori. Tra i quali non è compreso questo giornale (Panorama di Novi, n.d.e.) che ha fatto una generosa battaglia per il Sì, segnatamente con Alberto Masoero e Piero Vernetti, direttore ed editore della testata. Per il No, con l’Anpi e la Cgil, erano schierati a Novi – oltre il Comitato per il No – pure il M5S, Forza Italia, Lega Nord, Fratelli d’Italia, Udc di Cesa, Conservatori e Riformatori di Raffaele Fitto: dimentico sicuramente qualcuno. Ma lo scenario completo-non è facile da cogliere, soprattutto a sinistra dove stava l’aggressiva minoranza del Pd vicina alla secessione e gruppi sparsi di dalemiani. Con qualche . forzatura interpretativa del voto si potrebbe cogliere nello schieramento di centrodestra una rinata volontà unitaria quale prologo alle elezioni amministrative. Una prima intesa, cioè, tra Forza Italia, Lega, Fratelli d’Italia. È possibile? Andrea Sisti ci crede. l’esito del referendum dimostra che il Partito Democratico (dilaniato al suo interno) si può sconfiggere. Anche a Novi. È necessaria una coesione e non un’accozzaglia, per rubare un frasario renziano. Ma non basta; Perché le tre forze succitate, da sole non vanno da nessuna parte. Alla eventuale coalizione alternativa alla sinistra dovrebbe aderire (fino ad esserne protagonista) il Movimento di Grillo che, d’altro canto, da solo va a sbattere come gli è già accaduto in passato. A meno che (Roma e Torino insegnano) il centrodestra non si faccia portatore gratuito di voti al candidato grillino in eventuale ballottaggio con il candidato del centrosinistra. Sogno più ambizioso sarebbe quello che al ballottaggio, con la sinistra, arrivasse il centrodestra (opportunamente arricchito da forze di centro e liste civiche) e non il M5S. Sarà un ragionamento da riprendere. Soprattutto alla luce di quanto si può leggere davvero nel voto referendario: un rifiuto di Renzi, certo. Ma pure un rifiuto di ogni ipotesi di governo, un rifiuto della politica tradizionalmente intesa. Perché ritenuta responsabile, a torto o ragione, della crisi del Paese, della disoccupazione soprattutto giovanile, del regredire del ceto medio, del mancato ricambio di classe dirigente, del disservizio pubblico ovunque e comunque configurato. C’è bisogno di una attenta riflessione e di un bagno di umiltà per cogliere questo stato d’animo vagante.

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