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Il Bianco Natale e le Insopportabili sciocchezze sui “mutamenti climatici di origine antropica”

Il Bianco Natale è ridotto a “evento estremo” dovuto ai “mutamenti climatici di origine antropica”: questo ci dice la RAI e ci ripetono gli altri pappagalli, non senza gli immancabili secondi fini politici. Ma se è vero che l’Italia è uno dei Paesi al Mondo con la popolazione più anziana, è mai possibile che tutti i vecchi siano tanto (precocemente) ammalati di “demenza senile” da avere dimenticato i “normali” inverni del secolo scorso? Un brillante e quasi giovane ingegnere si pone e mi pone questo sintetico quesito: “E adesso che non solo l’Italia ma mezza Europa si dibatte nella morsa del gelo, che diranno i climatologi? Sarà solo una fluttuazione statistica o l’eccezione che conferma la regola? Altrove si potrà dire che gelo e neve sono stati portati da correnti d’aria (peraltro pur sempre provenienti da questo stesso pianeta); ma qui in Padania non c’è un filo d’aria, quindi poche balle: è un freddo autoctono connaturato col territorio e non certo accidentale”. Sono un po’ a corto di argomenti, per non ripetermi (quante volte ho scritto che occorre un “genio” per valutare aumenti o diminuzioni di un decimo di grado medio su tutto il globo, acqua e terre emerse), ma gli ho mandato la risposta che segue che, a sua volta, contiene interrogativi che mi piacerebbe incuriosissero qualche volonteroso parascienziato bloccato in casa dal freddo e così gentile da sciogliere qualcuno dei nodi, possibilmente prima che arrivi la primavera.

Ecco la mia risposta.
“Puoi immaginare come da giorni mi frulli in testa l’articolo recente del Corriere della Sera, che sosteneva più o meno che in Scandinavia “ormai” (termine ecologista/catastrofista in voga per fortuna di tutti, ancora vivi e vegeti, da oltre 40 anni) facesse più freddo d’estate che d’inverno; e tutto perchè in un solo giorno di dicembre 2016 (l’anno, “senza discussione”, più caldo della storia: già è dimenticato anche il 2003) si erano raggiunti i 18 gradi (forse lo stesso giorno in cui a Milano si raggiunsero i 20°, la più alta temperatura invernale dal 1899). E Giovanni Caprara (nella foto a lato), “responsabile scientifico”, e mio amico dichiarato, ma latitante, conferma tutto, semmai rincarando la dose). Finalmente, dopo la tua saggia ma isolata reazione (forse ad altri dotti opinionisti appare troppo “provinciale”: Padania vs Resto del Mondo), vorrei ricavarne un articoletto.
Ne approfitto quindi per chiedere anche a te, che forse ne hai sentito parlare da autorevoli esperti: che cosa si intende per “temperatura media”, da cui nascono tutte le favole del riscaldamento globale e quindi il Movimento Ecologista, col supporto dei cosiddetti “Climatologi”, ormai autorizzati a fregiarsi del titolo di “scienziati”? Ti do qualche spunto per rispondermi: la temperatura “del Globo” si misura ancora col termometro e in gradi Celsius, e, contrariamente a quanto credessi, non ci si è allontanati molto dalle zone costiere (scritto da Giuliacci; le boe meteorologiche che studiavamo insieme 30 anni fa erano balle); più di quattro quinti della superficie terrestre perciò non sono monitorati; quel poco di crosta terrestre sotto osservazione arriva a qualche decina di metri di profondità.

I ripetuti (e voluti?) falsi dell’IPCC
Le temperature dell’Himalaya sono state falsate dell’IPCC qualche anno fa per fare tornare i conti catastrofisti (ammissione dell’IPCC stessa): Insomma, per dirla tutta, non esiste un reticolo omogeneo di punti di misura e tanto meno una maggiore definizione in prossimità di zone critiche (regioni vulcaniche e sismiche, ghiacciai, gli enormi vulcani suboceanici, ecc.); ho sentito anni fa (forse oggi non è più vero) che massima e minima non sono quelle vere  della giornata, ma quelle misurate in due ore fisse (credo alle 2 e alle 14), col risultato che a volte le massime sono inferiori alle minime (e anche a Milano talvolta succede, ma è un mio vago ricordo); non si tiene conto delle durate dei valori di temperatura, per cui un picco di un’ora a 30 gradi equivale, nel calcolo della media, a una durata di 18 ore alla stessa temperatura in una data località (e può succedere ovunque, a terra e in mare), ma forse anche questa stupidaggine in mezzo secolo è stata corretta. I satelliti, che pure potrebbero dare valori minuto secondo per minuto secondo e metro per metro, sono usati solo per fare le foto colorate da mettere sui giornali quando si vogliono diffondere gli allarmi, specialmente “contro” Cina e India, i massimi inquinatori: in Italia contano ancora oggi i dati provenienti da Brera (che risentono molto del traffico del limitatissimo Centro di Milano, ma i risultati vengono fatti valere per l’intera città e provincia) e da altri casottini installati i piccoli laboratori, come quello di Luca Mercalli, per esempio.

Le panzane del CNR e della pseudo comunità scientifica
Come ti avrò già scritto, professori del CNR da me interrogati sull’argomento, rispondono che i dati sono affidabili, “e più non dimandare” (Dante): ossia “la comunità scientifica” ci crede e pontifica; non permetterti di chiedere né gli algoritmi, né i modelli matematici usati; un certo Visconti dell’Università dell’Aquila e già rappresentante italiano a Bruxelles, che è considerato la massima autorità climatologica in Italia, oltre a un certo Giampiero Maracchi, toscano, il consulente catastrofista prediletto di Emilio Fede, ai suoi bei tempi, sono gli unici a potere parlare autorevolmente di clima, e non fanno che spiegare, continuamente e solamente, che Climatologia e Meteorologia sono due cose diverse, con questo non insegnando niente di nuovo e concordando con Luca Mercalli e Mario Tozzi e con l’emergente “bel fisico” (in realtà chimico del CNR) Valerio Rossi Albertini, visibilmente appassionato di LEGO con cui costruisce tutti i modellini di atomi da presentare in RAI Scuola. Così da questi dati ricavati da stravaganti e purtroppo ancor giovani alchimisti noi dovremmo convincerci che “le cose cambiano” e che “la catastrofe è in atto”, e che “dobbiamo abituarci a fenomeni estremi”, come se in Sicilia e in Calabria, o in Turchia e in Grecia (e Tel Aviv), non avessero mai visto la neve.

Alla fine è sempre colpa nostra
E infine: tutto questo “è colpa degli stili di vita della popolazione industrializzata”: cioè stai attento a come usi la macchina, o, meglio, cambiala per aumentare il PIL, non lavarti troppo, bevi di meno, non allevare bestiame, secondo i dettami di Fulco Pratesi-WWF e di Realacci-Legambiente (e del “fu” Veronesi); non usare gli “stand-by” degli apparecchi elettronici temporizzabili o telecomandabili; fai spegnere i lampioni nelle strade senza curarti della criminalità notturna, e finalmente sparati o avvelenati se non ti senti abbastanza bene da cavalcare una bicicletta, o un cavallo, o di saltare su un autobus in corsa.
Di quanto si inquini nella costruzione, distribuzione e uso (e manutenzione e ammodernamento) di armi da fuoco o armamenti in genere non è permesso parlare, sia per questioni di segreto militare, sia perché si troverebbe un’incidenza trascurabile, dicono, rispetto a quelli che lasciano una lampada accesa (o un antifurto) in casa per tenere lontano i ladri.
Chissà che qualcuno non chiarisca i miei dubbi, che mi trascino da decenni, sulla serietà degli “scienziati”, oggi chiamati “ricercatori” per potere fruire delle abbondanti elemosine che Giornali e TV raccolgono grazie ai martellanti annunci di malattie e stravolgimenti planetari”.

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