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Sulla riforma delle Ipab è scontro tra la sindaca di Torino e il governatore del Piemone

Torino (Giulia Giraudo) – L’ultimo campanello d’allarme sulla prossima riforma delle Ipab piemontesi suona per la totale indifferenza della giunta regionale di Chiamparino alle osservazioni puntuali e articolate del CSA – Coordinamento Sanità e Assistenza fra i movimenti di base – che richiedevano un approfondimento in Commissione. Il CSA è un’organizzazione di coordinamento accreditata come interlocutore autorevole in ambito socio assistenziale che opera ininterrottamente dal 1970 ma pare che le sue proposte non siano più prese in considerazione dalla giunta di centrosinistra. La normativa che sta per essere approvata in Regione, secondo qualcuno avrà un impatto molto negativo a livello economico e sociale su decine di strutture socio sanitarie e migliaia di malati e relative. Secondo il disegno di legge in discussione ormai da due anni le Ipab il cui valore medio della produzione, calcolato con riferimento agli ultimi tre anni di attività, è pari o superiore a 2,5 milioni di euro ed il cui patrimonio immobiliare è almeno di due milioni di euro devono trasformarsi in aziende, mentre quelle che hanno dato in concessione di servizio l’attività principale, si devono trasformare in fondazioni o associazioni, nel rispetto delle disposizioni statutarie. Per quanto riguarda le altre Istituzioni, il cui valore medio della produzione, calcolato con riferimento agli ultimi tre anni di attività, è inferiore a 2,5 milioni di euro, è prevista la trasformazione in fondazioni o associazioni. Le Ipab inattive da almeno due anni devono predisporre un piano di risanamento o di riconversione anche mediante la fusione con altre istituzioni o prevedendo la modifica delle finalità statutarie in altre finalità il più possibile simili a quelle previste nelle tavole di fondazione, al fine di consentirne la trasformazione in aziende o in enti di diritto privato. Per le Ibab che non attueranno il piano di risanamento è prevista l’estinzione con la conseguente devoluzione dell’eventuale patrimonio in favore delle aziende o dei Comuni del territorio. In sostanza si tratta di una “cura da cavallo” tendente alla privatizzazione delle Ipab con prevedibili nefaste conseguenze per gli utilizzatori finali che vedranno diminuire drasticamente le garanzie personali e finanziarie. A dimostrazione del fatto che la situazione non è per niente rassicurante, è la raccomandata (vedere a pie’ d’articolo) inviata nei giorni scorsi dalla sindaca di Torino Chiara Appendino al presidente della Regione Sergio Chiamparino, alla giunta regionale ed al consiglio regionale, dove si legge chiaramente che il Comune di Torino non intende rispettare i diktat della Regione, se non dopo aver effettuato una ricognizione dei beni e dei bilanci di tutte le Ipab di competenza comunale. Come dire: altolà Chiamparino, a casa mia, fino a prova contraria, comando io, firmato Chiara Appendino.
La cosa non è di poco conto se si somma alla sequela di ricorsi al tar che negli ultimi due anni sono stati avanzati da Ipab e Comuni piemontesi.

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