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DAL MOVIMENTO LIBERALE

OLTRE ALL’INNO DI MAMELI AI PRETI NON È MAI PIACIUTO NEMMENO IL TRICOLORE

Lettera Firmata
Egregio direttore,
approfittiamo della sua cortese ospitalità per sottolineare un fatto che conferma quanto noi del Movimento Liberale andiamo affermando da sempre: e cioè che l’Italia non si salverà dalla corruzione e dal servilismo se non si affranca dalla nefasta influenza delle sacrestie cattoliche. Apprendiamo dai giornali che il cardinal Bagnasco ha chiamato a rapporto l’opusdeiano Monti per dettargli l’agenda di governo in merito ad alcuni temi sociali come, per esempio, il matrimonio tra omosessuali. Prono, oltreché nei confronti degli aguzzini economici della Trilateral Commission, anche nei confronti del Vaticano tramite Bagnasco, Monti ha assicurato che uno dei provvedimenti da attuare subito nel caso che fosse confermato primo ministro sarà proprio la bocciatura della legge per i matrimoni gay. Occorrono a questo punto tre considerazioni che riteniamo importanti.
1) Come farà il post comunista Bersani coi suoi alleati (Vendola e Ingroia) ad appoggiare Monti e la sua politica liberticida?
2) Come è possibile che con tutti i problemi che ha l’Italia si dia la precedenza a temi che attengono alla sfera morale e intima delle persone, del tutto trascurabili per le sorti della nazione?
3) Come si permette Bagnasco, che è un prete, a dettare l’agenda ad un politico che probabilmente rivestirà il ruolo di presidente del consiglio?
Convinti come siamo che la libertà di ciascuno finisca dove inizia quella degli altri, ricordo al cardinale Bagnasco e a tutti i preti che le loro ingerenze sulle vicende attinenti la Cosa Pubblica sono sempre state drammatiche. Com’è successo per il nostro Tricolore, costato la vita a Giovanni Battista De Rolandis che lo aveva ideato verso la fine del XVIII secolo. Lo hanno ammazzato proprio quelli come loro, i preti, che vedevano nella bandiera che oggi è quella italiana il simbolo massonico e anticlericale da combattere con tutte le forze e con metodi truculenti. Infatti nel novembre del 1795 il Tribunale dell’Inquisizione Vaticana sottopose Giovanni Battista De Rolandis a quattordici interrogatori preceduti e seguiti da torture disumane. Il segretario di Stato di papa Pio VI, De Zelada, voleva conoscere quali erano i rapporti che De Rolandis aveva avuto coi francesi, le intenzioni del Direttorio di Parigi e sapere se Napoleone fosse o meno intenzionato a requisire i beni della Chiesa come era accaduto nel nord Europa. De Rolandis non parlò e, essendo, oltre che convinto massone, profondamente credente, si presentò sempre davanti al carnefice col Vangelo tra le mani. Fu ucciso sulla forca della Montagnola di Bologna il 23 aprile 1796 quando compiva 21 anni.

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