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Il ministero della Salute ha ordinato lo sbarco di 17 migranti dalla Diciotti

Roma (Agi) – Undici donne e sei uomini possono lasciare la nave Diciotti. Lo sbarco dal pattugliatore della Guardia costiera ormeggiata da cinque giorni al porto di Catania è stato ordinato dall’ufficio di Sanità marittima locale. A bordo erano saliti medici e ispettori del ministero della Salute. Due dei migranti si sospetta abbiano la tubercolosi. Ci sarebbe, a quanto si è appreso, l’ok anche del ministero dell’Interno. Sei uomini e sei donne sono scesi e saliti sulle ambulanze diretti all’ospedale Garibaldi. Altre cinque donne si sono però rifiutate di scendere perché intendono farlo solo con i loro compagni, per i quali è però necessaria una preventiva autorizzazione da parte del Viminale.
Le donne avrebbero subito stupri durante la permanenza nei campi della Libia, con traumi fisici e psicologici evidenti. Su di loro, in particolare, il pressing era giunto da più parti, dopo lo sbarco alcuni giorni fa dei 27 minori. Il Garante dei detenuti aveva sottolineato anche la presenza di gravi casi scabbia. Dalla Guardia costiera era stata peraltro reiterata ai ministeri e alle procure, la richiesta dello sbarco immediato di tutti.
Nella quinta giornata nel porto di Catania, restano sulla Diciotti 134 migranti soccorsi in acque Sar maltesi. Proprio mentre in procura a Roma il procuratore di Agrigento, Luigi Patronaggio, titolare dell’inchiesta sulla vicenda, cominciava ad ascoltare come “persone informate sui fatti” alcuni funzionari del ministero, dal Viminale hanno ribadito che “non cambia la linea della fermezza”.
“Sono tranquillissimo – ha assicurato poco dopo il ministro Salvini – e sto lavorando, con buone prospettive, a una soluzione positiva. Ogni denuncia è per me una medaglia al valore”.
L’ennesimo no allo sbarco è arrivato all’indomani d’una nuova fumata nera in sede europea: ieri un folto gruppo di migranti ha iniziato lo sciopero della fame a riprova di una insofferenza e di una tensione crescenti, e un inedito pressing è arrivato anche dalla stessa Guardia costiera che in un rapporto inviato al governo e alle procure ha evidenziato la criticità della situazione.
Ma i tempi minacciano di essere lunghi: per rendere un po’ meno precaria la condizione di chi è a bordo, stamattina sono arrivate delle docce da campeggio e alcuni tappetini per sostituire i cartoni su cui dormono i migranti. E nel pomeriggio è in programma una nuova manifestazione: Rete antirazzista, Legambiente, Pax Christi, Cobas, Arci, Anpi, No Muos e centri sociali si ritroveranno sotto lo slogan “Facciamoli scendere”.
A chiedere alle autorità italiane “lo sbarco immediato” è anche l’Unhcr, che nel contempo sollecita anche l’Unione europea a “offrire urgentemente posti di ricollocamento”: per l’alto commissario delle nazioni unite per i rifugiati, Filippo Grandi, “è giunto il momento di porre fine al botta e risposta che ha visto i Paesi competere in una corsa al ribasso su chi può assumersi la responsabilità minore per le persone soccorse in mare. È pericoloso e immorale mettere a rischio la vita dei rifugiati e dei richiedenti asilo, mentre gli Stati sono impegnati in un braccio di ferro politico per soluzioni a lungo termine”.
Sempre rovente la temperatura della polemica politica. “Un governo all’altezza delle sue responsabilità non minaccia, gestisce. Non viola le leggi, le fa rispettare. Così si distrugge la sovranità italiana”, twitta il segretario del Partito democratico Maurizio Martina.
“Ci sono 150 eritrei e 42 italiani presi in ostaggio dai post Facebook di qualche ministro – rincara la dose Matteo Renzi – Ma i diritti umani valgono più dei ‘mi piace’ sui social. Noi siamo l’Italia, non uno stato canaglia: restiamo umani e #FateliScendere”.
“La solidarietà europea non si invoca a nave in porto o minacciando, ma si costruisce ai tavoli internazionali, con fermezza ed equilibrio – sottolinea Giorgio Silli, responsabile immigrazione di Forza Italia – tutto il resto è propaganda che non porta alcun risultato concreto. Linea dura sì, ma sempre in un contesto di legalità”. Anche la Chiesa fa sentire la sua voce: “Ci sono donne e uomini sofferenti su quella nave – ricorda il cardinale Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento e presidente Caritas – A volte mi viene da pensare che se fossero degli animali li avremmo trattati meglio”.

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