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Il massacro dei cinghiali continua: ma perché non tentare di risolvere il problema facendo a meno della carabina?

Alessandria (Roberto Cavallero) – I cinghiali rappresentano, ormai da tempo, un problema decisamente serio per gli agricoltori, con danni ingenti causati alle coltivazioni e, per gli automobilisti, causa di incidenti stradali.
È notizia di questi giorni che la Provincia di Alessandria, con una delibera firmata dal presidente Gianfranco Baldi, ha deciso di prorogare il provvedimento, scaduto a dicembre, di abbattimento cinghiali per altri sei mesi, in attesa del nuovo piano di controllo. E la mattanza continua. Ma è davvero la soluzione giusta?
Sì, giusta per chi vende fucili e munizioni, ma non per gli agricoltori e i residenti perché i cinghiali restano.
Soluzione decisamente più alla portata sarebbe quella della sterilizzazione. Anziché sparare con pallottole che uccidono, basterebbe sparare proiettili che addormentano, catturare il grosso ungulato e poi sterilizzarlo.
Non riteniamo sia una procedura, almeno per quanto concerne gli esperti del settore, particolarmente complicata.
Altra soluzione, invece, potrebbe essere l’introduzione di un antagonista biologico ossia chi deve impedire l’eccessiva moltiplicazione di un animale forte come il cinghiale.
Dunque un predatore ancora più forte in grado che, in questo caso, può essere soltanto un grosso felino, dalla pantera in su. Ma è una soluzione più rischiosa che comporterebbe anche un maggior margine di insuccesso.
Un esperimento di questo tipo è stato fatto in un grande parco naturale, conservato per motivi di studio, tra la Polonia e la Russia. L’introduzione della lince, immessa per contenere la moltiplicazione dei cervidi, fallì perché il predatore, da sempre, nella sua eterna caccia, predilige gli animali più deboli e indifesi essendo il suo compito “naturale” anche quello di eliminare quelli malati per estinguere in tal modo il contagio. È successo così che le linci, anziché aggredire daini e cervi all’interno del parco, tendevano ad uscirne cacciando le pecore ed i bovini degli allevamenti vicini confinanti, incredibilmente più facili da catturare.
Quindi l’introduzione di un animale predatore forte tipo la lince, o comunque un felino di quelle dimensioni o di dimensioni anche maggiori nel nostro territorio, potrebbe portare ad un insuccesso nel tentativo di fermare la proliferazione dei cinghiali. Il rischio potrebbe essere quello che l’antagonista non cerchi lo scontro con il forte ungulato ma si “orienti” verso altre prede.
Nel frattempo il mondo scientifico pare essere in disaccordo con la volontà della Regione Piemonte di risolvere i problemi degli agricoltori autorizzando, a determinate condizioni, l’abbattimento dei capi da parte dei coltivatori stessi nei loro terreni, nel caso in cui le squadre di cinghialisti inviate dagli Ambiti territoriali di caccia non intervengano entro 48 ore, affermando, invece, che gli abbattimenti effettuati con le modalità previste nei piani provocano maggiore riproduzione dei cinghiali e una loro ulteriore diffusione sul territorio.
Tutto sommato la soluzione migliore dovrebbe essere quella della sterilizzazione. Una procedura che ci pare non impossibile se, come già detto prima, ad occuparsene fossero esperti del settore e non politici e politicanti che in materia ne sanno poco se non punto.

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