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Per la Lega il tonfo del M5s non è una vittoria ma un problema

Roma (Federica Valenti – Agi) – Gioia e timori. La Lega accoglie con entusiasmo il risultato “eclatante” in Abruzzo, prima Regione del centrosud in cui l’ormai ex partito di Umberto Bossi sfiora il 30 per cento, non senza preoccupazioni per l’impatto che il dimezzamento dei consensi del M5s potrebbe avere sul governo.
Il giorno dopo la vittoria del candidato del centrodestra, il senatore di Fratelli d’Italia Marco Marsilio, Matteo Salvini festeggia il risultato del suo partito, passato in meno di un anno dal 12% (già un buon risultato, alle politiche del 4 marzo) a oltre il 27%. Ma il segretario leghista è preoccupato per il crollo dell’alleato di governo, sceso sostanzialmente dal 41 a sotto il 20 per cento. E di eventuali rivendicazioni che l’ala più ortodossa del Movimento, che da sempre lamenta un appiattimento delle posizioni di governo su quelle salviniane, potrebbe avanzare sul suo primo interlocutore, Luigi Di Maio.

Il Carroccio non vuole far saltare il banco
Il giorno dopo il voto in Abruzzo è stato convocato in serata un vertice di governo, per affrontare diversi nodi che dividono i due partiti, Tav e Diciotti i più spinosi, in uno scenario post manovra, inaspettatamente per il leader leghista, ad altissimo tasso di litigiosità. Salvini ripete comunque come un mantra quello che già andava dicendo in campagna elettorale e cioè che la vittoria in Abruzzo è confinata all’Abruzzo e non avrà quindi conseguenze sul livello nazionale.
I leghisti non vogliono al momento sentir parlare di rimpasti o di cambio degli equilibri. Non andiamo a rischiare una lite per un posto in più da sottosegretario e neanche da ministro, insistono. Così come – nessuno lo dice a microfoni aperti ma tutti lo pensano – non vi è un leghista che creda nel ritorno della coalizione di centrodestra a livello nazionale, anche se tutti sottolineano come si lavori bene a livello locale.

Gli obiettivi di Salvini
Nella Lega di Salvini c’è quindi grande soddisfazione per il risultato centrato. E ogni obiettivo è focalizzato a far sì che sia replicato ai prossimi appuntamenti elettorali, il 24 febbraio in Sardegna, dove il candidato è l’autonomista ‘adottato’ dalla Lega Christian Solinas, leader del partito sardo d’azione. E alle successive europee. Ogni discussione su futuri cambiamenti di fisionomia del governo viene quindi messa sotto un tappeto che non sarà mosso quantomeno fino al 26 maggio, quando ci si misurerà, non su un voto locale, ma su un più ampio scacchiere.
Salvini ambisce a far in modo che la Lega sia confermata come primo partito in Italia alle Europee, come già emerge nei sondaggi e come emerso anche in Abruzzo. Occorre vedere quanto caleranno i 5 stelle, se caleranno. Ma nella competizione tutta interna al governo, ogni calo dei 5 stelle indebolisce la leadership di Di Maio e indebolisce il governo e quindi al momento è un problema per il leader leghista.

Gli obiettivi di Meloni
Quanto al ‘vecchio’ centrodestra, i numeri dicono che gli unici due partiti della coalizione che crescono sono Lega e Fratelli d’Italia (questi ultimi dal 4 al 6 per cento) e questo potrebbe dare speranze a coloro, come la leader di FdI Giorgia Meloni, vorrebbe rifondare il centrodestra dando all’alleanza una ‘matrice’ sovranista.
Vero è anche però che, seppur in calo, FI ha sostanzialmente ‘tenuto’ nel suo ex fortino abruzzese (scendendo al 9 per cento, dal 14 delle politiche). E bisogna ancora vedere se questo trend sarà confermato alle Europee o se i voti del partito di Silvio Berlusconi saranno fagocitati dagli ex alleati. E in ogni modo non è detto che Salvini abbia intenzione di tornare ai vecchi schemi in futuro. Sicuramente per ora professa lealtà ai pentastellati, preoccupato per le loro divisioni. Anche se queste ultime, in chiave elettorale, possono forse portar voti al suo mulino.

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