Press "Enter" to skip to content

A proposito di Tav: prendere il treno per andare ad Ancona? Meglio l’auto

di Andrea Rovere – “E allora, io quasi quasi prendo il treno e vengo, vengo da te…”, cantava Celentano in Azzurro. Del resto, quelli erano tempi in cui ogni giovane innamorato, con poche lire in tasca, poteva saltare su un convoglio e raggiungere l’amata. Era un attimo: un rapido conto, l’acquisto del biglietto allo sportello, e via. Bologna, Firenze, Ancona, nessun problema. Ci voleva il suo tempo, certo, e magari i sedili non erano il massimo della comodità, ma si spendeva poco, si poteva decidere all’ultimo, e si arrivava. Oggi, invece? Lo si dovrebbe chiedere al collega qui accanto che, per andare, non dalla morosa, ma ai funerali di una parente proprio nel capoluogo marchigiano, alla fine ha dovuto capitolare optando per l’automobile. Di fronte a tre cambi fissi, fra l’altro senza la certezza di acchiappare il treno seguente – perché il biglietto te lo vendono, ma se poi il tempo non è sufficiente per effettuare il cambio, vai a piedi –, alle sei ore di viaggio previste, e ai 140 Euro circa a persona per un viaggio andata e ritorno presumibilmente da incubo, anche i migliori propositi rischiano di andare a farsi benedire, e il nostro amico si è dunque messo al volante. Per carità, spendere qualcosina di meno sarebbe stato anche possibile, ma a quel punto le ore di viaggio sarebbero diventate otto, e il buon Corradi avrebbe dato l’estremo saluto alla prozia già tumulata. Ecco allora perché, quando qui, in redazione, si sentono nominare Terzo Valico, Torino-Lione e grandi opere simili, i capelli si rizzano sulla testa e qualcos’altro casca al suolo, sembrandoci un paradosso parlare di super treni in un Paese che avrebbe un disperato bisogno di convogli efficienti, di più linee “normali”, più moderne e con più binari, e in generale di un ripensamento della rete ferroviaria attuale di modo che tutti possano raggiungere quantomeno decentemente in termini di costi, tempi e modalità, la destinazione desiderata. Da tempo infatti, specie dalle nostre parti, questo non sembra più possibile. Al limite, e non è comunque garantito, se si ha il portafogli gonfio, ma per la gente comune, spostarsi in treno è diventata un’esperienza ai confini della realtà. Basti pensare che, addirittura, raggiungere Bologna da Alessandria risulta più difficile di vent’anni fa, quando l’offerta di treni era più ricca e diversificata, e anche un operaio poteva concedersi un weekend all’ombra della Torre degli Asinelli senza dover decidere due mesi prima, come nel caso di un viaggio a New York, siccome ad oggi, per non venire dissanguati, tocca regolarsi con forte anticipo anche per fare duecentocinquanta chilometri. E questo tutto l’anno, non solo per le feste natalizie, Ferragosto eccetera. E non attraverso un itinerario razionale, ma facendo il giro delle sette chiese, che, nel caso di Alessandria-Bologna, significa passare da Milano per poi riscendere giù verso la Romagna. Logico, no?
Forse, allora, c’è un’unica soluzione: diventare tutti milanesi, così qualche “lusso” ce lo potremo concedere. Qui in provincia, invece, ci si attacca. E giusto al tram, se c’è, perché già solo a pensar di metter piede su un treno, visti i prezzi, gira la testa.

Comments are closed.