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IL KEDIVÈ DI ALESSANDRIA MANDROGNA

Le industrie non sono formate da casti angioletti e ancor meno lo sono i loro uffici vendita. Quando le ricerche falliscono i risultati sperati oppure risultano di costo eccessivo e fuori mercato, ciò che si ottiene non sempre viene demolito o abbandonato, ma, se si riesce viene venduto ad acquirenti sprovveduti o corrotti. È sempre stato così, ieri come oggi avviene con certi metodi  alternativi di produzione di energia. Correva l’anno 1870, gli inglesi misero a punto il seguente impianto: tramite una serie di specchi parabolici si concentravano i raggi del sole su una caldaia facendone bollire l’acqua. Il vapore ottenuto metteva in movimento una macchina alternativa il cui moto, collegato ad una pompa, estraeva acqua dal suolo. Quando c’era bel tempo funzionava benissimo senza problemi, ma aveva solo un gravissimo difetto: l’acqua estratta, per tutta una serie di motivi che non stiamo ad elencare, costava più dello champagne. E allora cosa fecero? Anziché sovvenzionare con denaro pubblico gli acquirenti, come  si fa in questa nostra Italia basata sulla corruzione e sullo spreco, lo vendettero al più citrullo dei loro clienti, il kedivè d’Egitto a cui già vendevano locomotive mal riuscite senza poi dargli i binari perché non se ne accorgesse (tra l’altro con questo metodo lo fecero indebitare al punto da portargli via il bene più prezioso che possedeva: il canale di Suez). L’attuale kedivè di Alessandria, purtroppo per noi di Italia e non di Egitto, si è fatto rifilare un mini impianto a turbina per produrre corrente elettrica sfruttando il salto di pressione del gas dai tubi della grande distribuzione a quelli domestici. Il tutto per la modica cifra di un milione e mezzo di euro. Ovviamente ispirato in questo da quel genio universale dello scibile umano che spazia dal gas all’acqua, alle rose alle turbine elettriche, al cromo, al teatro, ecc.ecc. del dirigente massimo dell’Amag alessandrina. La convenienza dell’impianto si basa su calcoli forniti dal venditore stesso e che in Comune nessuno si è permesso di verificare. Per spiegarci è come basarsi per comprare il vino sul giudizio dell’oste da cui lo si è acquistato. A questo punto i due astuti acquirenti giureranno sulla validità del loro operato. È sempre l’acquirente del quadro falso quello che più grida per garantirne l’autenticità. Aspettiamo i dati di bilancio di questa bizzarra operazione nel corso del prossimo anno. Ma chiediamo di farli separati da quelli del resto dell’Amag onde rendere impossibile ogni loro furbastro mascheramento. In merito,è già cominciata un’operazione di mimetismo. Poiché per raffreddare l’impianto si userà olio di colza o di girasole, si è già cominciato a dire che ciò darà incremento all’agricoltura, e avanti così con tutta un’altra serie di dati di tipo agricolo assolutamente non verificati né verificabili.

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