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Dalla difesa del lavoro alla difesa del capitale: le sinistre hanno tradito Marx

di Eliseo Bertolasi (Sputnik) – Con costanza e caparbietà che rasenta il fanatismo, dal caso della nave “Sea Watch 3”, fino alla Open Arms di questi giorni, i fautori dell’“ideologia immigrazionista” non arretrano.
Hanno tutta l’intenzione di continuare a voler imporre la loro agenda all’Italia, nonostante le politiche messe in campo dal Ministro degli Interni Matteo Salvini, atte a dare un giro di vite all’afflusso di migranti, siano l’espressione di un ampio consenso popolare.
Un chiaro punto di discrepanza nelle azioni di questi signori, di certo non cassaintegrati e nemmeno indigenti, che affermano benevolmente di voler aiutare i più poveri, i più deboli… corteggiati e appoggiati dalle forze di sinistra, è che non si dedicano mai ai poveri di casa loro. Fingono di non vedere che proprio le fasce autoctone meno abbiente, popolari, salariate, sono quelle che maggiormente dovranno compiere ulteriori sacrifici, dovendo inevitabilmente accollarsi l’onere di convivere, in competizione, con i nuovi arrivati nelle periferie delle città: degrado, povertà, crollo del welfare, mancanza di lavoro, o lavoro sempre più precarizzato e sottopagato. L’ennesima guerra tra poveri.
Com’è possibile che la sinistra, storicamente baluardo della classe operaia, del proletariato… sia diventa “anti-operaia”, mostrando una mutazione antropologica fino ad abbracciare valori diametralmente opposti a quelli classici di sinistra? Che fine ha fatto il partito di Togliatti?

Per provare a capire questa nuova ideologia, questo passaggio cruciale, Sputnik Italia ha incontrato il filosofo Diego Fusaro, grande esperto del pensiero marxiano, autore di numerosi libri e saggi.
– La loro ideologia è semplicemente quella di ridurre ogni realtà materiale o immateriale a merce circolante sul mondo ridotto a mercato. La loro idea è quella di trasformare il mondo intero ad un unico mercato dove tutto scorre, circola, ma nella forma merce, siano esse le merci propriamente dette, siano esse le persone ridotte a merci. L’idea è quella di un mondo aperto, una “open society” ad illimitato scorrimento dei capitali, delle persone, dei desideri consumistici, dove tutto ciò che possa ostacolare questo scorrere illimitato e infinito delle merci viene vissuto come un ostacolo pericoloso: fascista, stalinista rossobruno, nazionalista, regressivo, antimoderno… Questa in estrema sintesi è l’ideologia del globalismo capitalistico che ha vinto dopo il 1989.
– Perché la loro visione del mondo dovrebbe incondizionatamente diventare universale? Da dove proviene la loro presunzione nel dover rieducare l’umanità ai valori della loro ideologia?
Qui abbiamo a che fare con quella che Marx chiamerebbe “la falsa coscienza necessaria”. Loro si autoconvincono davvero che il loro interesse di classe, che in effetti è l’interesse di un Soros, di un Rockefeller… è che tutto il mondo diventi un piano liscio mercatistico di merci che scorrono. Si convincono che questa loro visione di classe rappresenti il bene per l’umanità tutta. È “falsa coscienza necessaria” allo stato puro. È “ideologia” direbbe Marx. L’ideologia è quella che cerca di preservare un punto di vista che rispecchi l’interesse di un gruppo specifico per presentarlo come se valesse per l’intera umanità, quando in realtà non è così, perché l’ideologia capitalistica, che è sicuramente un bene per i capitalisti alla Soros, è un male per il restante 90, anzi 99 % del genere umano. Questo è il dramma in cui ci troviamo.

Dal marxismo classico ai globalisti di sinistra
– Diego tu sei un grande conoscitore del pensiero di Marx. Qual è la differenza tra il marxismo classico che alla base della sua analisi sociale poneva il lavoro, i diritti del proletariato, la lotta di classe… e il marxismo che invece anima i progressisti, i globalisti moderni, sedicenti marxisti?
Del marxismo classico di Marx, di Gramsci, di Lenin non resta più nulla, tant’è che oggi quelli che si definiscono “marxisti”, o “di sinistra”, o “comunisti”, in realtà, io dico sempre, sono passati dal rosso al fucsia, dalla falce e martello all’arcobaleno dei diritti del consumatore individuale. Ne ho anche parlato nel mio libro “Storia e coscienza del precariato. Servi e signori della globalizzazione” edito da Bompiani. Pensano al comunismo non come alla società senza classi del lavoro e dei lavoratori, ma come a un “gay pride” permanente dove ogni desiderio di consumo deve realizzarsi, a parte che si abbia il denaro che lo permetta. Questo è il punto fondamentale.
Le sinistre oggi hanno tradito Marx e Gramsci e sono passate dalla difesa del lavoro, alla difesa del capitale, del globalismo cosmopolitico. Ecco perché oggi le sinistre non sono la soluzione, ma sono il problema: sono passate dalla lotta all’imperialismo americano alla lotta “per” l’imperialismo americano, sono passate dalla lotta contro il capitalismo alla lotta “per” il capitalismo e “per” la libera circolazione. Le sinistre, oggi, sono esattamente tutto ciò contro cui Marx ha lottato per tutta la vita.
– I migranti, che senza “se” e senza “ma” questi signori vorrebbero imporci, andranno a ingrossare la massa dei disoccupati, quelli che Marx chiamava “esercito industriale di riserva”. La loro presenza è funzionale all’esistenza stessa del sistema capitalistico. Possibile che i progressisti “sedicenti marxisti” odierni non se ne rendano conto?
Il capitalismo vive nella misura in cui trova sempre qualcuno disposto a produrre a un costo più basso e lo fa, o delocalizzando la produzione, o in India, o in Pakistan, o in Bangladesh… oppure attirando masse di disperati che abbassino il costo della forza lavoro. Per cui, se tu lavoratore di Torino Mirafiori guadagnavi dieci euro all’ora perché tuo nonno aveva fatto le lotte di classe e aveva conquistato i diritti, devi ora competere con chi arriva dall’Africa e fa il tuo stesso lavoro a due euro all’ora, è chiaro, quindi, che vince il capitale. Non vince né il migrante, né l’autoctono, ma vince il capitale. Ecco perché quella che oggi ci ostiniamo a chiamare “immigrazione di massa”, dal mio punto di vista è una “deportazione schiavistica di massa” di africani, che prima vengono destabilizzati mediante i bombardamenti occidentali, vedi il caso della Libia nel 2011, e poi costretti allo sradicamento e a finire in occidente per essere sfruttati e per abbassare i costi della forza lavoro.
Le sinistre anziché opporsi a questo abominio dello sfruttamento dei lavoratori e alla deportazione degli africani, dicono: “porti aperti”, che è la parola d’ordine del padronato cosmopolitico che vuole la libera circolazione delle merci e delle persone.
Costanzo Preve un precursore della situazione attuale
– Costanzo Preve, che so essere un tuo punto di riferimento, con una lucidità profetica, una trentina d’anni fa scrisse il libro “La teoria in Pezzi”, dove preannunciava questa deriva. Sei d’accordo?
Sono totalmente d’accordo col mio compianto maestro Costanzo Preve, il quale aveva già capito, in un suo libro del 1989 intitolato “La passione durevole”, che le sinistre sarebbero diventate ultracapitalistiche con un percorso che inizia nel ‘68, in occidente. Il ‘68 è un momento di ammodernamento del capitalismo che diventa da autoritario-borghese a post-autoritario e post-borghese, diventa un capitalismo self-service permissivista. Le sinistre appoggiano questo passaggio scambiandolo per la rivoluzione comunista, quando invece è una rivoluzione del capitale “per” il capitale. Il ‘68 è il trionfo di un nuovo spirito del capitalismo permissivo dove ogni desiderio di consumo coincide con un diritto dell’individuo. Le sinistre all’interno di questo paradigma squallido hanno dimenticato completamente i temi del lavoro, della società e anche della sovranità nazionale, come base di ogni possibile democrazia. Per inciso le sinistre sono cosmopolite come i padroni e dimenticano il fatto che non esiste, nel ‘900, un solo stato, una sola esperienza di comunismo, o di socialismo che non sia esistita nella sovranità dello stato nazionale: da Cuba di “patria o muerte”, al Cile di Allende, alle democrazie scandinave, fino alla stessa Unione Sovietica come “comunismo in un solo Paese”.

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