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Indottrinati via cavo da programmi web della BBC, in dieci anni i bambini che vogliono cambiare sesso sono aumentati del 4400%, ma non gli dice nessuno che il sesso non si può cambiare

Londra (Antonella Ranalli) – Il governo britannico ha commissionato mesi fa uno studio per scoprire per quali ragioni nell’ultimo decennio il numero dei minorenni che chiedono trattamenti medici per il “cambiamento” di sesso (o per meglio dire, dei genitori che li chiedono per i propri figli) è aumentato del 4400%. Se non ci fosse di mezzo la salute di centinaia di bambini ci si potrebbe fare una grossa risata: chissà cosa si aspettavano, visto che i bambini inglesi subiscono da anni l’indottrinamento con le teorie del gender.
Attraverso i tubi catodici, la Bbc completa il lavorio operato nelle scuole di ogni ordine e grado.
La Tv pubblica britannica è molto trasparente sull’argomento e rende accessibili a tutti – attraverso internet – le proprie direttive interne. Sono letture interessanti e siamo convinti che documenti simili circolino negli uffici di molte emittenti, comprese quelle italiane, che invece non li diffondono all’opinione pubblica. Nella “Strategia per la diversità e l’inclusione”, ad esempio, si legge che la Bbc si pone l’obiettivo di raggiungere entro il 2020 la quota dell’8% di dipendenti e di personaggi di fantasia Lgbt, «compresi alcuni ruoli da protagonista». Interrogati riguardo la scelta di questa cifra hanno spiegato di aver «lavorato a stretto contatto con Stonewall e con Pride e Unions (associazioni degli impiegati Lgbt) per determinare un obiettivo che possa essere un riflesso della realtà e una sfida per il futuro» e di aver quindi fatto la media tra la percentuale di cittadini britannici Lgbt che risulta dai rapporti dell’Ufficio per le statistiche nazionali (2%) e quella del rapporto di Albert Kinsey (10%). Questo calcolo è talmente illogico da far sospettare di essere stato ideato in malafede: infatti solo la prima cifra, derivante dai rapporti annuali dell’equivalente britannico del nostro Istat, è attendibile; mentre la seconda risale a sondaggi condotti negli anni ’40 negli Stati Uniti da un entomologo pedofilo, sondaggi i cui risultati sono stati sbugiardati decenni fa dalla comunità scientifica (ma che continuano ad essere considerati veri dagli attivisti Lgbt e da sceneggiatori cinematografici e televisivi). In ogni caso, la Bbc ha candidamente ammesso di aver commissionato un censimento iniziato dopo la redazione della suddetta strategia (perché dopo e non prima? Mistero!) che ne sancisce l’inutilità poiché già adesso la quota Lgbt è del 10,7% tra gli impiegati e dell’11,5% tra i dirigenti. I soggetti in eccedenza rispetto a quell’8% di cui sopra, allora, saranno licenziati od obbligati a diventare etero? E come fanno a verificare che le preferenze sessuali dichiarate siano veritiere? E se qualcuno si rifiuta di rivelare questi aspetti della propria vita? E se dopo essere stati assunti si cambia preferenze? E se invece si assumesse solo in base ai meriti professionali? Per il momento queste domande rimangono senza risposta.
Se ci fermassimo qui qualcuno potrebbe pensare che i dirigenti della Bbc vogliano essere obiettivi e imparziali, ma che le loro buone intenzioni siano vanificate da una scarsa conoscenza delle statistiche. Invece, analizzando altri documenti, come ad esempio il “Ritratto di lesbiche, gay e bisessuali” (ebbene sì, mancano i transessuali: c’è una certa tensione “omofobica” e “transfobica” tra lesbiche, gay e trans: il mondo arcobaleno non è affatto pacifico come i più credono) si capisce che non è così. Questa indagine del 2010 comprende una parte che viene definita quantitativa, in cui si sottopongono dei questionari a 1635 persone (con un 3% di quota Lgbt, quindi sempre superiore alla più verosimile proporzione nazionale), e una qualitativa, in cui si raccolgono le indicazioni di alcuni esperti, di cui non si rivela il nome. E secondo voi questi misteriosi esperti sono psicoterapeuti? Pediatri? Pedagogisti? Rappresentanti di associazioni di genitori? Ma certo che no! Sono attivisti Lgb! Un* di loro ritiene che nei programmi per bambini «il problema non dovrebbe essere la presenza di adulti omosessuali, ma ci dovrebbe essere un bambino che si pone domande sulla propria sessualità alla giusta età… per queste cose per me sarebbe positivo» e che la Bbc deve «permettere alla gente innanzitutto di raggiungere un livello di accettazione e poi introdurre personaggi Lgb all’interno di contesti appropriati e familiari […], senza  essere invadenti, ma mostrando in maniera sottile un’interazione positiva tra persone Lgb e persone eterosessuali” (notate che la “t” non compare più. Saranno punibili per transfobia alla Bbc?).
L’indagine è stata ripetuta nel 2012, più o meno con la stessa metodologia (a parte per l’aumento al 4,5% della quota di persone Lgb tra quelle intervistate per la parte quantitativa) e tra i consigli dei soliti esperti misteriosi leggiamo: «C’è ancora la percezione nella comunità Lgb che nei media ci sia un’insufficiente rappresentazione delle persone Lgb e che la Bbc dovrebbe essere più coraggiosa e creativa nel modo con cui le rappresenta».
Uno che invece si firma è Joe Godwin, direttore del settore infanzia, che ci informa che l’approccio corrente del canale dedicato ai bambini dai 6 ai 12 anni è quello di «esplorare lo sviluppo sessuale dei bambini e ritrarre adulti Lgb in contesti riguardanti le famiglie”. Il significato dell’espressione “esplorare lo sviluppo sessuale dei bambini” non viene specificato e fa venire i brividi, considerando anche gli scandali che hanno coinvolto la Bbc, come le violenze sessuali commesse in quasi mezzo secolo dal presentatore Jimmy Savile su centinaia di minorenni, violenze spesso avvenute negli studi dell’emittente e da essa coperte anche dopo la morte di Savile. Forse per capire il possibile significato di quell’espressione bisogna prendere in considerazione programmi trasmessi negli ultimi anni come “I’m Leo”, una serie di documentari su una tredicenne allevata come un maschio dall’età di cinque anni, “Just a girl”, una web serie in cui l’undicenne Amy nasconde ai suoi nuovi compagni di scuola il fatto di essere in realtà un bambino di nome Ben, o come il documentario “I don’t want to grow a beard”, su due bambini transgender. In tutti questi programmi il cambio di sesso è ovviamente presentato come una scelta pienamente consapevole del minore, priva di effetti collaterali psicofisici e foriera di eterna felicità.
La missione “civilizzatrice” della Bbc continua sul suo sito internet, con pagine che rimandano per ulteriori informazioni a siti di associazioni Lgbt. Gli scopi di questa collaborazione si evincono da una relazione basata sull’indagine del 2012 in cui si legge che «gli esperti Lgb credono che i modelli di comportamento possono giocare un impatto efficace nel rassicurare i giovani individui Lgb o nel mostrare esperienze e risultati positivi, soprattutto per coloro che vivono in comunità rurali, perché lì è meno probabile che ci siano persone Lgb a cui possono rivolgersi direttamente per avere una guida» e che quindi «la Bbc dovrebbe cercare di incorporare il ritratto di persone Lgb all’interno di programmi rivolti ai bambini».
Ecco dunque l’obiettivo finale: far passare il messaggio che a consigliare ragazzini confusi e vulnerabili debbano essere non i genitori o i parenti, non gli insegnanti, non i pediatri, ma degli sconosciuti privi di qualifiche professionali per i quali ovviamente esiste un’unica scelta accettabile (e tutte le altre sono omofobe e bigotte). Questo piano così ben congeniato si è rivelato efficace, così efficace da ridurre sul lastrico il sistema sanitario nazionale, che non ce la fa più a sostenere le spese per le terapie ormonali e chirurgiche chieste dai giovanissimi che chiedono di “cambiare sesso”.

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