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Uccideteli tutti, Dio riconoscerà i suoi

di Andrea Guenna – Nel titolo è riportata la frase attribuita ad Arnaldo di Citeaux, il monaco cistercense e templare, legato del papa Innocenzo III, che pronunciò a Béziers il 22 luglio del 1209 nel corso della crociata contro gli albigesi, incitando i suoi Cavalieri Templari che compirono un massacro in nome di Dio di tutta la popolazione del luogo, circa 20.000 persone, in maggioranza catari.
Se da un lato, chi scrive, è dalla parte dei Templari, dall’altra si pone una domanda: la Chiesa sedicente di Cristo è veramente quella che Cristo voleva? E ancora: Cristo era veramente pacifico, o un rivoluzionario?
Per la verità la domanda accredita la seconda ipotesi, in quanto se Cristo fosse stato un uomo pacifico, non c’era bisogno di “una gran folla con spade e bastoni, mandata dai sommi sacerdoti e dagli anziani del popolo” per arrestarlo. E allora, ha fatto bene Arnaldo di Citeaux a scatenare i suoi Templari (con buona pace dei minchioni convinti che i Templari erano vicini agli Albigesi) contro gli eretici, o cosa?
Chi scrive non da un parere in merito ma, essendo un cronista, può solo registrare la realtà, e deve scrivere che la Chiesa è sempre stata un sodalizio di carnefici in nome di Dio, che hanno massacrato milioni di persone colpevoli del fatto che, secondo i preti, erano eretici. Lasciando da parte i crimini più noti come il supplizio di Giovanna d’Arco, di Giordano Bruno e Gerolamo Savonarola, ricordo che nel 965, 24 ribelli romani furono condannati a morte su ordine di papa Giovanni XIII a Roma; nel 1397, 100 valdesi di Graz in Austria furono impiccati e bruciati per ordine dell’Inquisizione; nel 1416 ben 300 donne accusate di stregoneria furono arse vive nel comasco per ordine dell’Inquisizione cattolica; nel 1485, 41 donne accusate di stregoneria furono condannate al rogo a Bormio per ordine dell’Inquisizione; nel 1486, 31 ebrei furono giustiziati a Belalcazar in Spagna per ordine dell’Inquisizione; nel 1505, 14 donne accusate di stregoneria furono ammazzate a Cavalese su ordine del vicario del vescovo di Trento; nel 1514, 30 donne accusate di stregoneria furono bruciate a Bormio per ordine dell’Inquisizione; nel 1518, 80 donne accusate di stregoneria furono bruciate in Valcamonica per ordine dell’Inquisizione; nel 1559, 15 protestanti furono arsi vivi a Valladolid in Spagna su ordine dell’Inquisizione; nel 1562, 63 donne accusate di stregoneria furono bruciate a Wiesensteig in Germania su ordine dell’Inquisizione; nel 1573, 5.000 servi della gleba croati in rivolta furono massacrati per ordine del vescovo cattolico Jurai Draskovic; nel 1580, 222 ebrei furono condannati al rogo per ordine dell’Inquisizione in Portogallo; nel 1680, 20 ebrei furono condannati al rogo a Madrid per ordine dell’Inquisizione.
Poi i preti si fecero più prudenti ma non esitarono a scomunicare i nostri padri della Patria come Cavour, Vittorio Emanuele II, Garibaldi ed altri, perché usurpatori dello Stato Pontificio. Ed è bene sapere che la Chiesa Cattolica Romana e i suoi rappresentanti, a partire dal cardinale Giovanni Maria Mastai Ferretti, ovvero papa Pio IX, nel 1848 furono i mandanti dell’assassinio del liberale e massone Goffredo Mameli, l’autore del nostro inno nazionale. Infatti, com’è noto, c’era vecchia ruggine fra i liberali e i cattolici, e ciò fu alla base della nascita della Repubblica Romana del 1848 – 1849, difesa dai patrioti liberali, carbonari e liberi muratori contro le truppe del papa che sparavano volentieri infrangendo a ripetizione il quinto comandamento.
E proprio sulle barricate dei repubblicani era salito il fratello Goffredo Mameli, l’autore dell’Inno Nazionale, il quale fu colpito dalla fucilata di un giannizzero papalino per cui morì a soli 21 anni per la ferita che si infettò. Era il 6 luglio del 1849 e i liberali in quell’asperrima battaglia difesero fino alla morte la seconda Repubblica Romana versando il loro sangue contro gli attacchi furibondi delle truppe della Chiesa che, mentre predicava – e predica – l’amore fraterno, l’accoglienza e il perdono, se non gli vai a genio, oggi come allora, ti toglie di mezzo senza tanti complimenti.
La storia si ripete e la musica non è cambiata. Infatti a prendere posizione contro chi vuole l’Italia di nuovo libera e sovrana è padre Antonio Spadaro (nel fotomontaggio da foto web con Salvini) direttore di Civiltà  Cattolica, il periodico dei Gesuiti, che, parlando di Salvini, non risparmia molti rimproveri perché in certi comizi ostenta il Rosario. Secondo lui è bene separare il potere temporale da quello spirituale, per lui il contesto corretto è quello di una libera Chiesa in un libero Stato, e la cosa mi fa piacere perché finalmente, dopo tanti anni e tanti morti, anche i preti capiscono quello che voleva Mameli.
“Rosari e crocifissi – ha detto Spadaro riferito a Salvini – sono usati come segni dal valore politico, ma in maniera inversa rispetto al passato: se prima si dava a Dio quel che invece sarebbe stato bene restasse nelle mani di Cesare, adesso è Cesare a impugnare e brandire quello che è di Dio”. Il che vale a dire che, se la Chiesa ha rinunciato al potere temporale, lo Stato deve lasciar perdere il Padreterno.
Il direttore della rivista dei Gesuiti ricorda su facebook di “non nominare il nome di Dio invano” per “i propri scopi”.
“La coscienza critica e il discernimento dovrebbe aiutare a capire che non è un comizio politico il luogo per fare litanie (e in nome di valori che col Vangelo di Gesù nulla hanno a che fare). Ciascuno può valutare le intenzioni e farsi la propria opinione. Tuttavia – prosegue – è chiaro che l’identità nazionalista e sovranista ha bisogno di fondarsi anche sulla religione per imporsi”.
Esattamente come ha fatto la Democrazia Cristiana nel dopo guerra con la benedizione di quelli come lei, padre Spadaro.
Sarebbe meglio che voi preti vi preoccupaste di più della crisi profonda in cui versano le vostre parrocchie, e del messaggio per il quale un Signore, tanti anni fa, si è fatto inchiodare sulla Croce.
E, a questo punto, è del tutto evidente che la Chiesa che voi avete costruito non è quella che voleva Cristo.
Tant’è che papa Ratzinger ha preferito ritirarsi consentendo di giungere al Soglio Pontificio a un antipapa come Bergoglio, già complice dei carnefici argentini ed oggi al soldo di Soros.
Come riportato nel 2013 da “Il Fatto Quotidiano”, secondo Horacio Verbitsky, intellettuale, scrittore e giornalista di Buenos Aires, Jorge Mario Bergoglio, alias papa Francesco, “è stato collaborazionista della dittatura argentina dei generali”. A questo proposito l’intellettuale argentino ha detto di aver trovato una serie di documenti che non lasciano dubbi.
Lo stesso Bergoglio che, non potendo andare di persona alle riunioni del Bilderberg, manda il suo braccio destro Parolin.
Se questa è la Chiesa, questa Chiesa non mi piace.
E tanto meno i gesuiti come lei, padre Spadaro.
Ed è una chiesa che non può dare patenti a nessuno, tanto meno a Salvini.
Omnia munda mundis.

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