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Il Museo della Gambarina al primo posto in Alessandria

di Piercarlo Fabbio – Chi volesse dilettarsi sull’importanza dei Musei in Piemonte, potrebbe verificare i dati delle visite riguardanti i 199 musei che fanno parte del sistema. Andiamo subito al nocciolo della questione: durante il 2018, il sistema museale piemontese perde circa l’1,9% di visitatori, che superano comunque i 6,5 milioni di persone. La parte del leone la fa l’Area Metropolitana di Torino, che da sola apporta 5,1 milioni di visitatori. Ovviamente è anche il sistema che fa registrare il decremento più corposo con 310 mila spettatori in meno.
Se questo è il quadro regionale, che può contare su un patrimonio monumentale e museale di grande rilievo – si pensi solo a Venaria Reale o al Museo Egizio, cioè colossi da circa 800 mila 1 milione di visitatori all’anno ognuno – come va in provincia di Alessandria e segnatamente nel tanto vituperato capoluogo, da sempre malamente considerato sul piano culturale?
La provincia occupa la parte bassa della classifica piemontese, con un settimo posto dovuto ai quasi 80 mila visitatori raggiunti nel 2018, ma se guardiamo all’interno della classifica provinciale, le sorprese non mancano. Primo il Museo d’Arte e Storia Ebraica di Casale Monferrato (16.374 presenze con un incremento del 3,5% rispetto al 2016) e secondo – forse la notizia sta qui – il Museo Etnografico “C’era una volta”, detto anche Museo della Gambarina di Alessandria con oltre 10 mila accessi ed un aumento rispetto all’anno precedente di ben il 12,2%. Staccato il Museo della Battaglia di Marengo con 3200 presenze, anche se con un buon +15,4% rispetto al 2017.
Perché, dicevo, la notizia sta nel primo posto in Alessandria del Museo della Gambarina? Perché i visitatori hanno preferito occuparsi di oggetti della vita quotidiana, di cultura rurale, di povere cose anziché di reperti ridondanti riferiti a grandi eventi della nostra storia oppure a scenografie mozzafiato composte da stucchi, ori, ricchezze, specchi, come offre ad esempio Palazzo Cuttica (4557 visitatori). L’utile pare essere preferito all’estetica fine a se stessa oppure alle prove d’autore di volta in volta presentate alle Sale d’Arte (1597 visitatori).
C’è però anche un altro aspetto da non sottovalutare: quello delle gestioni. Il Museo della Gambarina è gestito da un’associazione di volontari, appunto gli Amici del Museo, che regolano il loro rapporto con il Comune di Alessandria attraverso una convenzione che peraltro è in fase di riapprovazione da parte del Municipio, mentre Marengo, ad esempio, è stato affidato ad una partecipata pubblica come “Costruire Insieme”. Quali differenze? Al di là della professionalità di chi gestisce un museo come la Gambarina da oltre vent’anni in quel luogo, venendo comunque da un’esperienza che data 1983 in Valle San Bartolomeo, sono meno incidenti i costi. Diciamo, con una battuta, che gli umili, come avrebbe detto il Manzoni, si accontentano di poco. Un poco di più gli altri, che però, ad esempio, non aprono le loro porte così spesso come alla Gambarina. Il Museo etnografico è infatti chiuso solo la domenica mattina, salvo che non vi siano particolari iniziative che si svolgano nelle loro sale in quelle ore.
Dobbiamo quindi affermare che il volontariato è meglio dei sistemi gestionali finanziati dalle Istituzioni? No, certamente, anche perché ciò che succede alla Gambarina mi pare un episodio irripetibile e non sostituibile da alcuna partecipata, né da gestioni in economia del Comune. La passione, si sa, non può essere sostituita da alcuna ricchezza.
Devo solo ammettere che il patrimonio della Gambarina è talmente grande, che non basta una sola visita per cogliere l’eterogeneità della proposta o comunque che le piccole mostre che aprono l’ingresso del Museo, si succedono con una frequenza non conosciuta, né riconoscibile in altri siti. Il Museo ha poi a disposizione spazi di lavoro, di incontro e di studio, che sono una vera risorsa per molte associazioni culturali e no che fanno riferimento alla vecchia scuderia militare riattata dopo l’alluvione 1994. Vi serve qualche esempio? Facile. Fermatevi davanti alle collezioni di minerali, di fossili o di oggetti della quotidianità, approfondite le pieghe misteriose degli origami, alla ricerca di un ordine originale che parte da un foglio di carta piana oppure sospendete il tempo di fronte allo spazio dedicato alla coltura del baco da seta e avrete più chiaro il senso di una o più visite. Perché dietro ad ogni oggetto si può scrivere e leggere un libro… e magari potrete trovare uno di questi testi nella fornita biblioteca del Museo. Anche questa un’arma unica per mettere insieme visione e approfondimento delle cose più diverse un giorno, un’epoca, un tempo, usate dalle nostre genti.

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