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Ai virus piace viaggiare e per questo si fanno dare un passaggio, esattamente come Covid19 ha fatto con l’uomo

Milano (Sonia Oliva) – Le malattie infettive non sono mai mancate, sono ovunque e legano l’uomo alle varie specie presenti nel nostro ecosistema. In realtà, tutte le malattie sono la conferma della teoria di Charles Darwin: “… siamo una specie animale, legata in modo indissolubile alle altre, nelle nostre origini, nella nostra evoluzione, in salute e in malattia”. In sintesi, è il concetto di selezione naturale introdotto nel 1859 dall’antropologo e biologo inglese. In linea di massima i patogeni (tutti gli agenti che causano malattie, virus compresi) puntano alle loro prede preferite e abituali (topi, pulci, bovini, suini, pipistrelli, zibetto delle palme…). Può però capitare che cambino bersaglio del tutto casualmente e si trovino a “banchettare” nell’essere umano. È un incidente, una necessità del virus che, trovandosi esposto, fa un salto dall’animale in cui si trova e corre a nascondersi nell’uomo radicandosi come un agente infettivo capace di causare malattie e, spesso, morte. In questi casi, si parla di zoonosi, il salto di specie dall’animale all’uomo. Un esempio di zoonosi è l’influenza spagnola che, dilagata in due ondate (primavera e autunno), nel 1918 ha messo in ginocchio il mondo. Ebbe origine da un uccello acquatico, passò da vari animali domestici, uccise 50 milioni di persone per poi scomparire. Sarà scomparso definitivamente o tornerà a farci visita? Tutt’altro che scomparso è Ebola, altro esempio di zoonosi che continua a mietere vittime in Africa. Gli agenti patogeni non agiscono certo con coscienza. Passano dall’ospite in cui si trovano, in un ospite (chiamato) serbatoio, dove riescono non solo a sopravvivere ma anche a riprodursi. L’ospite serbatoio è un organismo vivente che porta con sé il virus senza però riceverne danno. I danni cominciano col passaggio nell’uomo. I virus sono tra i patogeni che creano più problemi perché, oltre ad evolversi velocemente, ad essere molto versatili e a diffondersi altrettanto rapidamente, non sono sensibili agli antibiotici, sono difficili da trovare e fanno registrare tassi di mortalità molto alti. L’immagine più chiara della velocità di trasmissione di un virus è quella descritta da Stephen S. Morse, docente di epidemiologia alla Columbia University: “I virus non hanno organi locomotori ma molti di loro hanno viaggiato in tutto il mondo. I virus non corrono, non camminano, non nuotano, non strisciano. Semplicemente, si fanno dare un passaggio”. Esattamente quello che è successo per scatenare Covid-19 (il nome provvisorio assegnato a questo virus era 2019-nCov, la denominazione ufficiale e attuale è Sars-CoV-2. Covid-19 è il nome della malattia). Già otto anni fa, lo scrittore scientifico David Quammen in Spillover, parlando della prossima pandemia globale si chiese: “Verrà fuori da un mercato cittadino della Cina meridionale”? Contestualmente, nel libro, spiegò che questi virus sono la risposta della natura ai continui attacchi dell’uomo all’ambiente. Ma non solo. Come mai la maggior parte dei virus da zoonosi comincia sempre in oriente? Soprattutto Asia e Cina?  Sono molti a chiedere la chiusura dei wet market (mercati che vendono carne, pesce, prodotti e altri beni deperibili), come quello di Wuhan da dove sarebbe partita l’epidemia. I web market (letteralmente mercati bagnati – dal sangue) sono “punti vendita” di animali vivi, selvatici, tenuti in gabbie soprapposte l’una all’altra (con inevitabile scambio a “cascata” di fluidi corporei altamente contagiosi), macellati direttamente sul posto. Secondo gli scienziati è proprio in uno di questi mercati che è avvenuto lo spillover (il passaggio di un patogeno da una specie all’altra) che ha portato il virus Sars-Cov-2 alla sua letalità. Un’epidemia scaturita dalla promiscuità, tra il casuale contatto tra pipistrelli infetti e altre specie in grado di diventare ospiti di amplificazione. Sotto accusa, il pangolino (l’unico mammifero con le squame) o, più probabilmente lo zibetto o civetta delle palme. C’è però un’altra possibilità, forse più remota, per favorire la diffusione dei patogeni: la fuga casuale, o provocata, dai laboratori dove si studiano i virus in cattività. Al momento, Sars-CoV-2 è ancora sconosciuto agli scienziati perché è un virus nuovo, tutto da studiare. Per riuscire a mettere la parola fine a questa brutta storia i passi da compiere sono: isolare il virus, identificare l’ospite serbatoio, comprendere le dinamiche di trasmissione, capire come contrastarle e, soprattutto, come contenerle.
Al momento, siamo circondati da teorie e contraddizioni. Nessuna certezza su quello che sarà né da un punto di vista sanitario, né da un punto di vista economico.
Anzi no, una certezza l’abbiamo: per i prossimi mesi, i nostri migliori amici saranno disinfettanti, guanti di lattice e mascherine. Con la speranza di trovarli e non pagarli a peso d’oro.

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